Sicurezza stradale

Il nuovo Codice della strada? Per 3mila morti all’anno non basta

Regole più stringenti e sanzioni più dure per chi usa il cellulare al volante, per chi ha bevuto o fatto uso di stupefacenti. Novità per i monopattini, un freno alla "Città 30". Sono alcune delle novità introdotte dal Codice approvato in Senato. Luca Valdiserri: «A fronte di un aumento evidente delle pene, non vedo la certezza della pena. In Italia si "accettano" quasi 3mila morti l'anno sulle strade. Manca l'idea di combattere l'eccesso di velocità»

di Ilaria Dioguardi

Dallo scorso 20 novembre il disegno di legge sulla sicurezza stradale con le modifiche al Codice della strada è legge. Tra le principali variazioni, l’inasprimento delle sanzioni di contrasto alla guida in stato di ebbrezza. Per i recidivi scatta l’obbligo di installare in auto il dispositivo alcolock, che impedisce l’accensione del motore se viene rilevato un tasso alcolemico sopra lo zero, oltre alla revoca della patente e al divieto di assumere bevande alcoliche prima della guida per un periodo di due o tre anni, in base alla gravità dell’infrazione.

Per chi si mette al volante sotto l’effetto di droghe saranno più semplici gli accertamenti: aver assunto stupefacenti comporterà in ogni caso il ritiro immediato della patente. Chi userà il telefono alla guida riceverà pene più severe rispetto al passato, con multe fino a 1400 euro: in ogni caso scatta la sospensione breve della patente (da 15 a 90 giorni).

L’inasprimento delle pene e sanzioni riguarda anche l’occupazione dei posti relativi ai disabili e il superamento dei limiti consentiti nei centri urbani, per cui si prevede il ritiro breve della patente. I motorini parcheggiati in sosta irregolare potranno ricevere multe fino a 87 euro se posizionati in modo da limitare la viabilità. Sono indicate norme più severe per chi, abbandonando animali su strada, causi incidenti. Un capitolo a parte per i monopattini che dovranno essere identificabili tramite un contrassegno e avere l’assicurazione, per guidarli bisognerà usare il casco.

Chi guida le due ruote sarà considerato utente vulnerabile della strada e c’è la prescrizione, per le biciclette, di una distanza minima di sicurezza di un metro e mezzo. «Salvini ha messo le mani su un Codice che era lì da anni e anni, di questo bisogna dargli merito», dice Luca Valdiserri, giornalista, papà di Francesco, travolto e ucciso da un’auto il 20 ottobre 2022, a 18 anni, mentre camminava su un marciapiede di Roma insieme ad un amico.

Valdiserri, cosa pensa di questo nuovo Codice della strada?

Il merito di Salvini è di aver messo mano a un Codice obsoleto, l’avrebbe potuto fare anche chi ha governato prima di lui. Chiaramente è un Codice che esce da una compagine di centrodestra, per cui la parte repressiva è sicuramente più forte di quella, chiamiamola così, di educazione civica.

Nel 2023 sulle strade italiane si sono registrati 166.525 incidenti con lesioni a persone, in leggera crescita rispetto ai 165.889 del 2022 (+0,4%). In media, si verificano 456 incidenti, 8,3 morti e 615 feriti ogni giorno

Si sarebbe potuto fare di più?

Sì certo. Ad esempio, se si volevano fare tante zone a 30 all’ora, nelle legislature precedenti, si poteva intervenire. A Bologna c’è una battaglia politica enorme sulla “zona 30”, il sindaco Lepore ha fatto il 70% del centro storico “zona 30” a Bologna, allora ci sono state proteste di tutti i tipi, dei tassisti e dei commercianti. È chiaro che la famosa frase di Salvini: «Macché “zona 30”, la gente deve andare a lavorare» ci fa capire il suo pensiero.

Luca Valdiserri

Qualcosa di buono del nuovo Codice?

L’introduzione dell’alcolock come pena per chi è stato già fermato con un tasso alcolemico molto alto è una buona cosa. Poi bisogna vedere come verrà attivato, chi dovrà occuparsene. Insomma, le auto di nuova generazione sono già predisposte per l’alcolock, ma sono già anche predisposte per 100 altre cose che poi non usiamo, per esempio il limitatore di velocità.

Nel nuovo Codice ci sono aumenti delle pene. Ad esempio, per chi guida con il cellulare, chi si mette al volante in stato di ebbrezza, chi supera il limite di velocità, chi sosta negli stalli disabili oppure in corsie preferenziali o alle fermate del bus. Cosa ne pensa?

A fronte di un aumento evidente delle pene, non vedo la certezza della pena. Io posso mettere anche un milione di euro di multa a chi sta in divieto di sosta, però se non c’è qualcuno che va a controllare quel milione di euro rimane lì. Mentre se tutti i giorni sotto casa mia passa una pattuglia che vede se sono in doppia fila, e ogni volta mi fa una multa di 50 euro, credo che alla terza o quarta smetto di mettere la mia auto in doppia fila. Secondo me, manca in maniera abbastanza clamorosa l’idea di combattere l’eccesso di velocità.

È vero che sono state messe multe più alte, ma poi si fa la battaglia contro gli autovelox, per i quali cambiano le modalità di posizionamento: saranno utilizzabili solo se il massimo della velocità concessa sul tratto di strada è inferiore di non oltre 20 km/h rispetto a quanto previsto dal Codice per quel tipo di strada. Il dispositivo dovrà essere preceduto da un apposito segnale a non meno di un chilometro. Si rende impossibile, così, fare delle “zone 30”.


Se si prendono più multe nello stesso tratto stradale, in un periodo di tempo di un’ora e di competenza dello stesso ente, non si cumulano le sanzioni, se ne paga una sola, quella più grave aumentata di un terzo.

Se c’è eccesso di velocità è pericolosa la prima, la seconda, la terza, la quinta volta. Il concetto è che, se incontro due autovelox o comunque due controlli, a distanza ravvicinata, prendo due multe. Perché ne devo prendere una sola? Qual è la logica? Se prendo una multa al primo minuto, poi per 59 minuti posso andare veloce quanto mi pare? Non ne capisco il senso, come non comprendo la norma del sorpasso al ciclista, che deve essere fatto mantenendo una distanza di sicurezza di un metro e mezzo «ove le condizioni della strada lo consentano». Se non è possibile, se è solo un metro, che faccio? Sorpasso lo stesso? In teoria, se è meno di un metro e mezzo, si sta dietro al ciclista: sorpassare un ciclista a una distanza minore di un metro e mezzo è pericoloso.

Secondo gli ultimi dati Aci-Istat, nel 2023 sulle strade italiane si sono registrati 166.525 incidenti con lesioni a persone, in leggera crescita rispetto ai 165.889 del 2022 (+0,4%), ma in calo rispetto al 2019. In media, si verificano 456 incidenti, 8,3 morti e 615 feriti ogni giorno.

Sì, gli incidenti in Italia lo scorso anno sono costati 3.039 morti e 224.634 feriti. Nel primo semestre 2024 si registra un +4% di morti rispetto allo stesso periodo 2023. Rispetto al 2019 (benchmark di riferimento per il decennio 2021-2030) abbiamo calato gli incidenti del 6,8%. Che, detta così, sembra una grande notizia. Peccato che l’obiettivo era diminuire del 20%. Per cui non è stato fatto neanche un terzo di quello che era previsto. Poi magari quell’obiettivo era esagerato, ma ci sono delle nazioni che hanno molto migliorato la loro sicurezza stradale. L’Italia è ferma, la media dei 3mila morti l’anno sulle strade è sempre quella da anni. Da lì non ci smuoviamo, è come se fosse una cifra che accettiamo. In molti altri Paesi questa “accettazione” non c’è.

Ad esempio, in una zona dell’Australia c’erano stati 210 morti, in uno spot viene chiesto ad un intervistato quanti sono i morti per lui “accettabili” ogni anno sulle strade e risponde «70». Vorrebbe dire diminuire di due terzi il numero, non sarebbe poco. E si vede arrivare, verso di lui, 70 persone tra cui il padre, la madre, la sorella, gli amici più cari. Gli rifanno la domanda: «Qual è il numero di morti “accettabile” ogni anno sulle strade, secondo lei?». Stavolta la risposta è zero. Se si tratta di 70 persone a cui tieni di più è la strage della tua vita. Il fine ultimo deve essere zero morti sulle strade. Se si fa un ragionamento sul numero “accettabile” di morti che è pari a zero, ci si sforza di fare tutto più in sicurezza possibile: non dovrebbero esserci morti nelle strade, lo stesso vale sul lavoro.

Sempre i dati Aci-Istat, ci dicono che in autostrada gli incidenti sono diminuiti del 13,9% e sono aumentati gli incidenti in città del 7,9%.

Della diminuzione degli incidenti in autostrada si pensa: «Caspita che bello!». Poi si vede l’aumento degli incidenti nelle aree urbane, vuol dire che le automobili sono costruite meglio, sono più sicure. In autostrada si muore di meno, ma si muore di più in città (soprattutto pedoni e ciclisti). Perché lì, anche se l’auto è costruita con il massimo della sicurezza per gli urti, se si colpisce un pedone a 50 all’ora si ammazza. Mentre se si fa un incidente a 50 all’ora contro un’altra macchina, si rompono le auto, ma è quasi impossibile che si muoia. Se aumentano gli incidenti in città, una domanda bisogna farsela su come è regolato il traffico cittadino.

Secondo il 51% degli italiani non è pericoloso superare i limiti di velocità. Soltanto il 34,7% ritiene utile rispettarli mentre il 16,4% ritiene che un guidatore esperto possa superarli

Nel pacchetto di norme, una sezione a parte è dedicata ai monopattini.

C’è questa attenzione spasmodica ai monopattini. È pieno il mondo di monopattinisti maleducati, che vanno in due senza casco, sono d’accordo a regolamentare. Ma non si può far passare il monopattino come il problema numero uno di una violenza stradale che fa più di 3mila morti l’anno. Se i morti in monopattino si contano sulle dita di una-due mani ogni anno, è giusto regolamentarli. Arriviamo al problema prima che diventi davvero grave, introducendo l’obbligo del casco e della targa, magari togliendo i monopattini in car sharing come hanno fatto a Parigi. Il monopattino non è un cattivo mezzo di trasporto, soprattutto in un centro cittadino: non inquina, è piccolino, non è pericoloso quanto può esserlo un mezzo pesante.

L’argomento “monopattini” fa subito presa sulle persone. Oggettivamente, soprattutto nelle città, sono fastidiosi perché li guidano in maniera un po’ sconsiderata senza casco, spesso contromano, li buttano dove capita. Per cui, è giustissimo fare delle norme. Però, ad esempio la sosta vietata sulle ciclabili mi sembra più grave. Un ciclista incrocia una macchina parcheggiata, deve allargarsi, arriva una macchina, l’automobilista non si aspetta che ci sia un ciclista perché accanto c’è una ciclabile, lo vede sbucare: la colpa di un incidente è di chi ha parcheggiato la macchina, non del ciclista. La sosta vietata, ad esempio a Roma, ormai è un accessorio.

Secondo il 51% degli italiani non è pericoloso superare i limiti di velocità. Soltanto il 34,7% ritiene utile rispettarli mentre il 16,4% ritiene che un guidatore esperto possa superarli. È la fotografia della quarta edizione della ricerca sugli stili di guida degli utenti di Anas.

È la legge “fai da te”, lo decidi tu se è pericoloso: vuol dire che di due macchine che incontri, uno dei due automobilisti pensa che può spingere il piede sull’acceleratore senza che sia pericoloso. E poi la patente di esperto chi la dà? L’eccesso di velocità in Italia è un comportamento assolutamente accettato, per cui bisognerà lavorare parecchio su questo concetto.

In conclusione, qual è il merito di questo Codice?

Che finalmente si è fatto qualcosa, Salvini ha messo le mani su un Codice che era lì da anni e anni, di questo bisogna dargli merito. Le ultime due cose veramente importanti sulla sicurezza stradale, che hanno ridotto la mortalità, sono state la patente a punti (la gente ha cominciato ad aver paura di perdere la patente) e la legge dell’omicidio stradale, fatta da Renzi, che alzando le pene un pochino di deterrente l’hanno fatto: adesso si rischiano fino a 18 anni di carcere. Prima era un omicidio colposo e basta. L’omicidio stradale in Francia e in Germania non c’è. L’Italia ha introdotto un reato specifico che secondo me, anche come dignità data alle vittime, ha un suo significato.

Foto di apertura di Spada/Lapresse  Nel pezzo, foto dell’intervistato

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