Famiglia

Nidi, così Giorgetti ha messo una pietra tombale sulle ambizioni del Pnrr

Nascosto in una tabella allegata al Piano Strutturale e di Bilancio di Medio Termine inviato recentemente a Bruxelles, il Governo italiano a sorpresa ha scritto che per i nidi ci accontentiamo di una copertura del 15% a livello regionale. Peccato che sia il Pnrr sia i Lep dicano altro...

di Sara De Carli

bambini che giocano al nido

In quel 15% c’è «la pietra tombale» rispetto all’ambizione del Pnrr di accorciare le disuguaglianze territoriali nei servizi per la prima infanzia, in nome dei diritti dei bambini. Per evitarlo, ci sono solo due opzioni ed entrambe hanno a che fare «solo con la speranza»: sperare che sia una «svista del Governo italiano» (e che quindi arrivi una correzione) oppure sperare che Bruxelles «legga con così tanta attenzione e puntiglio i documenti» che l’Italia ha inviato, compresi gli allegati e le righe scritte in piccolo, «da accorgersene». Emmanuele Pavolini, ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro alla Statale di Milano, commenta così il fatto che nella tavola A VI.4 del Piano Strutturale e di Bilancio di Medio Termine inviato recentemente dal Governo italiano a Bruxelles, a sorpresa, ci sia scritto che a livello regionale nei nidi ci accontentiamo di avere una copertura del 15%. Una novità denunciata nelle scorse settimane dalla Rete EducAzioni e di cui abbiamo già parlato nella newsletter “Dire, fare, baciare” (leggi qui).

Il 15% è meno della metà di quel 33% che l’Europa aveva indicato come target da raggiungere entro il 2010 e a cui stiamo finalmente arrivando con quindici anni di ritardo (un po’ perché abbiamo creato nuovi posti e un po’ semplicemente per effetto del calo demografico) e un terzo del nuovo target del 45% che dovremmo raggiungere entro il 2030.

Come evidenzia il XV Atlante dell’Infanzia di Save the Children (vedi i grafici sotto), dal titolo “Un due tre…Stella. I primi anni di vita”, oggi meno di un bambino su tre dagli 0 ai 2 anni trova posto in un asilo nido, ma con i progetti Pnrr i posti dovrebbero raggiungere a livello di media nazionale una copertura del 41,3%, avvicinandosi all’obiettivo europeo del 45% per il 2030. Campania e Sicilia attualmente hanno il tasso di copertura più basso d’Italia (rispettivamente del 13,2% e del 13,9%) e in base alle stime sui progetti in corso, nemmeno con la progettazione del Pnrr riuscirebbero a raggiungere il 33%. Quel 15% comparso nelle tabelle ha colto tutti di sorpresa.

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Professor Pavolini, qual è il senso di abbassare al 15% l’obiettivo di copertura regionale, che è stato messo nero su bianco dal Governo italiano?

Francamente io continuo a sperare che sia una svista, lo dico seriamente ma con preoccupazione. Abbiamo chiesto chiarimenti, ma non abbiamo ancora ricevuto risposte. Nel testo principale non se ne fa menzione e si introduce un criterio che altrove non c’è. Se non fosse una svista, sarebbe gravissimo, perché per legge è previsto un Livello Essenziale delle Prestazioni (LEP) che garantisce che in ogni comune o ambito – non in ogni regione – ci sia una copertura del 33% entro il 2027. Significa che in ogni Comune va garantito un posto in un nido o in un altro servizio per il 33% dei bambini e delle bambine sotto i 3 anni. Parlo della Legge di Bilancio 2022, la n. 234/2021. Passare da questo obiettivo dichiarato a un obiettivo così minimale del 15% a livello regionale, sapendo peraltro che mettendo insieme l’offerta di servizi pubblici, privati e del privato sociale questa copertura è stata già raggiunta pressoché in tutte le regioni… se non è un errore significa solo una cosa, che si è scelto di disinvestire rispetto agli impegni del Pnrr. Politicamente ci diranno che l’obiettivo è stato raggiunto e che siamo stati bravi. Peccato che l’obiettivo sia infimo.

Se non fosse una svista, sarebbe gravissimo, perché per legge è previsto un Livello Essenziale delle Prestazioni che garantisce che in ogni comune o ambito – non in ogni regione – ci sia una copertura del 33% entro il 2027

Emanuele Pavolini

Ma gli impegni presi, che dovrebbero portare la copertura al 41%, possono essere ritrattati così facilmente?

Questo ce lo dirà Bruxelles. Lo abbiamo scritto nella tabella di un allegato di un annesso… senza farne menzione nel testo principale: bisogna solo sperare che leggano attentamente tutto il documento e che chi lo legge non sia d’accordo a non farlo rilevare. È una partita complessa. Diciamo che il segnale è veramente brutto, perché per come sono oggi i numeri significa lasciare indietro il Sud e le aree interne. La verità è che in questo momento le cose sono ancora più complicate e che potrebbe esserci il problema di “chi” difende questo pezzo di Pnrr: i nidi infatti sono passati solo recentemente dall’essere di competenza del ministero del Lavoro e delle politiche sociali all’essere di competenza del ministero dell’Istruzione, ma quest’ultimo sta ancora in fase di “metabolizzazione” dei nidi come servizio educativo e quindi non so quanto sarà pronto a dare battaglia. Il ministero della Natalità e della Famiglia si sta indirizzando verso altre tematiche, siamo in fase di tagli su tutto… La mia preoccupazione personale è che non ci sarà nessuno a difendere con forza la misura.

Ancora il 4 novembre però il ministro Valditara ha firmato un nuovo decreto per finanziare ulteriori 64 asili nido, nell’ambito del Pnrr, per un importo pari a 40,8 milioni di euro, di cui il 55% è destinato ai comuni delle regioni del Mezzogiorno. «Investire negli asili nido è una scelta strategica per il futuro del nostro Paese. Ogni risorsa residua viene immediatamente reinvestita per creare nuovi posti nella fascia 0-2 anni, affinché si migliori l’offerta educativa sin dalla prima infanzia e si garantiscano a tutti i bambini, al di là dei territori di appartenenza, le stesse opportunità», ha detto.

Il Pnrr va avanti, però non sappiamo nulla sul “come”. Non ci sono informazioni sostanziali che ci dicono quello che sta accadendo. I darti sui vari siti del governo e dei ministeri ci dicono che dal punto di vista dei processi, questi sono in atto ma da punto di vista sostanziale, per esempio di quanti cantieri siano avviati o quanti nidi siano stati costruiti non sappiamo nulla. È chiaro che i processi sono lunghi, che ci vogliono anni, è irragionevole pensare che i lavori siano già terminati, ma anche sapere dove ci sono stati dei problemi sarebbe utile. Su numeri così grandi fa strano pensare che non ci sia nessun Comune che si sia fermato, nessuno che abbia avuto problemi di appalti… Al di là del taglio delle risorse fatto l’anno scorso, noi non sappiamo se ci troveremo davvero tutti i nidi previsti dopo la rimodulazione o se ci sono state criticità in una percentuale x tale per cui i posti saranno meno. È un dato assente, che non abbiamo. Eppure i Comuni una qualche informazione sullo stato di avanzamento dei lavori la manderanno… Uno degli elementi più interessanti del Pnrr era un modo diverso di agire nella Pubblica amministrazione, che si basa su programmazione ex ante, valutazione in itinere e feedback per capire cosa non ha funzionato: il Pnrr spingeva molto sulla valutazione in itinere e sull’autovalutazione. Abbiamo deciso di mettere molti soldi sui nidi, è un processo con una governance complessa, sta dando i risultati attesi? Di questa operazione non siamo in grado dall’esterno di dire nulla.

Al di là del taglio delle risorse fatto l’anno scorso, noi non sappiamo se ci troveremo davvero tutti i nidi previsti dopo la rimodulazione o se ci sono state criticità in una percentuale “x” tale per cui i posti saranno meno


A lungo, nel momento in cui il Pnrr è stato scritto, abbiamo detto che costruire i nidi non bastava, che bisognava garantire anche le risorse per la gestione ordinaria dei nidi.

Due leggi di stabilità, quella per il 2021 e per il 2022 hanno previsto un’allocazione di risorse destinate alla copertura dei costsi di gestione per i comuni che aumentavano la copertura di posti nei nidi. Ora, è chiaro che se la copertura prevista scende al 15% è chiaro che anche l’esborso necessario per i costi di gestione cala.


Ma ormai i Comuni che hanno aderito ai bandi del Pnrr saranno partiti…

È il problema che segnalavo prima. Un Comune può aver deliberato la costruzione di un nuovo nido e indetto la gara… ma poi gli intoppi possono essere tantissimi e noi non abbiamo dati per capire quanti progetti sono andati avanti davvero e quanti invece si sono arenati. Se come sindaco sono in difficoltà con quella progettualità e leggo che ora a livello regionale basta avere una copertura del 15%, perché devo andare avanti? Mi posso accontentare di quel che avevo o di realizzare una minima parte del nuovo che avevo ipotizzato. Solo un’attivazione forte dei cittadini per pretendere la realizzazione del progetto potrebbe fare la differenza: ma non è detto che ci sia ovunque.

La mancanza di educatori è il problema più grande. Abbassare l’asticella al 15% è una soluzione: con così pochi posti nei nidi, non avremo bisogno di troppi educatori. Lo dico con amara ironia, ovviamente

L’altro nodo è la mancanza di educatori che nei nidi dovrebbero lavorare.

È il problema più grande e in Italia, diversamente da quel che accade in altri Paesi, preoccupa il fatto che non c’è ancora un tavolo serio di riflessione su come affrontare la mancanza di educatori e insegnanti. Nei nidi lavora una fetta non indifferente di educatori che non hanno la laurea richiesta, le regioni si stanno organizzando per trasformare gli anni di esperienza in un “simil titolo”. Nei nidi, diversamente che in altri settori, chi entra tende a rimanere: il problema è che è estremamente difficile attrarre nuove persone. È un tema che riguarda tanti Paesi, non solo l’Italia, ma gli altri stanno cercando una modalità, hanno creato tavoli di lavoro con fra ministeri, regioni, università, privato sociale che gestisce i servizi… noi su questo siamo ancora indietro. Abbassare l’asticella al 15% è una soluzione: con così pochi posti nei nidi, non avremo bisogno di troppi educatori. Lo dico con amara ironia, ovviamente. Le ripeto, se il 15% fosse vero sarebbe la pietra tombale rispetto all’ambizione del Pnrr di accorciare le disuguaglianze territoriali nei servizi e nei diritti dei bambini. Siamo partiti dicendo che avremmo allocato più della metà delle risorse al Sud per accorciare il divario e siamo arrivati a dire che ci accontentiamo di una copertura del 15%, sapendo che il Nord viaggia già tra il 30% e il 40%.  Significa lasciare il Sud a se stesso e alla buona volontà dei singoli sindaci.

Foto di SAULO LEITE, Pexels

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