Volontariato

Uranio: al via un’indagine su 1000 militari in Iraq

Lo ha annunciato oggi, dopo la notizia della morte per tumore del caporal maggiore Luca Sepe, il generale Michele Buonvito, direttore generale della Sanita' militare

di Benedetta Verrini

Dopo l’annuncio della morte di un altro militare, Luca Sepe, per un tumore probabilmente correlato all’uso di proiettili all’uranio impoverito, il ministero della Difesa annuncia che ci sara’ uno studio su 1.000 militari italiani impiegati in Iraq, per “stabilire se effettivamente esiste una relazione tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere di tumori”. Lo ha spiegato il direttore generale della Sanita’ militare, generale Michele Buonvito, in un’audizione alla commissione Difesa della Camera, annunciando che l’indagine partira’ ad agosto ed i primi risultati ci saranno dopo 18 mesi e cioe’ all’inizio del 2006. Sembra davvero troppo poco per spegnere le polemiche, che si sono riaccese oggi dopo la notizia della morte del caporale maggiore Sepe (che aveva contratto il linfoma di Hodgkin al rientro da una missione nei Balcani nel 2001). Nella sua relazione alla commissione, il generale Buonvito ha sottolineato che i risultati della Commissione Mandelli, istituita nel 2000 proprio per verificare la correlazione tra aumenti di tumori ed impiego di proiettili all’uranio impoverito, evidenziarono un aumento, statisticamente significativo, dei tassi di incidenza dei linfomi di Hodgkin, ma anche l’impossibilita’ a pervenire ad una conferma scientifica di un possibile rapporto causale tra questo incremento e l’esposizione all’uranio impoverito disperso nell’ambiente in conseguenza dell’impiego di munizioni nei teatri operativi balcanici. Lo studio che partira’ tra breve, ha sottolineato il direttore generale della Sanita’ militare, consentira’ in meno di 10 anni di avere una risposta ”inequivocabile” sui possibili legami tra esposizione all’uranio impoverito ed aumento dell’incidenza dei tumori. La principale innovazione di questo studio, ha proseguito, ”consiste nella caratteristica prospettica e seriale della ricerca, in base alla quale per ogni militare sottoposto alle indagini e’ prevista l’ analisi di campioni di urine prelevati prima ed al termine dell’ impiego in area di operazione”. I 1.000 militari verranno seguiti nel tempo per stimare il rischio di incidenza di tumori legato al valore degli indici di contatto tossico osservati: saranno prelevati campioni di urina, sangue, capelli. Su urine e siero saranno determinate le concentrazioni di elementi potenzialmente tossici (uranio, arsenico, cadmio, ecc.), mediante metodi estremamente sensibili e sofisticati, capaci di individuare anche limitate esposizioni a fonti inquinanti e, attraverso i capelli, in grado di indicare fenomeni di accumulo nel tempo degli stessi elementi. Questa, secondo il generale, ”rappresenta l’unica via in grado di raggiungere un’ottima sensibilita’ nei sottogruppi di soldati potenzialmente esposti a vari agenti genotossici ed evidenziare, in un ragionevolmente breve intervallo di anni, l’esistenza di importanti incrementi nel rischio di tumore”.


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