Mondo

Uganda. Kony peggio di Saddam, eppure

Lunedì scorso si é svolta in Campidoglio una conferenza stampa sulla drammatica situazione del Paese africano.

di Riccardo Bonacina

Dovevate sentirlo il cardinal Martino, nell?affollatissima sala delle Bandiere in Campidoglio, scandire, di fronte ai tanti giornalisti, con la voce rotta da un?emozione che non accenna a sparire neppure ad un mese dal viaggio in Uganda, «da oggi anche voi sapete cosa succede in Nord Uganda e tacere, non gridarlo, sarebbe atto vile». In effetti, stiamo costruendo un mondo pazzesco se la comunità internazionale da 18 anni (!) non fa nulla per fermare un pazzo sanguinario che ha già distrutto un?intera regione dell?Uganda, costringendo un milione e 800mila persone ad essere profughi nella loro terra, fuggendo dagli attacchi e in cerca di protezione per la notte e di cibo. Il nome del folle sanguinario è quello di Joseph Kony, capo del Lord?s resistence army (Esercito di resistenza del Signore), che ogni giorno (proprio ogni giorno) massacra civili, soprattutto donne e bambini. Kony, in questi anni, ha ucciso almeno 100mila persone, rapito 30mila minori per costringerli ad essere soldati o concubine. Una strage, quotidiana, degli innocenti, l?abbiamo chiamata nel numero di Vita che tanta attenzione e scalpore ha suscitato per la documentazione fotografica delle stragi. Ebbene, Joseph Kony ha distrutto un?intera regione fisicamente, socialmente, economicamente e moralmente, avendo ai suoi ordini solo 3/4 mila combattenti, per la gran parte minorenni. Di Joseph Kony si sa tutto, dove si nasconde (Sud Sudan), quali siano le sue attività commerciali a Kampala, chi sono i suoi complici, persino quante sono le sue concubine (150), eppure nessuno lo ferma. Che mondo stiamo costruendo?, ci siamo chiesti con Pezzotta, Veltroni, il cardinal Martino. Che mondo stiamo costruendo se la comunità internazionale reputa ragionevole e giusto spendere 500 milioni di dollari al giorno (oltre 200 miliardi all?anno), per liberare l?Iraq da Saddam («Un chierichetto rispetto a Kony», ha sottolineato il direttore di Misna, Giulio Albanese), e ci si nasconde dietro un dito di fronte a ciò che succede in Nord Uganda. Anzi, peggio, si continua a finanziare con la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale il presidente Yoweri Museveni (il 50% delle entrate dello Stato) che non fa nulla per garantire la sicurezza al suo popolo e continua ad opporsi al dispiegamento di una forza multinazionale di peacekeeping che lo faccia in vece sua. Noi non saremo complici. La rete di collaborazione e di amicizia che ha saputo dar vita a una grande manifestazione per l?Africa a Roma lo scorso 17 aprile, e che ha saputo convocare sull?Uganda i media italiani, continuerà a tener viva l?attenzione su ciò che succede ai nostri confini. Chiedendo ai nostri governanti di far sentire il loro peso, chiedendo all?Unione europea di darsi una mossa facendo pressione sul governo ugandese. E chiedendo che non venga una volta di più mortificato il sostegno ai progetti di sviluppo e di aiuto che ong italiane e missionari portano avanti, spesso da soli, ma senza paura.


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