La festa per gli 80 anni
Una grande famiglia che vuole continuare a essere casa per tutti
Tra impegno per gli altri, attenzione al territorio, crescita personale e vocazione, gli aclisti, all'Auditorium Conciliazione per gli 80 anni delle Acli, si raccontano ai microfoni di VITA. Il presidente nazionale Emiliano Manfredonia: «Il nostro impegno è formare uomini e donne riconoscibili nella fedeltà alle piccole cose, che sanno stare nei dettagli della vita delle persone»
di Alessio Nisi
Hanno i capelli bianchi su jeans comodi i più anziani. Il nodo alla cravatta e la barba fresca di rasoio i meno attempati. Hanno il vestito buono, la messa in piega fatta appena ieri. Vengono da tutta Italia. C’è chi ha preso il treno all’alba pur di arrivare. Altri hanno passato la notte a Roma. Se ti avvicini è tutto un rivedersi di amici, tra abbracci, vociare di vecchi ricordi. Proprio di di chi ha una storia da raccontare.
Un appuntamento speciale
Auditorium Conciliazione, ore 8.15. Tra il cantiere di piazza Pia e San Pietro, in fila, composto e poco rumoroso, il popolo delle Associazioni Cattoliche lavoratori italiani – Acli si è dato un appuntamento speciale. La festa è per gli 80 anni dell’associazione. Una festa di famiglia, è la primissima impressione. Che ci siano i delegati delle sezioni locali chiamati a eleggere il presidente sì, è importante. Ma la bellezza di incontrarsi è tutta nella sala del teatro, che si mette pochissimo a riempirsi.
Per noi contano più di ogni altra cosa le persone che hanno abitato le Acli. Cristiani che hanno scelto di partecipare alla vita pubblica, mossi da una fede inquieta ed esigente
Emiliano Manfredonia – presidente nazionale Acli
Insieme agli aclisti
No, la sala stampa è per lavoro. Se cerchi gli aclisti, sono seduti sulle poltrone, finalmente liberati da giacche e giacconi per proteggersi dal freddo, con lo smartphone pronto alla mano. Che quando arriva il presidente della Repubblica la sala s’illumina, tanti sono gli schermini accesi (e si alzano tutti in piedi).
L’appartenenza
«Posso farla parlare con il presidente regionale?», mi dice uno con l’accento pugliese, «per chi appartiene a questa organizzazione, questo è un appuntamento importantissimo. Non è che 80 anni si fanno tutti i giorni». Occhi nuovi e vecchie radici, potrebbe essere questa la chiave per bussare alla porta di un attivista dell’associazione.
Una vocazione
«Essere un giovane nelle Acli mi ha formato, dandomi la possibilità di fare esperienze in Italia e in Europa», racconta Nicolò, 5 anni in Acli, attivo nella presidenza provinciale delle Acli di Bari, «ho partecipato all’organizzazione di un camp, un agorà, a Bruxelles».
Laureato in Giurisprudenza, 24 anni, originario di Bari, dei suoi coetanei dice: «Convincerli a impegnarsi con le Acli? Nessuna convinzione, deve essere una vocazione, ci si trova bene tra le persone, se c’è sintonia e complicità, poi diventa un percorso naturale». Le Acli? «Sono una grande famiglia. È il motivo per cui io, da giovane ragazzo, sono rimasto colpito dall’associazione».
Il nostro impegno è formare uomini e donne riconoscibili nella fedeltà alle piccole cose, che sanno stare nei dettagli della vita delle persone. Fedeli a chi è scartato da questa competitiva società o addirittura è invisibile. La nostra azione associativa è e deve essere un coro, una sinfonia di piccoli gesti di quotidiana fedeltà
Emiliano Manfredonia
Il peso della responsabilità
Aclista da tre generazioni, anche Laura, 25 anni, viene da Bari, è attiva nel circolo di Trani, e sottolinea che quella delle Acli «è una seconda famiglia, in cui mi sento a casa. Alle Acli sto tutti i giorni», «è fondamentale fare un percorso nell’associazioni». I giovani? «Conciliare impegni e volontariato non è facile, ma ce la facciamo».
Al servizio degli altri
Da Bari a Brescia, crescono i capelli bianchi, ma anche la volontà di mettere più a fuoco gli aspetti sostanziali dell’essere aclista. «Sono un promotore sociale e per me è fondamentale fare qualcosa per gli altri. Siamo partiti ieri da Brescia. Essere aclista? Lo si ha nel sangue», dice Firmo, nell’associazione da quando ha 18 anni. Ora ne ha 78. «Nei primi anni Settanta abbiamo un po’ sofferto. I giovani? Vanno coinvolti e chiamati all’impegno per gli altri, che, come dice Papa Francesco, gratifica. I ragazzi? Non si tirano indietro, ma non hanno voglia di tesserarsi».
Il mio impegno? Ingaggiare i giovani e coinvolgerli in un servizio utile al servizio della cittadinanza
Michela, 33 anni – Acli Lombardia
Impegnarsi per il territorio
Un aclista oggi? «Bella domanda», fa Roberto, 31 anni, da Bergamo, «ho iniziato 6 anni fa, con un’appartenenza leggera», così la definisce, «partendo dalla volontà di fare qualcosa per il mio territorio. Con le Acli è stato un incontro fortuito e mi sono trovato».
Dare certezza alle persone
Venanzio, dalle Marche, provincia di Macerata, si toglie metaforicamente la giacca, si allenta il nodo della cravatta e si lascia andare. «Sono impegnato con le Acli da quando avevo 14 anni. Essere aclista vuol dire essere aperto al cambiamento e al futuro, mantenendo però i nostri valori. Significa contribuire alla crescita del Paese e stare in mezzo alle persone, che hanno bisogno di certezze».
Ho scelto di tendere la mano
Tra impegno quotidiano, attenzione agli altri, lavoro sul territorio, tra gli applausi emerge prepotente la storia di Sara Campiglio, la docente di Varese accoltellata a febbraio da uno studente.
Insegnante di italiano, ha raccontato come, dopo l’episodio dell’accoltellamento, si sia trovata a dover scegliere: «Da un lato potevo abbandonare il mondo della scuola, dall’altro rimanere al fianco dei miei ragazzi. Alla fine ho scelto di rimanere, seguendo l’approccio non punitivo, non freddo ma caldo e accogliente del tendere la mano».
In apertura e nel testo foto di Alessio Nisi. La foto del presidente Mattarella e degli aclisti in coda fuori dal teatro sono dell’ufficio stampa Acli
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