Famiglia

Il Paese dei quaquaraqua

La Fallaci? Razzismo allo stato puro. I No global? Mammolette. Intervista a Massimo Fini

di Ettore Colombo

Che il giornalista, scrittore e polemista Massimo Fini (classe 1944, madre russa e padre comasco) sia un ?antimodernista? risulta evidente, prima ancora che dai suoi libri (La Ragione aveva Torto?, Denaro sterco del demonio, Elogio della guerra, Il vizio oscuro dell?Occidente i suoi pamphlet più famosi) dalla sua casa. Eccezion fatta per un grande televisore (spento), Fini vive in mezzo a pile di libri e giornali sparsi un po? dappertutto, non possiede telefono cellulare ma solo una segreteria telefonica che fa da filtro agli scocciatori, confessa di usare con fastidio anche il registratore e sul tavolo del salotto campeggia una vecchia macchina per scrivere. Fini piace a destra e a sinistra, ma lui le giudica entrambe superate dalla storia, ha scritto un elogio della guerra ma contesta tutte le guerre fatte in nome dell?Occidente e della sua presunta civiltà superiore, ritiene che i no global avrebbero fatto meglio a continuare a chiamarsi così invece che new global, nome da mammolette. Si augura che «questo sistema controlli presto tutto il mondo in modo tale da crollare il più rapidamente possibile su se stesso» e nel frattempo giudica il regime dei Talebani del mullah Omar «un esperimento interessante», una specie di «Medioevo sostenibile». Crede che mettere le ?zeppe? al sistema, come sostengono la Roy o la Klein, con atti di rifiuto e piccolo sabotaggio sia «encomiabile ma inutile». In compenso, pensa che l?unica via di uscita possibile, almeno nei piccoli spazi, sia il bioregionalismo, che coniuga localismo e ambientalismo, e il comunitarismo, cioè il ritorno alla terra. Dunque, verrebbe da dire, Fini è di destra. Invece lui va alle manifestazioni dei girotondi e ?pressioni politiche? (Berlusconi) su Cattaneo e Marano hanno impedito che andasse in onda lo show Cyrano, in cui il mattatore doveva essere lui. Ma lo spettacolo si farà lo stesso, in teatro, «refugium peccatorum dei comici esiliati dal video, ma non so quanti verranno ad ascoltare il Fini-pensiero, se ho un pensiero». Ce l?ha eccome, un pensiero, Massimo Fini. Di destra? Di sinistra? Di certo anti democratico, per come conosciamo e pensiamo oggi la democrazia. Lo spiega bene nel suo ultimo libro, Sudditi, edito da Marsilio dove, con eleganza, l?anticonformista attacca frontale. L?impressione che la democrazia occidentale ne esca davvero con le ossa rotte è netta. Vita: Cosa faceva, Massimo Fini, nel 1994? Massimo Fini: Lavoravo all?Indipendente, da cui Feltri se n?era ito per andare al Giornale, tradendo tutto e tutti, e collaboravo con l?Europeo, ancora in vita, dove avevo una rubrica che s?intitolava ?Il conformista?. Vita: Eri così anti occidentale, già allora? Fini: Direi di sì. Più che altro ero già così ?anti? questo modello di sviluppo: il mio primo libro su questo tema risale a dieci anni prima, al 1985, e s?intitola La Ragione aveva Torto?. Non avrei mai immaginato però che le democrazie occidentali sarebbero diventate così aggressive una volta sconfitto il comunismo e così intimamente totalitarie nella testa. Quando uno crede di possedere il migliore dei modelli possibili e di volerlo imporre agli altri, questo è totalitarismo. Non ero, a dirla tutta, contro la prima guerra del Golfo ma contro il modo in cui era stata fatta sì: ritenevo legittimo restituire libertà a un Paese sovrano come il Kuwait, per quanto fosse uno Stato inventato dagli Usa proprio come l?Iraq è invenzione degli inglesi, ma trovai criminale l?attacco aereo per 55 giorni sulle città, attacco che provocò 160mila morti di cui 32mila bambini, dati sfuggiti al Pentagono, fuori da ogni sospetto. Questo non è un modo onesto di fare la guerra, è un modo terrorista di fare la guerra. Vita: E la condizione degli intellettuali italiani qual era dieci anni fa? Fini: Direi che siamo fermi da moltissimo tempo a quello che si chiama il pensiero unico. La stragrande maggioranza degli intellettuali italiani discende dalla categoria liberal-liberista o marxista, categorie ottocentesche (fascismo e nazismo sono fenomeni novecenteschi), vecchie dunque di due secoli, e ragiona solo in questi termini di vecchia muffa. Questo accade perché destra e sinistra, i due filoni usciti dalla Rivoluzione industriale e cioè dall?Illuminismo, sono anch?essi vecchi di due secoli. Invece sta accadendo qualcosa di nuovo. Io faccio sempre l?esempio del treno: siamo su un treno che va a 800 chilometri all?ora, c?è chi è seduto su comode poltrone ma è sballottato anche lui dalla velocità, c?è chi è in seconda classe, chi nei cessi, chi nei corridoi, chi sullo strapuntino, chi cade fuori. Ha senso dunque porsi il problema della diversa sistemazione all?interno del treno (destra/sinistra)? Sì, ce l?ha. Ma la domanda di fondo è dove sta andando il treno. E questa domanda nessuno se la pone. Vita: Nomi e cognomi? E i terzisti? Fini: Mah, per esempio Panebianco ragiona come Adam Smith senza esserlo (e che direbbe cose diverse) mentre Galli Della Loggia è forse il campione dei liberal-liberisti che sanno di muffa, mentre sul lato dei vecchi marxisti mi viene in mente Canfora. Terzismo non so neanche cosa voglia dire? Vita: Mieli? Battista? Fini: Gente priva di autonomia di pensiero, schiava della politica politicante. Sui nostri giornali tutto viene inquadrato secondo lo schema sinistra/destra, due oligarchie: lo stesso fatto viene giudicato in modo diverso a seconda che venga compiuto da amici o nemici. è il tradimento stesso della funzione dell?intellettuale: a me hanno insegnato che se fai le inchieste dovevi raccontare quello che vedi, se fai l?opinionista la tua critica deve essere a 360 gradi, valere per tutti, atteggiamento che non vedo né tra i giornalisti né tra gli intellettuali. Che quasi non esistono più. Dov?è oggi una figura come quella di Pasolini? O Carlo Arturo Jemolo? Persino uno come Croce? Vita: I bersagli preferiti dei tuoi ultimi libri sono Sartori e la Fallaci. Fini: Di Sartori ho molto stima e con lui polemizzo volentieri: l?ho criticato aspramente per la sua idea che vede i problemi principali del mondo in quelli dell?inquinamento e della sovrapopolazione, dunque bisogna esercitare un rigido controllo delle nascite. Peccato che un sesto della popolazione mondiale consuma e inquina i quattro quinti delle risorse. è come dire che se in una stanza ci sono sei persone e uno sporca quanto le altre cinque la soluzione è eliminare i cinque, non quello che sporca. Mi sembra un?idea indegna della sua intelligenza. La Fallaci, che è stata mia collega all?Europeo e che stimo come giornalista, non è un?intellettuale: non si parla con le viscere. Le sue posizioni – purtroppo largamente diffuse (l?Oriana ha fiuto e queste cose le intuisce) – sono aberranti: dire che gli islamici non solo non vengono qui per necessità ma per convertirci e soprattutto sostenere che non possono mantenere i loro usi e costumi, quando vengono da noi. è razzismo allo stato puro. Vita: Global, no global, new global: quale definizione preferisci? Fini: I globalizzatori occidentali hanno la strana idea che il capitale può andare a collocarsi nei posti geografici dove è meglio remunerato ma gli uomini, spesso devastati dall?arrivo del capitale, no. Cioè gli uomini hanno meno diritto del denaro. Una posizione che trovo inaccettabile, ma anche i new global non mi convincono. Lo dissi una volta ad Agnoletto: siete anche voi dei globalizzatori, come gli altri. Volete portare altrove solo e sempre il modello occidentale, solo un po? umanizzato. Quello no global, invece, almeno nelle sue origini, è un movimento intimamente antiprogressista e antimodernista e la declinazione ?a sinistra? che se ne fa praticamente solo in Italia, è grottesca. La sinistra è per sua costituzione progressista e modernista. No global significa mettere in discussione un modello di sviluppo, non cercare (come ha sempre fatto la sinistra finendo per esserne complice) di ammorbidirlo: hanno già perso una volta, in questo modo, nella storia, e perderanno ancora. I no global internazionali, per fortuna, però, sono molto meglio dei Casarini e Bertinotti di casa nostra. Vita: Tu sei arrivato a parlare di «Medioevo sostenibile», per l?Afghanistan? Fini: Non esistono diritti inalienabili che valgono per tutti. Non si riesce a capire che lì i valori sono altri. Contesto nel modo più assoluto che il mullah Omar sia meno rappresentativo della sua gente di quanto lo sia Renato Schifani qua perché abbiamo messo delle schede in un?urna. In Afghanistan la leadership si conquista su altri valori: il carisma, il valore guerriero. Schifani non è concepibile lì e il mullah Omar qui. Lo stesso sta avvenendo in Iraq. L?idea «vi portiamo noi la democrazia» è folle. Chi ha mai detto che in Iraq ci debba essere per forza la democrazia?! Lo decidano gli iracheni, casomai. In Paesi come l?Afghanistan il vincolo dei legami è più forte di quello dei diritti: hanno altri valori, altre civiltà. Imporre alle donne di liberarsi dal burqa è violenza! Se lo faranno dovrà essere solo una scelta loro. Vita: L?ultimo libro che hai scritto s?intitola Sudditi. Chi sono i sudditi? Fini: Non ci governa un sistema democratico ma un sistema di oligarchie di potere che schiaccia il singolo individuo, in Italia più che altrove. Del resto la nascita dello strapotere di Berlusconi è responsabilità grave della sinistra e del sistema dei partiti (Psi in testa) che, controllando la Rai, gli permise di conquistare l?etere privato. Risultato? Prendi oggi il caso Santoro. Può un direttore di rete cancellare un programma che non lo convince e cacciare un giornalista che non gli piace? Certo che può, il responsabile è lui. Se sbaglia il giornalista va su un?altra rete e fa audience. Ma in Italia non si può: prima c?era l?oligopolio, ora c?è il monopolio, non certo un sistema di libero mercato. E a noi ci tocca fare le battaglie a difesa di Santoro o della Guzzanti. Il problema è che non è Santoro che mi garantisce la libertà, ma il meccanismo. Dunque subiamo un doppio stravolgimento, il primo che non c?è libertà d?espressione perché non c?è libero mercato, il secondo è che questi personaggi diventano dei martiri della libertà. Vita: Anche sulla guerra non sei tenero con la sinistra? Fini: La sinistra è debole quando attacca l?aggressione americana all?Iraq dopo aver partecipato all?aggressione, ancora meno motivata, alla ex Jugoslavia. Perché se Saddam, in via teorica, poteva costituire un pericolo, la Jugoslavia sicuramente no. Aveva gravi problemi interni, sì, ma la Nato fece la guerra violando qualsiasi regola di diritto internazionale e senza avallo dell?Onu. Vita: Adesso dirai che era meglio la prima Repubblica? Fini: Certo. Lo slogan del 68 forse doveva essere «Rimpiangerete caro, rimpiangerete tutto»? Il fatto è che Dc e Pci (e il Psi fino a un certo punto) la consapevolezza di essere classe dirigente l?avevano. Questi di adesso sono degli avventurieri o dei quaquaraqua qualsiasi. Vita: Un altro luogo che ami, come traspare dai tuoi libri, è l?Africa. Fini: L?Africa autentica, cioè la cultura africana nera, quella non colonizzata da eserciti o fedi, che ho girato molto, tanti anni fa, è di una raffinatezza, di una leggerezza, di una spiritualità incredibile. Loro spiritualizzano tutto quando noi materializziamo, anche gli uomini. Il nero è un istintivo ma non è un violento, è un ?bambinone? (parola che non si può più usare) nel senso buono del termine, dell?affettività: bellissime culture, purtroppo fragili, provenienti da civiltà che bastavano a se stesse. L?Africa fino al 1960 era completamente autosufficiente, sul piano alimentare, prima che iniziasse il processo di globalizzazione e quelli venissero ritenuti mercati interessanti, anche se marginali. Per non dire della guerra in Africa fino a cinquant?anni fa: era stata una cosa ridicola prima dell?arrivo degli occidentali anche perché non avevano dèi da imporre agli altri. La logica dell?accomodamento ha sempre prevalso su quella del conflitto. Il nuovo colonialismo, molto di più di quello classico, ha invece devastato quei popoli, cercando di imporre i nostri stili di vita. Da qui anche guerre orrende, come quella in Ruanda, fatte da gente che ha perso completamente i propri punti di riferimento. Da noi si diceva «Aiutiamo l?Africa». Molti intellettuali africani iniziano a dire «Non aiutateci più»?


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