Cultura

Una scuola italiana, pomeriggi in moschea

Esperienze la scelta di un padre.

di Antonietta Nembri

Vive in Italia da vent?anni, è diventato cittadino italiano ma è nato in Egitto. Ahmed Abudahab ha due figlie che non hanno mai frequentato le scuole del centro islamico di via Quaranta, anche se lui quella moschea e quella comunità la conosce. «Il primo motivo è che non volevo perdessero la cultura italiana, l?opportunità di imparare la lingua», dice con sicurezza Abudahab, «e non perché sono le mie figlie, ma a scuola sono bravissime». E lo devono essere davvero, dal momento che mentre al mattino frequentano la scuola pubblica italiana, al pomeriggio seguono i corsi di arabo degli insegnanti della scuola egiziana e a fine anno scolastico (più o meno nel periodo della Pasqua cristiana) sostengono gli esami in arabo. «Hanno in pratica fatto due scuole. Senza mai avere problemi», continua Abudahab. «Vede, è molto importante per noi che viviamo in un paese diverso dal nostro non perdere la nostra origine. Allo stesso tempo, però, vogliamo cogliere l’opportunità di imparare cose nuove. E poi se una bambina cresce conoscendo più lingue ha maggiori opportunità, una volta diventata grande». E così d?estate le figlie di Abudahab, che frequentano la prima e la terza media e i cui nomi in italiano significano ?la principessa? e ?la saggia?, seguono anche un corso di lingua inglese. Cambia un po?, il tono conciliante di Ahmed Abudahab, quando si parla delle polemiche sulla scuola di via Quaranta e la (abortita) classe dell?Agnesi. «Si dicono tante sciocchezze, anche sulla ginnastica. Io non capisco. Ci sono tante scuole private, qui a Milano: che differenza c?è? Nella sola Lombardia, poi, esistono una ventina di scuole arabe». Certo non tutte sono dei veri e propri istituti scolastici come quello della periferia sud di Milano, dove arrivano pullman e pulmini, da tutta la città e dall?hinterland, a portare gli studenti dalla scuola materna alla terza media. «E poi anche lì ci sono corsi e insegnanti di italiano, e in più è una scuola araba, per i genitori che ci tengono. In questo modo, un bambino che la frequenta studia l?arabo e poi sceglie se entrare in una scuola italiana, oppure tornare al suo paese. Ognuno ha la sua cultura, ma il principio rimane il Corano», conclude saggiamente Abudahab, sottolineando che la sua scelta personale nasce dall?idea che le sue figlie possano essere musulmane di cultura italiana. «Così non perdono niente».


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