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Un pet può essere il surrogato di un figlio?
Nell'inverno demografico del nostro Paese molte coppie preferiscono dedicare tempo e cure a un animale piuttosto che a un bambino. Un trend messo sotto la lente anche da papa Francesco. Per la responsabile area animali familiari di Lav, Alessandra Ferrari, tuttavia agli animali va garantita una vita secondo la loro natura
Donne che girano con il cagnolino nel passeggino o in borsetta. Giovani coppie senza figli ma con cani e gatti. Rivolgersi al proprio pet usando parole proprie della genitorialità — «vieni dalla mamma, biscottino» — è cosa ormai sdoganata.
Atteggiamenti più volte messi sotto la lente da papa Francesco, scatenando un putiferio ogni volta che ha bacchettato «una cultura dove si privilegia avere cagnolini o gatti e non bambini». Un figlio oggi c’è nel 40% delle famiglie italiane, le stesse dimensioni, più o meno, della presenza di un pet: secondo il Rapporto Italia 2024 dell’Eurispes infatti troviamo almeno un animale da compagnia nel 37,3% delle nostre case.
Ad Alessandra Ferrari, responsabile area animali familiari della Lega anti vivisezione — Lav, abbiamo fatto così una domanda diretta: un pet può essere davvero il sostituto di un figlio? «Un conto è dire il mio cane o il mio gatto è “come un figlio”, che è una formula per esprimere un amore forte verso un altro essere vivente» premette Ferrari, «ma se il tema è la sostituzione di un figlio… allora bisogna chiarire alcuni punti».
Quali?
L’umanizzazione di un animale è sempre sbagliata. I pet devono essere gestiti nella loro diversità di specie, rispettando la loro etologia. Se io scelgo un cane o un gatto come surrogato di un figlio lo sto snaturando e non gli sto garantendo alcune sue esigenze animali.
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