Verso l'Impact Day
L’impatto e l’ascolto
L'ex-Banca Prossima ora Direzione Impact di Intesa Sanpaolo ha svolto un roadshow a Padova, Firenze e Napoli e in un webinar, incontrando molte organizzazioni non profit per parlare di valutazione. Focus group che hanno consentito alla banca di consolidare le linee guida in materia. Giuliana Baldassarre (Sda Bocconi): «Il Terzo settore ha bisogno di cultura della misurazione». Se ne parlerà il prossimo 5 dicembre, a Milano e via streaming sul canale YouTube di VITA
L’Italia è lunga e diversa, e a volte bisogna anche andarsela a cercare, per ascoltarla e capirla. A maggior ragione se si parla dell’Italia che sovviene, che risponde ai bisogni, che accoglie, include, rigenera: l’Italia sociale.
Il gruppo bancario che da tempo ha deciso di dedicare una parte delle proprie attività a questo mondo è, per l’appunto, il più grande del Paese: Intesa Sanpaolo che, con l’ex-Banca Prossima oggi Direzione Impact, offre a migliaia di soggetti non profit un accompagnamento, prima che una linea di credito. Si tratta della divisione che fa capo ad Andrea Lecce, manager d’esperienza ma anche con una spiccata sensibilità per la realtà che si è trovato a servire (qui l’intervista con cui si presentò ai lettori di VITA nel luglio dello scorso anno) e che conta 600 addetti, presenti nella direzione e nei territori.
Il viaggio nell’Italia sociale
Di viaggio e di ascolto, quelli di Impact hanno fatto un metodo: in questo mese di novembre, per esempio, sono stati realizzati alcuni focus group in giro per il Paese, con i clienti non profit per parlare di valutazione di impatto, ossia della possibilità di misurare come l’azione sociale, sostenuta dal credito, possa cambiare un certo contesto, migliorandolo.
«Tre tappe», spiegano dalla Direzione Impact, «ciascuna con un focus tematico: Napoli, su istruzione e formazione; Padova, a proposito di inserimenti lavorativi di soggetti svantaggiati; Firenze, sui temi della sanità e assistenza sociale. A questi incontri si è aggiunto un webinar specifico per le esigenze delle fondazioni».
Con questi focus group – svolti con la collaborazione scientifica e organizzativa di Prometeia, la storica società di consulenza – la Direzione Impact ha voluto confrontarsi sull’attività di valutazione svolta, sulle metriche di valutazione adottate e su come migliorarne l’efficacia. «È stata anche l’occasione per raccogliere testimonianze dirette da alcuni protagonisti del Terzo Settore e del mondo filantropico, impegnati in progetti di rigenerazione e di elevato impatto sociale», spiegano.
Valutare cioè dare valore
Incontri in cui è emerso quanto “valutare” significhi “dare valore” più che meramente solo misurare. «In questo riconoscimento del valore dello strumento di misurazione è stato riconfermato l’impegno comune della Direzione Impact con tutte le realtà del Terzo settore a individuare metriche il più possibile collettive e valide sufficientemente tali da dare contezza degli effetti sociali degli interventi realizzati prodotti», ossia, «nel vasto panorama di metodologie attualmente utilizzate le realtà del Terzo settore hanno riconosciuto la priorità strategica dell’individuazione di un linguaggio comune, la razionalizzazione di metriche e approcci riconosciuti».
Incontri che hanno consentito alla Direzione Impact di consolidare le linee guida del suo piano di lavoro 2025 sul RiM – Rilevatore d’Impatto (cfr. Impatto sociale, il 2×1 del Terzo settore italiano) , lo strumento che ha realizzato internamente e che presenterà nell’ImpactDay, nella mattina del 5 dicembre a Milano, e via streaming sul canale di VITA, insieme al Rapporto annuale sulla rilevazione degli impatti generati dai progetti finanziati per il non profit nel 2023.
L’impatto è peraltro uno dei temi che, negli ultimi anni, è sempre più spesso nell’agenda del Terzo settore italiano: ormai sempre più organizzazioni cominciano a ragionare del fatto che gli esiti degli interventi debbano essere nell’orizzonte dell’azione sociale.
L’esperta: «Serve cultura della misurazione»
Giuliana Baldassarre è lecturer della Sda Bocconi di Milano, dove insegna nel Master in Management del Terzo settore. L’interlocutrice giusta per ragionare di valutazione di impatto
«Il cuore la valutazione di impatto si nutre della cultura della misurazione: al di là di come valuto, lo faccio perché mi interessa misurare», esordisce. «E che cosa misuro quindi? Qual è la finalità per cui tu, associazione, fondazione, ente, vai a misurare? E poi anche che cosa misuri? Perché mi sembra che spesso l’attenzione si sia spostata sui modelli, sulle necessità, sugli indicatori: si prendano pure quelli che vogliamo, dato che ce ne sono abbastanza, mentre le ragioni per cui lo si fa sono fondamentali».
Secondo Baldassarre, «per anni il Terzo settore ha avuto problemi a dire quanto vale. L’abbiamo commisurato rispetto al Pil ma anche il Pil, lo sappiamo, non è esaustivo della ricchezza di un Paese. Se lo vuoi commisurare con quell’indicatore, è perché un indicatore che “parla” a un determinato target, che ha quella motivazione. Ritengo in ogni caso che sia molto importante che si vada a misurare: perché è un processo di autoapprendimento». Baldassarre lo chiarisce così: «È importante valutare cioè perché voglio capire se faccio bene, se faccio male, se sono efficace, se sono efficiente, quindi se raggiungo l’obiettivo che mi sono dato. Anche perché può succedere che si raggiunga l’obiettivo ma sprecando tante risorse».
Non si tratta di fare il pitch
Per il Terzo settore, secondo Baldassarre, è centrale cioè capire perché si fa la misurazione: «Spero che si arrivi a rispondere: “Lo facciamo per noi»”. Esemplifica con un esempio tratto dalla propria esperienza: «Da anni», dice, «mi occupo di fare alcuni laboratori sui progetti imprenditoriali con obiettivo sociale. Di solito “testo” i business plan iniziali e spesso mi capita di chiedere: “Ma perché fate questi documenti? Per convincere l’investitore? Perché dovete fare il pitch (nel marketing, la presentazione breve ed efficace di un’idea, ndr)?”. In realtà il plan, il piano, è fatto per chi poi il progetto lo porterà avanti. E penso che la valutazione debba seguire questo stesso ragionamento: la facciamo per chi poi il progetto lo porterà avanti. E allora ben venga che ci sia una spinta, in questo caso sia la banca, che dica: “Vi aiutiamo su questo”».
Parole che trovano una consonanza con quanto emerso nel roadshow della Direzione Impact: «Il confronto su modalità di rilevazione e metriche», confermano i funzionari protagonisti dei vari incontri, «è stato riconosciuto dai partecipanti come generatore di una migliore conoscenza del valore creato dalle imprese non profit, contribuendo a definire e orientarne il focus d’intervento. La valutazione d’impatto è quindi sempre più un’attività imprescindibile per chi intende ottimizzare gli sforzi e massimizzare i risultati delle proprie azioni».
Non di solo Pil
Insomma, la valutazione di impatto si fa strada fra le organizzazioni non profit e lo fa grazie al rapporto con una delle più grandi realtà profit del Paese. Non è un caso che, sempre dai focus group, emerga il suggerimento che la valutazione d’Impatto venga utilizzata anche per le progettualità profit. «Ciò ci avvicinerebbe», avevano sottolineato le organizzazioni non profit «all’obiettivo di una misurazione che vada oltre il Pil e soprattutto avrebbe una logica metodologica di base su cui proiettare il valore delle azioni sociali».
Scenari, futuribili ma neppure troppo, in cui manifatture, industrie, finanziarie, aziende agricole possano calcolare l’impatto sociale della loro azione, oltre la loro infinitesima quota di prodotto interno lordo. Non solo il lodevole adagio del “do not harm”, del “non creare danno”. Un’eventualità che avrebbe fatto felice Robert Kennedy, il cui Discorso sul Pil, che «misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta», dopo quasi 60 anni è ancora attuale.
Nella foto di apertura, delle Media Relations di Intesa Sanpaolo, un’immagine del progetto Good Work? Green Job! Officina creativa per seguire il proprio talento!”di Bartolomeo Ferracina Società Cooperativa Sociale a Romano d’Ezzelino (Vicenza), sostenuto dal Programma Formula della stessa banca, e dedicato a sostenibilità ambientale, inclusione sociale e accesso al mercato del lavoro per le persone in difficoltà. La foto di Giuliana Baldassarre è tratta dal sito di Sda Bocconi.
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