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Due giorni nella “Abrahamic Family House” di Abu Dhabi: centro del dialogo interreligioso mondiale

In occasione dei 20 anni della Fondazione Oasis si è tenuto il Congresso dal titolo "La sapienza attraverso le tradizioni: un’eredità del passato, una garanzia per il futuro". Noi c'eravamo. Ecco come è andata

di Alessandro Banfi

Un compleanno speciale in un posto speciale. La Fondazione Oasis ha compiuto 20 anni dalla sua nascita, ad opera del cardinal Angelo Scola, per così dire “in trasferta”. Ha organizzato infatti presso la Abrahamic Family House (foto di apertura) di Abu Dhabi un Congresso internazionale che si è svolto il 20 e 21 novembre nel luogo più significativo per il dialogo inter-religioso negli Emirati Arabi, e forse per tutto il mondo musulmano. Si tratta di una realtà nata dopo la firma del documento sulla Fratellanza umana di papa Francesco e di Ahmad al-Tayyib, grande Imam dell’università di al-Azhar: una chiesa, una sinagoga e una moschea sorgono vicine e in uno spazio comune. Non per niente la prima pietra porta la firma del Papa e del grande Imam: la Abrahamic Family House resta infatti un segno tangibile e per certi versi monumentale (anche se vivo perché epicentro di attività liturgiche) di quello storico momento di dialogo. 

Grazie all’opera della Saint Francis Church e dell’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico del Vicariato Apostolico dell’Arabia meridionale, proprio nel Forum creato nello spazio tra i tre edifici religiosi si è svolto il Congresso dal titolo “La sapienza attraverso le tradizioni: un’eredità del passato, una garanzia per il futuro”. L’incontro, organizzato dalla Fondazione Oasis, ha avuto quattro protagonisti di spessore: il vescovo monsignor Paolo Martinelli, nominato due anni fa  da papa Francesco Vicario apostolico per l’Arabia meridionale, in qualche modo il “padrone di casa”, la professoressa Sarah Stroumsa della Hebrew University di Gerusalemme, che ha insegnato lingua e letteratura araba nel dipartimento di pensiero ebraico, il professor Ahab Bdaiwi, specialista di pensiero islamico medievale, a lungo docente a Cambridge e ora insegnante di pensiero e storia islamica all’università olandese di Leiden, e il professor Martino Diez, direttore scientifico di Oasis e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Da sinistra a destra: Martino Diez, direttore scientifico di Oasis e docente in Cattolica, Sarah Stroumsa, docente di Studi Arabi all’Università Hebrew di Gerusalemme, monsignor Paolo Martinelli, vescovo, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, Ahab Bdaiwi, docente di Islam medievale all’Università olandese di Leiden e fra Stefano Luca, responsabile dell’Ufficio interreligioso ed ecumenico del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale

Martinelli ha parlato della “Teologia sapienziale nel pensiero di Hans Urs von Balthasar”, sviluppando un approfondimento particolare del tema della conoscenza e del sapere, attraverso il pensiero del teologo svizzero. Due gli spunti, nel suo intervento, di grande interesse: l’evocazione della battaglia di Sant’Ireneo contro la gnosi, pericolo sempre presente per la fede cattolica, che Balthasar leggeva come alternativa alla “vera gnosi”, la sapienza divina. E il bello, il pulchrum, come punto di partenza della conoscenza stessa, in quella che il Vescovo ha chiamato la “centratura estetica”.


La professoressa Sarah Stroumsa ha trattato il tema: “Cercatori di saggezza: La ricerca comune di ebrei, cristiani e musulmani nel mondo islamico medievale”, raccontando il dialogo, non solo fra chierici e intellettuali, che si sviluppò nel Medio Evo. Dialogo “luminoso” a dispetto dell’immagine dei secoli bui, che ancora oggi è di grande ispirazione e insegnamento. 

Ahab Bdaiwi ha introdotto nella discussione la tradizione islamica sciita, parlando sul tema: “Il saggio della Medina: Ja’far al-Sadiq sulla sapienza”. Il professore ha illustrato il pensiero sapienziale islamico attraverso la figura e le opere di Ja’far al-Sadiq, discendente del profeta dell’Islam e sesto Imam sciita. Quattro le caratteristiche della sapienza in questa visione: è interrogativa, cioè è anzitutto domanda. È trasformativa, perché sa provocare il cambiamento. È autoriflessiva, in quanto capace di ragionare su stessa e di auto- analizzarsi (un detto sapienziale era: “Fate il rendiconto delle vostre anime prima che Dio lo faccia per voi”). In ultimo la sapienza è rivolta alle cose eterne, che però avviene attraverso l’oggettività della realtà del creato e di corpo e anima nell’uomo. 

Infine, il professor Martino Diez ha trattato il tema: “La conoscenza come guarigione, il “Libro per cacciare la preoccupazione” di Elia di Nisibi. Vescovo siro-orientale dell’XI secolo, Elia divenne amico del visir locale, che gli chiese appunto un “Libro per cacciare la preoccupazione”. Grande metafora del dialogo ma anche concreta attenzione fraterna fra diversi e oggi diremmo “lontani”. 

Insomma, la conoscenza e la sapienza, attraverso particolari approfondimenti dei diversi e importanti contributi, hanno finito per convergere in una riflessione, aiutata anche dalle domande del numeroso pubblico presente, sul dialogo interreligioso non solo del passato medievale ma anche del tempo presente. Come ha detto monsignor Martinelli, alla fine del suo intervento, «la sapienza di Dio si manifesta in definitiva nel dono gratuito all’altro, poiché l’altro alla luce della sapienza divina è sempre amabile». O come ha ricordato la professoressa Sarah Stroumsa: «Studiare la saggezza del passato è la promessa per un futuro illuminato».

Il giorno successivo si è svolto un secondo incontro organizzato dalla Saint Francis Church presso la Abrahamic Family House. Quasi a completamento del dibattito del giorno prima, la professoressa Simona Beretta, docente di Economia all’Università Cattolica di Milano e Michele Brignone, direttore delle ricerche della Fondazione Oasis, hanno discusso del tema de “La sapienza nell’era dell’Intelligenza artificiale”. Argomento di grande attualità, che non può essere dimenticato quando si affronti il sapere e la conoscenza nel nostro tempo. Prendendo le mosse dal significato dei due termini, la docente milanese ha sottolineato il valore dell’intelligenza umana come intus legere, qualcosa che va oltre l’accumulazione dei dati e la loro mera combinazione statistica. «L’uomo stesso», ha sottolineato la professoressa Beretta, «non è riducibile solo al suo cervello», mentre la sapienza «delle macchine» rischia di abolire quella relazione interumana che porta alla vera conoscenza. 

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