Innovazione
Alzheimer: appello alla cautela sul nuovo farmaco
Infine, è arrivato il parere positivo del Comitato per i medicinali a uso umano. Ora serve una diffusa consapevolezza sui rischi e benefici, una corretta individuazione del pazienti candidabili al trattamento e un'urgente organizzazione dei centri per il monitoraggio post-somministrazione. Il commento di Federazione Alzheimer Italia
Il farmaco Lecanemab, anticorpo monoclonale già approvato in alcuni paesi, ma non in altri, per rallentare il decadimento cognitivo della malattia di Alzheimer in fase iniziale, ha avuto l’ok dal Comitato per i medicinali a uso umano Chmp dell’agenzia europea per i medicinali Ema, che ha riesaminato il parere negativo di qualche mese fa. In caso di approvazione, è urgente affrontare fin d’ora alcune questioni molto urgenti legate alla corretta comunicazione sulla reale efficacia del farmaco, sul quale pesano forti effetti collaterali, e l’esatta individuazione dei pazienti candidabili al trattamento, una minoranza.
«Ci uniamo al nostro partner internazionale Alzheimer Europe nell’accogliere la notizia con favore: è indubbiamente positivo avere a disposizione una nuova possibilità di cura contro l’Alzheimer. Si tratta di un progresso importante nella ricerca che potrebbe aprire le porte allo sviluppo di nuovi trattamenti e portare così benefici a un numero sempre maggiore di persone» è il commento di Mario Possenti, segretario generale di Federazione Alzheimer Italia e vicepresidente di Alzheimer Europe. «Accanto all’ottimismo che circonda la notizia non possiamo però dimenticare i limiti di questa terapia, innanzitutto quello di essere destinato a un gruppo di beneficiari decisamente ristretto. Agendo su problemi di memoria e ragionamento legati a un deterioramento cognitivo lieve o a una demenza lieve, potrà essere somministrato solo a persone con una diagnosi di Alzheimer in una fase molto precoce; saranno esclusi inoltre i pazienti con una particolare variante genetica (ovvero più di una copia del gene ApoE4) e quelli che assumono anticoagulanti, per i quali aumenterebbe il rischio di Aria, – edemi ed emorragie cerebrali – correlati all’assunzione del farmaco».
Ci sono anche questioni, indubbiamente le più odiose, organizzative che contribuiranno a rallentare l’accesso al farmaco da parte di tutti coloro che invece potrebbero beneficiarne: «In Italia si aggiunge anche una grave mancanza che riduce ulteriormente la platea dei possibili beneficiari. Secondo un’analisi pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease, nel nostro Paese a oggi solo 47 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze sono attrezzati con apparecchiature e competenze necessarie per la somministrazione e il monitoraggio di Lecanemab: rappresentano il 10,4% del totale e sono distribuiti in modo disomogeneo, lasciando scoperte molte aree soprattutto nel sud Italia».
«Negli Stati Uniti il costo del farmaco si aggira intorno ai 26.000 dollari l’anno – prosegue Possenti – bisognerà quindi valutare anche l’impatto economico che questo farmaco potrebbe avere per le famiglie italiane. Nel Regno Unito, per esempio, Lecanemab è approvato ma non viene rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale. Come organizzazione che da oltre trent’anni si batte per i diritti delle persone con demenza, riteniamo cruciale che notizie come questa siano comunicate alle famiglie con precisione, attenzione, rispetto e senso etico. Per questo ci uniamo all’appello di Alzheimer Europe per chiedere che alle persone con demenza siano sempre garantite informazioni chiare e complete su criteri di somministrazione, prospettive di cura ed effetti collaterali di Lecanemab, per permettere loro di valutarli attentamente insieme al medico prescrittore e prendere decisioni consapevoli e informate a tutela della loro salute e qualità di vita».
Credits: Pixabay
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