Chiesa & clima
Quelle 570 organizzazioni religiose che hanno detto addio ai fossil
Mentre a Baku, in Azerbaijan, è in corso la 29esima Conferenza sul clima, 27 istituzioni religiose - tra cui i primi impegni di due diocesi cattoliche in Francia - annunciano il loro disinvestimento dalle aziende produttrici di combustibili quali petrolio, carbone e gas naturale. Realtà quali il Movimento Laudato si’ definiscono un imperativo morale evitare impatti sul clima, sulla biodiversità e sull’umanità
Sono ben 27 le istituzioni religiose che hanno annunciato il loro disinvestimento dalle aziende produttrici di combustibili fossili, inviando un segnale forte ai negoziatori del vertice delle Nazioni Unite sul clima in corso in Azerbaigian: i combustibili fossili sono moralmente inaccettabili, dato l’impatto negativo dell’estrazione e della combustione dei combustibili fossili sul clima, sulla biodiversità e sui diritti umani.
Mentre le emissioni di gas a effetto serra si accumulano più velocemente che in qualsiasi altro momento della storia dell’umanità e gli eventi climatici estremi come le inondazioni mortali del mese scorso in Spagna diventano sempre più comuni, i leader religiosi – si legge in una nota – sono profondamente preoccupati per i continui investimenti delle compagnie di combustibili fossili e per i piani di espansione della produzione, soprattutto quando esiste un’energia più pulita, più economica e più abbondante sotto forma di energia solare ed eolica.
Si ricorda che la BP ha abbandonato l’obiettivo di ridurre la produzione di petrolio, mentre la Shell ha indebolito i suoi obiettivi di emissioni. Queste azioni evidenziano l’impegno miope e pericoloso dell’industria a raddoppiare l’inquinamento da gas serra che danneggia il creato e tutti coloro che lo condividono.
Nel corso di dieci anni di campagne sul clima basate sulla fede, più di 570 istituzioni religiose di tutto il mondo si sono impegnate a disinvestire dai combustibili fossili, tra cui gli Organismi Nazionali di Investimento della Chiesa d’Inghilterra, i Gesuiti in Gran Bretagna, Canada, Australia e Provincia Euromediterranea, la Chiesa di Svezia e la Chiesa Anglicana dell’Africa del Sud.
L’elenco odierno delle istituzioni che hanno deciso di disinvestire comprende undici diocesi cattoliche (otto in Italia, due in Francia e una in Irlanda), nove ordini religiosi cattolici, due diocesi della Chiesa d’Inghilterra, un’università Cattolica in Canada e le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani – Acli (l’elenco completo si trova qui).
Il caso francese
Per la prima volta, diocesi cattoliche francesi stanno abbandonando gli investimenti nei combustibili fossili e incoraggiano i membri della Chiesa a fare lo stesso. La loro azione va in contrasto con le azioni del gigante petrolifero francese TotalEnergies, che sta costruendo un oleodotto riscaldato per il greggio attraverso l’Uganda e la Tanzania che ridurrebbe le possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, un obiettivo dell’Accordo di Parigi. L’oleodotto, inoltre, metterebbe in pericolo le comunità vulnerabili e gli habitat critici della fauna selvatica ed è ampiamente visto come una continuazione di pratiche estrattive, con la maggior parte dei profitti destinati al più ricco Nord del mondo.
L’impegno delle diocesi italiane
In Italia, oltre alle Acli, sono otto le diocesi che annunciano il loro disinvestimento, ad annunciare questa azione sono: Mons. Gianrico Ruzza, Vescovo della Diocesi Porto Santa Rufina (in cui è situato l’aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino) che è anche membro della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei e membro del Comitato scientifico ed organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici italiani; Mons. Derio Olivero, Vescovo della Diocesi di Pinerolo, presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo; l’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, la Diocesi di Cuneo-Fossano. Annuncia il disinvestimento anche Mons. Giampaolo Dianin, Vescovo della Diocesi di Chioggia, che ha riportato all’attenzione il problema delle trivellazioni nel mare Adriatico.
Partecipano all’annuncio anche realtà rinomate per la bellezza culturale e naturale dei loro territori e impegnate nella lotta alle mafie ed ecomafie in Calabria e Sicilia: la Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea con il Vescovo Mons. Attilio Nostro, la Diocesi di Diocesi Locri – Gerace con il Vescovo Mons. Francesco Oliva ed il Santuario della Madonna di Polsi con il Rettore Don Antonio Saraco, la Diocesi di Acireale con il Vescovo Mons. Antonino Raspanti, presidente della Conferenza episcopale siciliana.
I leader religiosi e la fine dell’era fossile
Nelle diverse parti del mondo, leader religiosi, da Papa Francesco all’Arcivescovo di Canterbury, dal Comitato Mondiale degli Amici per la Consultazione al Consiglio Mondiale delle Chiese, hanno chiesto la fine dell’era dei combustibili fossili e una giusta transizione verso un’economia basata sull’energia pulita; molti gruppi e leader religiosi di spicco hanno appoggiato il Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili.
Tuttavia, – continua la nota – le ragioni per cui gli investitori dovrebbero ritirare i loro soldi dai combustibili fossili e investire in soluzioni climatiche non sono solo etiche, ma anche finanziarie: l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che l’uso dei combustibili fossili raggiungerà il picco prima del 2030, per poi cadere in un declino inevitabile.
L’invito a ritirare gli investimenti
Le istituzioni religiose gestiscono complessivamente 3mila miliardi di dollari di investimenti a livello globale e, allineando i loro valori ai loro investimenti, hanno disinvestito dai combustibili fossili più di qualsiasi altro settore.
Sia il Vaticano sia il Consiglio Mondiale delle Chiese hanno invitato i gruppi religiosi a ritirare i loro soldi dalle aziende che producono combustibili fossili – secondo alcune stime, le aziende che producono combustibili fossili spendono in media solo il 5% del capitale investito in energie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio – e a investire invece in soluzioni climatiche.
In 10 anni, più di 1.600 istituzioni di tutti i settori, con un patrimonio complessivo di oltre 40mila miliardi di dollari, hanno assunto una qualche forma di impegno di disinvestimento dai combustibili fossili, da un punto di partenza di 50 miliardi di dollari nel 2014.
Oltre al disinvestimento, le comunità religiose chiedono anche ai governi e alle banche di eliminare gradualmente il loro sostegno ai combustibili fossili e di aumentare gli investimenti nell’energia pulita, con un numero maggiore di gruppi religiosi che investono essi stessi in soluzioni climatiche.
Un segnale forte alla Cop29
L’abbandono dei combustibili fossili da parte delle istituzioni religiose – sottolinea la nota – invia un segnale forte ai governi nazionali in occasione della Cop29, i negoziati sul clima promossi dalle Nazioni Unite.
Nelle 28 sessioni precedenti, che spesso sono state pesantemente influenzate dagli Stati petroliferi e dalle aziende produttrici di combustibili fossili, i leader globali si sono pronunciati pubblicamente, senza però riuscire a invertire la rotta delle emissioni. Le dichiarazioni finali della Cop hanno anche regolarmente omesso di chiedere una rapida transizione dai combustibili fossili, che sono la causa principale del riscaldamento globale e del caos climatico.
«L’Italia in questo annuncio ha un ruolo importantissimo con dieci istituzioni che hanno disinvestito, di cui otto vescovi», commenta Cecilia Dall’Oglio, responsabile dei programmi in Italia del Movimento Laudato Si’. «È significativo come tutti siano impegnati nelle proprio diocesi nelle formazione ed educazione all’ecologia integrale (come il giardino della Speranza Laudato si’ all’interno dell’episcopio del Mileto, dedicato alla memoria del giudice Livatino), molti anche nelle Comunità Energetiche Rinnovabili ed alcuni di loro abbiano anche ruoli molto rilevanti a livello regionale e di Cei, a conferma di quanto nella Chiesa Italiana sia crescente la partecipazione verso la transizione fuori dai combustibili fossili alla luce anche della Settimana Sociale di Trieste e, prima, di quella di Taranto».
Dall’Oglio aggiunge: «Non c’è più tempo e, le Acli, con questa decisione testimoniano, nei fatti e non a parole, la propria determinazione nel chiedere provvedimenti urgenti verso le energie rinnovabili (solare, eolica e idroelettrico) in sostituzione di quelle fossili, come il papa ha detto loro in Udienza lo scorso 1 giugno per il loro 80° anniversario: “In particolare, a fronte di visioni culturali che rischiano di annullare la bellezza della dignità umana e di lacerare la società, vi invito a coltivare «un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Lett. enc. Fratelli tutti, 6). È il sogno di San Francesco di Assisi e di tanti altri santi, di tanti cristiani, di tanti credenti di ogni fede. Fratelli e sorelle, sia anche il vostro sogno!”».
L’appello per una nuova energia
E conclude: «Lanciammo due anni fa con Azione Cattolica Italiana e altre realtà l’Appello della “Campagna Italiana di Disinvestimento Cattolico dalle Fonti Fossili per un’Economia di Pace”, entrando nella stagione invernale con il cuore stretto ai nostri fratelli e sorelle al freddo in Ucraina. Oggi, sentiamo ancora maggiormente di rilanciare con questo annuncio odierno un’economia di pace e una finanza sostenibile che davvero dia nuova energia e speranza».
In apertura photo Anton Simons, CC BY 2.0 DE
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