Formazione

Aboliamo le “belle esperienze”

Intervista a Padre Mosè Mora.

di Redazione

«L?Africa non è lo zoo dove i nostri ragazzini annoiati possono vedere qualcosa che li emozioni». Padre Mosè Mora, responsabile Pace dei missionari comboniani, non è tipo da farsi incantare dalla retorica dei buoni sentimenti. Sulla questione ?motivazioni? i comboniani sono intransigenti, tant?è che sono loro, dopo vari colloqui, a scegliere chi parte. Una bella esperienza che pochi si meritano? «Non chiamatela ?esperienza?. Telefonano un sacco di giovani che hanno voglia di fare una ?bella esperienza?, ma noi non siamo disposti a collaborare all?album delle esperienze di nessuno. Non è questione di meriti, ma di non bruciare persone e occasioni». Cosa chiedete? «Che il soggiorno al Sud del mondo non sia una parentesi nella vita. Che non si parta per una visione idealizzata dei Paesi poveri dove trovare ritmi a misura d?uomo. Che non si cerchi di evadere da una realtà che ci fa schifo». Qual è la motivazione giusta? «Essere disponibili a un cammino prolungato per incontrare gli altri: prima, durante e dopo il soggiorno. Accettare di entrare in crisi e di fare scelte di vita: impegnarsi sul territorio, costruire nuove dinamiche, partecipare alla politica. Deve essere un mese con effetti che durano tutta la vita. Un?esperienza così è un lusso: con quello che costa, in termini di soldi e di risorse investite, deve produrre qualcosa di importante. Altrimenti lasciamo perdere». Tutto questo come si traduce nell?organizzazione? «Nell?evitare i gruppi di venti persone che fanno la sfilata nella realtà locale restando estranei. Il visitatore diventa un benefattore, è ovvio: ma è un obiettivo un po? riduttivo. E nell?evitare il colonialismo culturale: avete fatto un?esperienza di condivisione in Perù? Bene, organizzate un?esperienza simile per cinque peruviani. Cosa gli fate vedere? Come fate a giustificare la casa in cui vivete…»


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