Volontariato

Politica. Bossi torna sulla scena e spariglia le carte

Il Senatùr riprende a dettare l'agenda politica e le priorità della Lega e, forse, anche quelle del governo. Calderoli dovrebbe subentrargli come ministro delle Riforme. Maroni tace

di Ettore Colombo

La Lega Nord ritrova la bussola e le alzate di ingegno di Umberto Bossi, che cogliendo al balzo l’occasione offertagli dal Parlamento europeo, dove è stato eletto e dove l’obbligo di optare per quello o per la carica di ministro scadeva oggi, riporta il Carroccio protagonista della scena, dà nuova linfa al percordo delle riforme federaliste senza per questo “far cadere il governo”. La lunga marcia per il federalismo riparte oggi da Milano, o meglio, è ripartita ieri da Lugano dove Umberto Bossi è tornato ad essere protagonista nella scena politica italiana e un leader ‘in carne ed ossa’ anche per alcuni dei suoi colonnelli che, come Roberto Castelli, non lo vedevano dai primi giorni della sua malattia. Bossi ieri sera ha condotto un confronto con i vertici del partito, durato circa due ore e mezza arrivando alla decisione ratificata e resa nota oggi dal consiglio federale: lasciare le cariche di ministro per le Riforme e deputato del Parlamento italiano per accogliere il mandato di europarlamentare. Un ruolo che gli consente di recuperare le forze smarrite nel lungo periodo di malattia (tutti, alcuni anche un po’ emozionati, lo hanno trovato fisicamente molto provato) e di riallacciare le fila sparpagliate di un partito forte del 5% di voti alle ultime elezioni europee. Con le mani libere dalle “pastoie” istituzionali e con intatto il potere di fare la voce grossa con la maggioranza almeno alla pari con il segretario dell’Udc, Marco Follini, che ha sempre rifiutato un ministero, Bossi è ora libero di agire senza sentirsi più ripetere che ‘certi atteggiamenti non si confanno a un ministro della Repubblica’. Inoltre, tornando a ricoprire la carica di segretario federale senza ulteriori distrazioni o quasi, Bossi potrà dirigere il partito rinsaldare il legame con il popolo padano e riposizionare il movimento sul territorio. Ritornare, in pratica, la mente della Lega Nord. Una mente che Berlusconi ha definito, dopo l’incontro di sabato scorso, ‘lucida come prima’. Il posto di ministro per le riforme andrà, con ogni probabilità, a Roberto Calderoli, che lascerà la carica di vicepresidente del Senato per fare da sentinella sul cammino delle riforme, al cui fallimento, “Umberto Bossi e la Lega Nord non possono legare il proprio nome”. Il vero cane da guardia, però, tornerà ad essere lui, il Bossi. Con questa decisione che è certamente politica, ma non nel senso di un parere negativo sulla prosecuzione della legislatura, bensì in quello di un necessario presidio sulle riforme del partito leghista, Bossi ritrova la sua sembianza più pura, quella di capopopolo, toccato dalla malattia ma deciso a realizzare il suo obiettivo. “Volevamo una cosa, la vogliamo ancora e la realizzeremo”, ha detto convinto Calderoli, l?unico a parlare con i giornalisti, come è già accaduto in altre situazioni di tensione. Nel primo pomeriggio, al termine del consiglio federale, Castelli è andato via ribadendo di attenersi a quanto scritto nel comunicato. Maroni è arrivato in ritardo e, oggi come ieri a Lugano, è andato via senza dire una parola, segno forse di uno scollamento ai vertici o forse di un adeguamento silenzioso alla linea dettata dal segretario federale. Giancarlo Giorgetti, l?uomo-ombra di Bossi, durante questi lunghi mesi di reclusione forzata, non si è fatto nemmeno vedere. E? un fantasma che, però, resta forse il più simile come modo di fare e come pensiero al Senatur. La Lega, si legge nello scarno comunicato riassuntivo delle decisioni del consiglio federale, ha deciso di mantenere i suoi ministri in carica per mantenere ‘la parola data’ e vegliare “nei giorni difficili, in particolare per quanto riguarda la riforma previdenziale”. Il terremoto della Lega Nord si conclude di fatto con un giro di poltrone tra ?parenti?: questo non cambia, almeno a prima vista, gli equilibri della maggioranza, anche se resta forte l?incognita del ?fenomeno Bossi?. Il premier Berlusconi si ritrova così con l?alleato di sempre al fianco, in un ruolo che però per il presidente del Consiglio può diventare scomodo, e più carico di pretese sull?azione di governo al quale è stata evitata la crisi. Il premier forse dovrà ancora pagare alla Lega lo scotto delle forzate dimissioni del ministro dell?Economia, Giulio Tremonti, fortissimamente volute da An e Udc e di cui, si dice, Bossi non sarebbe stato avvertito. Da chi? Ma dai suoi, naturalmente. E tra loro quello messo peggio sembra proprio il ministro del Welfare Maroni.


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