Formazione

La nave è in porto. La legge ci arriverà?

La drammatica vicenda di Porto Empedocle ha attizzato la discussione sul vuoto legislativo italiano in materia di profughi. Ora un testo ha iniziato l’iter.

di Stefano Arduini

La crudele vicenda della Cap Anamur, se ha avuto un merito, è stato quello di puntare i riflettori su un cono d?ombra legislativo che oscura da troppo tempo la credibilità della nostra classe politica. L?Italia infatti è l?unico Paese europeo a non avere ancora oggi (14 anni dopo la Convenzione di Dublino) una legge ad hoc sul diritto d?asilo. Di certo non sono mancate le occasioni. In questi anni sono state presentate almeno 6 proposte di legge in materia, nessuna delle quali è andata in porto, malgrado le solenni promesse dei politici, l?ultima delle quali dell?onorevole Enzo Trantino (An) che nell?ottobre scorso dalle colonne di Vita si impegnava a chiudere la partita entro l’inizio del 2004. Sarà una coincidenza, ma proprio mentre lo sventurato equipaggio della nave rimbalzava fra Malta e la Sicilia in cerca di un attracco, il Consiglio dei ministri il 9 luglio approvava col fiatone due regolamenti di attuazione della Bossi-Fini (datata 2002) che innovano le procedure per l?accoglienza degli stranieri richiedenti lo status di rifugiato, istituendo sette centri di identificazione territoriali gestiti dalle prefetture e regolamentando l?uso dei sistemi informativi. Ma è un momento in cui non solo il governo, ma anche il parlamento decide di mettere mano alle norme sul diritto d?asilo. Passano infatti tre giorni, la Cap Anamur ottiene disco verde per entrare a Porto Empedocle e nelle stesse ore il testo unico sul diritto d?asilo (provvedimento in cui sono confluite le 6 proposte di cui sopra) supera il primo vaglio della Camera. Si tratta del primo passo di un iter che si annuncia lungo, ma la scintilla finalmente è scoccata. «Novità che salutiamo con piacere, anche se ci auguriamo che il testo in discussione in parlamento sia saggiamente emendato in corso d?opera», auspica Giorgio Bisagna, responsabile siciliano e consulente giuridico del Cir (il Consiglio italiano per i rifugiati) che assieme ad altre 14 associazioni ha stilato un appello per una legge equa ed efficace sul diritto d?asilo. Bisagna, che ha seguito il caso della Cap Anamur passo dopo passo, rivela come attualmente l?unica norma nazionale applicabile sia l?articolo 1 della legge Martelli del 1990 «che rimanda dritto dritto alla convenzione di Ginevra del 1951», la quale, però, si limita a delineare l?identikit del rifugiato politico, ovvero di chi deve lasciare il Paese di origine perché perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità e opinioni politiche. Alla norma in discussione alla Camera spetta quindi l?onere di stabilire le soglie minime dei diritti da concedere al richiedente. Terreno franoso, che Gustavo Selva (An), nel primo giorno di discussione a Montecitorio, ha tradotto con un forte richiamo al rischio che «una normativa non sufficientemente coerente venga utilizzata come pretesto per aggirare la disciplina in materia di immigrazione e divenga quindi foriera di presenze irregolari». Timori antichi, che finora si sono messi di traverso all?approvazione di una legge che coinvolgerebbe non più di 12.912 persone (tanti sono i richiedenti asilo in Italia; 9.169 le persone cui il nostro Paese ha riconosciuto lo status, contro le 903mila della Germania, le 159mila del Regno unito e le 103mila della Francia). Per le associazioni firmatarie rimangono almeno tre i punti irrinunciabili. «Prima, però, conviene ricordare», irrompe Bisagna, «che oggi il richiedente asilo, mentre aspetta anche per due anni il responso della commissione incaricata di valutare la domanda, ha l?assistenza sanitaria e quella sociale, ma non può lavorare. Per cui dovrebbe sopravvivere col solo contributo, una tantum, di 500 euro». Ed eccoli, i tre punti. La possibilità di mantenersi, primo gradino per assicurare standard di vita adeguati allo straniero. Dopo di che «riteniamo che chi si veda rigettata la domanda d?asilo abbia la possibilità di ricorrere al giudice ordinario, senza essere espulso», continua Bisagna, che aggiunge l?ultimo tassello: «Non è giustificato che una persona che presenti spontaneamente la propria richiesta alle autorità competenti venga trattenuta in centri speciali e sottoposta a una procedura semplificata che offre un livello inferiore di garanzie procedurali, rispetto all?ordinario, come si evince dal testo appena approvato in commissione Affari costituzionali». Ma quante chance hanno le proposte della società civile? La speranza è che le facce dei 37 profughi della Cap Anamur facciano breccia anche nell?algido cuore del Palazzo romano, «anche se», conclude Bisagna, «in Europa tira una brutta aria, ci dobbiamo confrontare con una progressiva regressione delle normative sull?immigrazione che stanno coinvolgendo anche le leggi sul diritto d?asilo». Nella morsa è caduta anche l?ultima direttiva Ue (2003/9/CE), che l?Italia dovrà recepire entro il 6 febbraio 2005, e che certifica livelli minimi di accoglienza che l?Alto commissario per i rifugiati Onu, Ruud Lubbers ha definito: «Tali da mettere a rischio le vite dei profughi».

Info: Per saperne di più: UNHCR CIR Centro Astalli Diritto di asilo Comunità di Sant’Egidio Caritas Italiana ARCI associazione di promozione sociale ACLI Migrantes CISL Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori


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