Milano
No, Corvetto non è una banlieue
Dopo la morte del 19enne egiziano, durante un inseguimento dei carabinieri, nel quartiere di Milano sono iniziate le proteste. «Trovo esagerato il paragone con le banlieue», dice Paolo Larghi, direttore della cooperativa sociale La Strada che ha sede nel quartiere. «Ma Corvetto rimane una periferia troppo fragile: povertà, problemi di sicurezza, abbandono scolastico. Il clima di agitazione che si è creato ha dato sfogo a un'insofferenza generale che esiste da tanto tempo»
di Anna Spena
Corvetto, quarto municipio di Milano, periferia Sud-Est. 165.393 residenti (dato aggiornato al 31/12/2023). Tra loro 35.276 residenti di origine straniera. Corvetto è uno dei quartieri più multietnici della città. Ora è sotto i riflettori della cronaca per due motivi. Il primo è la morte Remy Elgaml, un ragazzo egiziano di 19 anni, rimasto ucciso, nella notte fra sabato e domenica, in un incidente stradale in scooter durante un inseguimento dei Carabinieri. Remy Elgaml si trovava dal lato del passeggero. Iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale in concorso c’è il carabiniere che era alla guida della macchina di servizio e il 22enne tunisino che guidava lo scooter. Il secondo, invece, riguarda le proteste che – secondo la ricostruzione dei fatti da parte della Questura – sono partite nella serata di lunedì. Circa 100 persone hanno cominciato a protestare in via dei Cinquecento lanciando bottiglie e petardi. La tensione poi è salita e la Polizia ha lanciato lacrimogeni avanzando per disperdere i presenti. Apparsi anche gli striscioni “Verità per Ramy” e “Non condannate un innocente”.
La periferia fragile
Paolo Larghi è il direttore della cooperativa sociale La Strada. Una realtà nata 40 anni fa. L’abbiamo raccontata nel numero Milano double-face. Il centro di aggregazione giovanile che la cooperativa ha aperto nel quartiere è uno dei 100 luoghi che fa parte della mappa della Milano sociale che abbiamo stilato per raccontare spazi di partecipazione che vanno oltre i servizi classici.
Quando Paolo Larghi guarda al quartiere vede: «una periferia, che non è neanche tanto periferica. In dieci minuti di metropolitana si raggiunge il centro della città». Ma nella conformazione di periferia Corvetto è rimasta incastrata. «Le case popolari», dice Larghi, «le difficoltà di tutti i giorni. La povertà, che qui non è solo materiale. Ma anche educativa. Le famiglie che non hanno gli strumenti per gestire la crescita dei figli». In questi giorni il paragone ricorre spesso: Corvetto come le banlieue parigine, sobborghi di periferia abitati principalmente da immigrati. «Un paragone», ammette Larghi, «che mi pare un po’ esagerato e risiede nella logica di fare sensazionalismo. Qui famiglie italiane e straniere, sia regolari che irregolari, fanno fatica. E la fanno ad avere un lavoro continuativo, regolare. Corvetto non è una banlieue, ma ha in sé tutti i problemi dei luoghi fragili: ecco non è dissimile da tutte le altre periferie».
Un clima inquietante
«I ragazzi e le ragazze che incontriamo nel nostro centro di aggregazione», racconta Larghi, «frequentano le scuole superiori e medie. E sono stati inevitabilmente contagiati dal clima della piazza. E nei giorni passati il clima è stato inquietante. Di reazione e risposta a una situazione complicata. Credo però che il clima di agitazione che si è venuto a creare abbia dato sfogo a un’insofferenza generale che esiste da tanto tempo. E si sa che quando succede qualcosa ai giovani le reazioni emotive sono più forti. E immagino che reazioni di questo tipo si sarebbero verificate anche in altre periferie o luoghi che non sono per forza periferie».
I giovani hanno bisogno di più luoghi di riferimento
Nel municipio sono attive 69 associazioni, a loro si aggiungono altre 123 tra associazioni di volontariato e di promozione sociale iscritte al Runts. «Non possiamo dire che sia in quartiere dove mancano le realtà sociali. Da questo punto di vista è un quartiere molto vivo. E questa rete sociale offre risposte a certi problemi della popolazione: ma non può rispondere a tutto il privato sociale, con questo non sto dicendo che il Comune sia assente. Ma abbiamo comunque bisogno di più luoghi di riferimento, non solo per i ragazzi ma anche per le famiglie. Perché qui famiglie e ragazzi non hanno le stesse opportunità che hanno le famiglie e i ragazzi che vivono in quartieri meno fragili. In moltissimi, per esempio, abbandonano la scuola. Corvetto viene raccontato come un quartiere degradato. E di fatto c’è un degrado ambientale, basti guardare all’edilizia popolare. Abbiamo problemi di povertà, come detto, ma anche di legalità. Con tutte le conseguenze del caso. Non abbiamo servizi di vigilanza, gli anziani dicono di non sentirsi più al sicuro. Ma quelle che sto elencando sono complessità croniche, che esistono da tempo e che non possono essere negate. È complesso e affaticato Corvetto, come le tante persone che lo abitano».
Foto Claudia Vanacore/LaPresse
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