Formazione

Circhi. Il boom delle scuole per i piccoli. Venghino bimbi venghino

Sono migliaia i giovanissimi ai corsi di giocoleria ed equilibrismo. Per fare movimento ma anche educare la mente (di Sara De Carli).

di Redazione

È vivo! Anzi, come dicono i clown dei Nasi Rossi nel loro ultimo spettacolo, «Evvivo!». Se qualcuno pensava che il circo avesse perso la capacità di affascinare, si sbagliava di grosso. A dimostrarlo non è solo l?enorme successo del Cirque du Soleil, ma la miriade di scuole di circo, giocoleria e clownerie che negli ultimi due anni sono state prese d?assalto da aspiranti artisti. Nelle scorse settimane, in tutta Italia, almeno mille allievi si sono esibiti in spettacoli di fine corso. Molti di più sono i bambini che il circo l?hanno incrociato a scuola: a Milano, la sola Scuola di circo di Ambra Orfei ha messo clavi in mano e trampoli ai piedi a 20mila bambini in tre anni. Chi sono i protagonisti di questa nuova tendenza? Giovani con i capelli rasta e professionisti, cinquantenni un po? impacciati ed esili ginnaste dai muscoli d?acciaio. Il circo ha conquistato tutti, persino (forse soprattutto) la fascia dai 15 ai 25 anni, che tradizionalmente ne era lontana. Perché non si tratta più di essere spettatori, ma protagonisti. Anche quando si assiste a uno spettacolo. Il ?nuovo circo? ha infatti superato la logica del ?numero? per trasformarsi in uno spettacolo complesso, che si arricchisce di commistioni con il teatro, la musica, la danza. Se un tempo il circo voleva stupire, oggi vuole emozionare. Ma i genitori che col naso all?insù guardano il proprio figlio volteggiare al trapezio, non hanno un po? paura? «Certo, quando li vedono sono sconvolti!», ride Camilla Peluso, responsabile dei progetti formativi della Piccola scuola di Circo di Milano, moglie del più famoso Claudio Madia e madre di quattro bambini. E allora? perché? «Le attività circensi sviluppano in maniera completa il coordinamento e l?equilibrio», spiega. «Sono il modo più divertente per fare attività motoria e diversamente dallo sport rifiutano la competizione e l?individualismo. Nelle arti circensi, infatti, non esiste lo sconfitto, i ragazzi imparano a valorizzare le differenze e ad accettare i limiti. Chi negli sport tradizionali è ultimo, qui trova il proprio posto», continua la Peluso. «Il bambino cicciottello sarà il ?porter? della piramide, quello gracile sarà il ?volante?». Alla fine, ciò che fa scendere in pista resta la voglia di evasione, la ricerca di un sorriso o di un applauso, la sfida con se stessi. La tecnica c?è, eccome, ma senza l?affanno dell?agonismo e la rigidità standardizzata di figure e stili. Perché al circo la tecnica senza gioco diventa presto sterile virtuosismo, incapace di emozionare, far trattenere il respiro, strappare un sorriso e rubare una lacrima.

Sara De Carli


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