Libri
Corlazzoli, il maestro che si è fatto discepolo
L'insegnante che si definisce "ateo in cammino" ha trascorso un periodo ospite della comunità dei monaci di Cellole in Toscana. Ne è nato un diario, in cui l'autore ha perso immagine e maschere del mondo e ha ricominciato a vivere. La recensione
Alex Corlazzoli è tornato a “imparare”, come scrive. Capita solo ai migliori maestri (e lui lo è, come ho raccontato in questo episodio di “Maestre e maestri d’Italia”, il podcast sull’educazione realizzato per VITA con Choramedia). In questo suo ultimo libro, Diario da un monastero, sottotitolo Parole di un ateo in cammino, edizioni EDB, Corlazzoli si è infatti davvero fatto discepolo. Non di una fede, di una pratica o di una regola. Ma di una famiglia allargata: quella dei monaci di Cellole, vicino a San Gimignano, diocesi di Volterra, provincia di Siena, che lo hanno accolto. Fratelli che niente hanno chiesto e voluto, se non che lui almeno per qualche tempo diventasse uno di loro. Gli amici si scelgono ma quando entri in un monastero non scegli degli amici. È proprio un’altra cosa. Ti ritrovi dei fratelli (così come sono, nel bene e nel male, con pregi e difetti, come i fratelli carnali che ti ritrovi in famiglia). Lui, Corlazzoli, nei ringraziamenti finali scrive: «Non esiste nel dizionario un sostantivo che possa descrivere la fratellanza nata tra me e loro». Un’esperienza unica, che per questo “ateo in cammino”, come il nostro maestro si definisce, è stata come una folgorazione.
Alex ha avuto un merito enorme, accettando quasi implicitamente una condizione per così dire intrinseca del monachesimo: si è spogliato. Come lui scrive: «Il primo giorno in monastero ho pianto». Si è tolto i vestiti della sua professione meravigliosa di educatore (e della sua penna da brillante giornalista) ed è rimasto nudo. Ha perso immagine e maschere del mondo, smartphone e distrazioni. E ha ricominciato a vivere. È nato una seconda volta, anche se temporaneamente. Ritrovando tutti i suoi desideri più veri, che non sono affatto spariti, compreso quello sessuale. Lo si capisce bene leggendo questo diario che, passo dopo passo, ci riporta alla scoperta/riscoperta delle cose più semplici della vita: il tempo, il silenzio, le pietre, l’orto e la vegetazione, persino gli animali. Che siano gli uccelli del cielo o la splendida Sincletica, la gatta adottata dai monaci, vera sovrana del monastero, che ha il nome di una donna eremita del IV secolo, da Alessandria d’Egitto. Anche se il suo vero nome, come dice il poeta TS Eliot, lo conosce solo lei.
Fra queste cose concrete riscoperte da Corlazzoli c’è anche la preghiera e attraverso di essa entra, di colpo, il mondo. Andate a leggervi questo capitoletto del libro. Il diario infatti è, prima e dopo, dedicato alle cose quotidiane, minime, della vita, riassaporate una per una, come in un catalogo. Ma invece qui irrompe l’attualità: come se, guardando in alto, lo sguardo si sollevasse e diventasse planetario. Ecco: “Israele, la Striscia di Gaza, l’Ucraina, la Russia, il Sudan, la Nigeria, la Somalia… (…) i cristiani perseguitati in Cina, in Myanmar, in Vietnam… le donne in Iran, la situazione in Afghanistan”. La Terra arriva tutta e con intensità in quel Monastero attraverso la magia della domanda a Dio e della sua Parola. I monaci non sono “soli insieme”, come capita ormai sempre di più nella nostra società, sono davvero una comunità.
Lo spiega con grande fascino Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, nella bella prefazione a questo Diario. «I monaci», scrive Bianchi, «vogliono essere una memoria della communitas, un antidoto alle forze centrifughe, disgreganti, individualistiche. Tutto è per loro comune, e la stessa personalità del singolo non deve diventare singolarità contro o senza gli altri». Detto così, essere monaci è davvero una missione controvento, controcorrente: il mondo è malatissimo di solitudine e anche la Chiesa italiana, come sostiene una recente indagine del Censis, soffre di una “fede individuale”. Dunque, la loro centenaria lezione è quanto mai cruciale e necessaria.
Alex Corlazzoli è un maestro. Un maestro che è andato, lo possiamo ben dire, a scuola di comunità. Non lasciatevi sfuggire il suo Diario.
Foto apertura: pagina Facebook di Alex Corlazzoli
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.