Cultura

Il duca di Cordelli. Tanto rancore e bella scrittura

Recensione del libro "Il duca di Mantova" di Franco Cordelli (di Andrea Leone).

di Redazione

Nella seconda metà degli anni 70, Franco Cordelli organizzò a Castelporziano, Roma, un festival di poesia passato alla storia; quella manifestazione di grande successo, cui parteciparono Allen Ginsberg e gli allora emergenti poeti italiani, si concluse con il crollo del palcoscenico. Il resoconto di quella esperienza fu un bel libro, Proprietà perduta. Sembra che da allora Cordelli, come se fosse uscito dalla storia e dal tempo, sia rimasto ossessionato dalla massima manifestazione della storia e del tempo: il Potere. Dopo il romanzo Un inchino a terra, uscito nel 1999, ecco ora Il Duca di Mantova, sorta di diario, pamphlet, saggio, meta-romanzo. Il libro ha avuto in questi mesi una forte eco anche internazionale soprattutto a causa del tema ; si tratta infatti di un?opera contro Berlusconi e la sua ascesa al potere. Attraverso un diario fatto di letture e incontri e citazioni e piccoli saggi, ricordi familiari e abbozzi narrativi, Cordelli allestisce un quadro d?epoca, la cronaca di un tempo, ma si viaggia da un tempo all?altro, da un?epoca all?altra in questa divagazione-dissertazione sulla piccola e grande storia. Berlusconi è forse un incubo ma compito dello scrittore è comunque quello di inventarlo; è invece perfettamente chiaro che a Cordelli non interessa affatto l?uomo chiamato Berlusconi ; il suo interesse riguarda il Potente, chiamato qui genericamente Il Duca di Mantova, ossia l?uomo capace di scrivere la storia e la realtà. Ciò che infatti rimprovera al Potente è proprio questo: essere diventato uno scrittore, un collega. Egli sente il Potente come un rivale. Questo libro così ben scritto e dai nobili accenti e intenti non vuole essere un romanzo, genere che non sembra interessare particolarmente Cordelli. Le ragioni chiamate in causa a supporto del suo rifiuto: l?antica incapacità antropologica degli italiani nei confronti della narrativa, considerata genere futile, secondario, sporco, ma che in ogni altro Paese dell?Occidente rappresenta l?unico e ultimo tipo di scrittura capace di confrontarsi con il mondo e la storia (anch?esso ad ogni modo a rischio di estinzione, si vedano i recenti saggi di Jonathan Franzen). Non è esattamente l?odio ad animare questo libro. Chiunque abbia letto qualche pagina o anche solo qualche riga dei geniali Céline e Bernhard, forse i più grandi scrittori dell?odio che siano esistiti, troverà questo testo una debole autoregistrazione di parole, piccoli e brevi livori e rancori. Incapace di trovare stile e forma, categorie che richiedono un duro, spietato confronto con il presente e con la realtà, Cordelli compila il suo intelligente, elegante e sapiente taccuino senza opporre all?odiato Potere l?unico potere possibile concesso all?artista, quello della creazione.

Andrea Leone


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