Non profit
Quelle fondazioni, piccole e battagliere
Numericamente sono la maggioranza. Hanno patrimoni inferiori ai 200 milioni di euro.
Si sono battute in questi anni come leoni. Come, se non di più delle blasonate ?sorelle maggiori?. Le piccole fondazioni di origine bancaria, infatti, hanno saputo tener duro per preservare la propria autonomia, libertà di intervento, per mantenere stretto il legame con il territorio evitando dannose interferenze politiche, per poter continuare a detenere pacchetti azionari di rilievo nelle casse di risparmio partecipate. E oggi che i frutti si vedono, che la battaglia tra fondazioni e governo è stata vinta più o meno su tutti i fronti (a parte, forse, quella della Cassa depositi e prestiti) si apre un nuovo capitolo nella loro, finora piuttosto ?anonima?, esistenza.
Già, perché delle piccole fondazioni di origine bancaria (quelle con un patrimonio inferiore ai 200 milioni di euro), che pure rappresentano, per numero, la maggioranza del sistema fondazioni (55 su 89) si conosce piuttosto poco: come operano? Come interpretano il mandato che la Consulta assegna alle fondazioni di essere «soggetti organizzatori delle libertà sociali»? Cosa possono fare che alle grandi è precluso? Insomma, hanno di fronte un futuro da protagoniste o da comparse nella società civile italiana?
«Senza dubbio da protagoniste», rompe il silenzio Antonio Miglio, presidente della Fondazione di Fossano e del Comitato piccole fondazioni dell?Acri, anticipando in esclusiva a Vita le sue strategie «e lo dimostra proprio l?esistenza del comitato che presiedo. Fui proprio io nel 2000, al congresso di Torino, a proporre all?Acri di dar vita a un comitato delle piccole fondazioni sulla stessa falsariga di quanto esiste nell?ambito, per esempio, di Confindustria dove c?è un organismo dedicato alle piccole imprese. Un comitato che fino alla fine del 2003 si è battuto affinché i piccoli enti fossero esclusi dall?obbligo di dover dismettere la maggioranza azionaria delle banche partecipate».
Perché è stata così importante questa battaglia? «Perché stiamo parlando di piccole casse», spiega Miglio, «nate con il duplice scopo di prestare attenzione al risparmio delle famiglie e alla piccola impresa, ma anche di fare in modo che lo sviluppo del territorio non tagliasse fuori le fasce sociali più disagiate. Noi siamo convinti che questo tipo di banca rappresenti un importante baluardo per il mantenimento della propria identità, un?identità che si ritrova nelle piccole fondazioni». «Queste», aggiunge, «operando su un territorio ristretto, sono a contatto con la comunità, c?è un dialogo continuo tra ente e popolazione e ciò fa sì che il nostro ruolo venga in un certo senso assimilato a quello dell?ente locale. D?altronde la fondazione, non di rado, individua assieme al Comune i problemi da risolvere e ne imposta, in collaborazione, la soluzione. I cittadini possono rivolgersi direttamente a noi senza dover approntare particolari pratiche per ottenere un finanziamento perché sanno che noi conosciamo a fondo il territorio e questo crea un grande clima di fiducia». «Un clima», conclude il presidente, «che ci porta a interpretare il ruolo di ?soggetti organizzatori delle libertà sociali? come a un ruolo di consulenti, di soggetti che sanno sollecitare, consigliare, mediare, intervenire, sempre nell?interesse della collettività».
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