Diritti
Mutilazioni genitali femminili, i giovani scendono in campo per dire basta
I ragazzi e le ragazze di Youth in action, progetto di Amref Italia contro le mutilazioni genitali femminili, fanno un punto sui primi due anni dell'iniziativa e lanciano un manifesto in 10 punti per impegnarsi a rompere il silenzio e a creare le condizioni perché questa pratica venga abolita
di Alessio Nisi
È un manifesto in dieci punti, dieci impegni contro le mutilazioni genitali femminili, una pratica che coinvolge centinaia di migliaia di donne tra Africa, Asia e Sudamerica, per le cui conseguenze muore una donna ogni 12 minuti. In Europa, oltre 600mila donne hanno già vissuto questa pratica, e altre 180mila ragazze sono a rischio ogni anno. In Italia, si stima che oltre 87mila donne vi siano state sottoposte e che più di 5mila giovani siano in pericolo.
In prima linea
I dati sono di Amref Health Africa Italia, il manifesto lo hanno firmato i ragazzi di Youth in action. In due anni il progetto ha coinvolto 31 ragazzi e ragazze, tra Roma, Milano, Padova e Torino (dove vivono molte comunità provenienti da paesi in cui questa pratica è ancora diffusa), e portato avanti 300 azioni di sensibilizzazione, formazione e dialogo. Ha raggiunto più di mille persone.
Dicevamo il manifesto. A mettere accanto i punti, uno per uno, David Osarobo Agbonifo, Rediat Lencho Dakebo, Gracefield Afanga, e in video Frank Chukwuma e Adaeze Ezeonyeasi. Ecco allora che l’impegno va nella direzione di creare uno spazio sicuro per le donne perché possano raccontare le proprie esperienze e dove chiedere aiuto: per ridurre soprattutto il senso di isolamento. Va nell’incoraggiare donne a rompere il silenzio con l’arte e la poesia.
Anche con la poesia
Sì, anche con la poesia. Come è successo alla madre di Gracefield, la cui composizione ha spinto la donna ad aprirsi con la figlia e a rivelare che suo padre, giudice e di famiglia istruita, aveva condannato a quella pratica tutte e tre le sue figlie. «La mia poesia ha fatto sì che mia madre decidesse di aprirsi. Le vittime restano in silenzio anche per anni. Dobbiamo creare una cultura dell’empatia», raccomanda Gracefield, che ricorda come dopo quella confessione tra loro sia sceso un grande silenzio.
Un approccio che non giudica
Per Gracefield la forza del progetto sta nell’essere portatore di «un approccio non giudicante. Nell’affrontare il tema delle mutilazioni genitali femminili, ha permesso ai giovani di entrare nel cuore delle comunità, per reinventare una pratica non lesiva del fisico e della dignità della persona. Fondamentale è stato il confronto tra generazioni, per informare, formare e creare consapevolezza».
Oltre a sensibilizzare, Y-act ha dato ai giovani gli strumenti per diventare leader del cambiamento. Ho capito, e soprattutto messo in pratica, l’importanza di alzare la voce, parlare, discutere, in tanti luoghi e con persone diverse, inclusi i miei pari. Rompere il silenzio è la chiave. È un’esperienza illuminante e potente, che svela i complessi strati dietro le mutilazioni genitali femminili: paura, tradizione e silenzio
David Osarobo Agbonifo – attivista del progetto Youth in action
Formazione e dialogo intergenerazionale
E poi ancora, nel manifesto si raccomanda di spingere al che ci sia una formazione specializzata sulla violenza di genere e sulle mutilazioni genitali, che ci si impegni a condividere informazioni sulle mutilazioni genitali femminili e sensibilizzare su queste pratiche è un lavoro che va fatto nella quotidianità.
Per me il punto più importante di questo manifesto è il settimo. Facilitare il dialogo intergenerazionale creando eventi periodici per l’apprendimento reciproco, la condivisione di esperienze e lo scambio di opinioni e obiettivi. Ogni altro punto del Manifesto è ad esso legato
Rediat Lencho Dakebo – attivista del progetto Youth in action
Informare senza rifiutare la cultura locale
Ma non finisce qui. Il manifesto riconosce l’importanza di creare un dialogo aperto intergenerazionale con i bambini e nelle aree più colpite (Africa e Asia). La parola d’ordine, sottolinea Rediat Lencho Dakebo, è «informare senza rifiutare la cultura locale», in un dialogo che vuole essere aperto, ma fermo su un punto: le mutilazioni genitali femminili sono una pratica da abolire. E poi ancora rafforzare il sistema della comunicazione sulla disponilità dei servizi e promuovere la semplificazione all’accesso degli stessi.
Educazione sessuale ed educazione tra pari
Cercare poi di includere nei programmi scolastici l’educazione sessuale e di stimolare educazione tra pari, creare consapevolezza nei conoscenti e tra gli amici. «Non solo uno a uno ma anche sui social media», raccomanda David, noi tutti «siamo portatori di messaggi e dobbiamo fare un modo che quello che diciamo possa diffondersi il più possibile».
Il futuro del progetto
Il manifesto è stato un po’ il momento conclusivo dei due anni del progetto, che non si ferma. La vice direttrice di Amref Italia, Roberta Rughetti, ha concluso il suo intervento ringraziando i giovani e le istituzioni, con una citazione di Nelson Mandela, “a volte tocca ad una generazione farsi grande, quella generazione siete voi”, confermando che «l’impegno di Amref, in Africa e in Italia non si fermerà».
Appuntamento a Bruxelles
Rughetti ha annunciato poi che il percorso intrapreso culminerà con un evento internazionale previsto a Bruxelles il 6 febbraio 2025, in occasione della Giornata internazionale della tolleranza zero verso le mgf. «Questo appuntamento offrirà un’opportunità unica di dialogo tra giovani attivisti, istituzioni europee, stakeholder internazionali e attiviste africane ed europee, rafforzando l’impegno comune per eliminare questa pratica e promuovere l’uguaglianza di genere» ha sottolineato.
In apertura foto e nel testo foto e video di Alessio Nisi, ad eccezione della prima immagine nel testo, di ufficio stampa Amref Health Africa Italia
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