Cultura

Peccato, era una via per educare con dolcezza

"La classe musulmana avrebbe favorito l’apprendimento e incontrato le esigenze dei ragazzi". Parla Mohamed Nour Dachan.

di Selena Delfino

E’ possibilista Mohamed Nour Dachan, medico di professione, e presidente delle Comunità e organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii). Non ama considerare le questioni in termini di ?bianco o nero?, ?giusto o sbagliato?. Al giudizio preventivo preferisce la comprensione, all?imposizione di un modello contrappone l?amore. Anche quello per la propria cultura. «Non possiamo ragionare in termini di bene e male assoluti», dice. «L?ipotesi di una classe di studenti musulmani avrebbe facilitato sicuramente l?insegnamento, perché tutti i ragazzi partirebbero dallo stesso substrato culturale». Vita: Ma in questo modo non si rischiava di creare un ?ghetto?? Mohamed Nour Dachan: Chi può dirlo se non ci abbiamo provato? Certo, inserendo questi studenti in classi formate anche da ragazzi italiani ci sarebbe stata più possibilità d?integrazione? Vita: Dunque? Nour Dachan: Dunque quello di Milano sarebbe stato un esperimento, non un modello per le scuole di tutta Italia. Questa sì, che sarebbe stata la vera ghettizzazione. Invece, si è solo parlato di una specie di banco di prova. Da considerare un?esperienza, non un ghetto. Vita: Qualcuno ha pensato che in questo modo l?integralismo sarebbe stato quasi legittimato? Nour Dachan: È una stupidaggine di chi vede il pericolo ovunque. Vita: Nessun pericolo di chiusura? Nour Dachan: Il discorso è un altro. Si è sempre detto che è giusto convivere con le diverse culture, non disgregarle. E non è detto che amare la propria cultura sia essere integralisti. Se sono musulmano preferisco vivere nella mia cultura. Poi le questioni civili, amministrative e governative sono un?altra cosa. Sono per tutti. Vita: Si spieghi meglio. Nour Dachan: I ragazzi non sarebbero stati isolati, perché avrebbero seguito programmi didattici italiani e studiato con professori italiani. Restando, questo sì, nell?ambito di un contesto di persone della loro stessa cultura. Perché non si è permesso loro di sentirsi musulmani? Vita: A che esigenza poteva rispondere questo tipo di proposta? Nour Dachan: Se fosse davvero partita avrei detto: per ora è solo un?esperienza. Se darà un risultato positivo potrà diventare la risposta a un?esigenza. Era comunque un esperimento legittimo perché ogni scuola è libera di scegliere i propri metodi. Vita: Insomma, lei non vuole proprio schierarsi? Nour Dachan: No, perché ogni cosa va valutata caso per caso. Non dobbiamo per forza schierarci da una parte o dall?altra; appoggiare a tutti i costi, ostacolare a tutti i costi. Non è questa la soluzione. Nel gergo medico, l?intelligenza viene definita ?lo spirito dell?adattamento?. Adattare una classe alle esigenze degli studenti è positivo. Non chiudiamoci a compartimenti stagni. Vita: Dunque tutto questo parlare attorno al ?caso Agnesi?… Nour Dachan: ?rischia di creare un clima di tensione. Cerchiamo, per favore, di limitarlo, almeno noi che ci sentiamo moderati. Io ho nove figli che sono andati tutti a scuola. Ho un nipote, la mia terza generazione, che frequenta la prima elementare. Qual è il problema? Vita: E se una famiglia non vuole mandare i propri figli in una scuola italiana? Nour Dachan: Magari non li manderanno per un anno, due. Poi lo faranno. Tutto ha bisogno di tempo. Un atto d?amore fatto con gentilezza si chiama amore, se è indotto con la forza, si chiama stupro. Diamo a tutte le cose un po? di tempo, gentilezza. Educhiamo questi genitori. È questo il metodo: parlare con le persone con dolcezza, col linguaggio di uno sguardo. È diverso dal sentenziare: questo genitore non ha mandato il figlio a scuola, quindi è cattivo.

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