La coscienza? Per Federico Faggin è la chiave per svelare i misteri del mondo. Lui, padre delle prime quattro generazioni di microprocessori, tra i fondatori della Synaptics, azienda pioniera nello studio della tecnologia touch screen,soprattutto il padre delle i suoi 83 anni il prossimo 1 dicembre li porta con una tale leggerezza che fa dimenticare la portata delle sue scoperte, base per la produzione dei moderni circuiti integrati, elementi essenziali per la digitalizzazione dell’informazione. Ma è solo un attimo perchè, quando comincia a parlare ai 1200 giovani che sono accorsi per ascoltarlo in un tempio dell’arte come il Teatro Massimo di Palermo, il tempo si ferma. Soprattutto quando racconta il momento in cui comincia a interrogarsi sulla natura della coscienza e della materia come non aveva mai fatto in vita sua.
Lo scientismo ci dice che la realtà è fuori di noi ma, se si va fuori di sè, si perde se stessi. Dobbiamo, invece, bilanciare l’interiorità con l’esteriorità, la realtà con i simboli
Federico Faggin, fisico
Era il 1991 e 20 anni dopo Federico Faggin darà vita alla Federico ed Elvia Faggin Foundation, organizzazione no profit che promuove studi scientifici, sostenendo diversi programmi presso le università e gli istituti di ricerca per favorire proprio la comprensione della coscienza.
«Ero a un punto della mia vita, intorno ai 45 anni – racconta Federico Faggin – in cui non ero contento di me stesso. Avevo fatto tutto quello che il mondo dice che è necessario fare per raggiungere obiettivi che ti dovrebbero dare la felicità, ma felice certo non ero. E questo, nonostante avessi una famiglia bellissima e sanissima, più soldi di quelli che mi servivano, enorme e indiscusso successo professionale. Traguardi peraltro tagliati prima dei 40 anni. Mi chiedevo da dove arrivasse questa mancanza di felicità, cosa mancava alla mia vita».
Una notte di Natale che squarcia i veli e rivela un’altra realtà
Era una notte durante le vacanze di Natale, mi trovavo con la famiglia nella mia casa al lago e a mezzanotte mi sveglio per andare a prendere un bicchiere d’acqua, quindi torno a letto. Mentre sto cercando di riaddormentarmi, improvvisamente sento e vedo uscire dal petto un’ energia fisica, una sensazione molto concreta, non un pensiero, un’immagine. Un fascio di energia potente che sgorgava con forza dal mio corpo. Una sensazione di gioia, di amore, così potente che non avevo mai provato nella mia vita, neanche lontanamente vicino all’amore che nutrivo per le persone più care. Improvvisamente mi sentivo a casa mia. Dopo poco ho capito che nella mia mente non ero mai stato dove dovevo essere, ero sempre da un’altra parte. In quel momento le mie cellule erano entrate in sintonia con lo scintillio che vedevo nella luce bianca che mi aveva invaso. Quel giorno sperimentai me stesso come il mondo che osserva se stesso con il mio punto di vista. Ero sia l’osservatore sia l’osservato. Non ero più un corpo separato dal mondo, a differenza di come avevo sempre pensato. Ero, invece, un punto di vista del Tutto con cui il Tutto può conoscere se stesso.
La coscienza, dunque, quale esperienza senziente e percettiva di sensazioni e sentimenti. Come spiegare tutto questo ai più giovani?
Quello che deve passare ai nostri ragazzi è che non siamo macchine. Il messaggio da lanciare loro in maniera diretta e non subdola, come invece si tende a fare sin da quando nascono, è che devono curare l’aspetto interiore, quello che loro stessi chiamano anima. Non seguire, quindi, lo scientismo, quella perversione della scienza che pretende di conoscere, mentre invece dice tutt’altro, spesso mentendo.
Quanto, ogni aspetto della nostra vita, è connesso?
C’è connessione in ogni momento della nostra vita perché la vicinanza implica connessione. Le particelle elementari sono stati dei campi quantistici e non si possono separare. Ma le particelle non sono palline perchè sono come le onde del mare che fanno parte del mare. È tutto un insieme. La totalità di ciò che esiste è olistico, non è fatto di parti separabili, è tutto intercompreso e interconnesso all’interno di un “Uno”. Lo scientismo separa, lo scientismo è un’altra parola per dire che il materialismo e il riduzionismo dominano il pensiero odierno. Pensiero che va gettato via perché è quello che ci riduce macchine che, qualcuno più scaltro di noi, ci vuole fare credere che ci possano superare. Vorrebbero usarle, le macchine, per schiavizzarci e schiacciarci, per monetizzarci e farci fare quello che vogliono loro. È importante che lo capiscano i ragazzi perché la coscienza è quella che ci permette di diventare ciò che esperiamo. Basta pensare a un bambino che gioca a un videogioco dove manipola un Avatar. Se il gioco è fatto bene, si infervorerà talmente tanto che crederà di essere solo per 10 minuti di essere l’Avatar. Si dimenticherà di essere molto di più e rimarrà intrappolato. La coscienza, però, è talmente potente che, quando il corpo muore, si accorge che non era il corpo, invece noi oggi lo pensiamo di essere solo fisicità.
Ma quale speranza possiamo nutrire per un futuro diverso da consegnare ai nostri giovani?
Noi abbiamo la capacità di esperire tutto questo direttamente. Io ho avuto l’esperienza del risveglio che mi ha permesso di capire queste cose attraverso l’esperienza vissuta in cui io non ero più quello che pensavo di essere. Poi ho avuto altre esperienze nella mia vita, ma quella mi ha aperto uno spiraglio, mi hanno fatto capire che lo scientismo non poteva essere valido perché la mia coscienza era dappertutto. Quello che dico è che, se la coscienza è un fenomeno del cervello, o addirittura un epifenomeno del cervello, tu credi di avere deciso, ma è il cervello che ha deciso per te, informa la tua coscienza e la tua coscienza ti fa credere di aver deciso lei.
Quanta consapevolezza ci vuole per avere compreso tutto questo?
Direi che ci vuole inconsapevolezza per capire che è una forma di inganno quella che uno fa se stesso per poter continuare a dominare.
Ci sono delle differenze tra il modo di avvicinarsi a questo mondo in Europa e in America?
In Italia, per esempio, c’è una cultura filosofica umanistica di base che è molto più forte, mentre in America, a meno che uno non sia interessato a studiare storia dell’arte, filosofia, latino e greco, c’è una forma di istruzione e non di educazione. Educare vuol dire capire come funziona il mondo. Gli insegnanti devono insegnare a capire e non a istruire.
Ma Federico Faggin quando ha capito che questa sarebbe stata la missione della sua vita, la strada che avrebbe perseguito?
L’ho capito a livello profondo quando ho avuto l’esperienza del risveglio nel ’90, ma già volevo capire che cos’era la coscienza perché non era nominata neanche come parola nei testi di neuroscienza. Gli scienziati descrivevano quello che succede nel cervello, però senza mai dire che c’era una differenza tra quello che proviamo dentro di noi e quello che succede nel cervello. Un inganno, in parte inconsapevole, in parte nato dal bisogno di saperla più lunga degli altri. Una superiorità che molti scienziati vogliono avere.
Una cittadinanza, quella conferita a Federico Faggin, per avere sviluppato tecnologie che rendono la Sicilia al centro delle connessioni tra Europa, Medio Oriente e Africa
Impossibile frenare entusiasmo di un teatro vibrante degli applausi scroscianti della platea di giovani ai quali ha voluto dedicare questa giornata, organizzata da Palermo Mediterranea, business community che si pone l’obiettivo, in un Mediterraneo sempre più competitivo, centrale ed instabile, di rendere Palermo una città attraente, attrattiva, contemporanea e competitiva.
Occasione unica anche per accogliere Federico Faggin a braccia aperte, conferendogli la cittadinanza onoraria per avere contribuito, con il suo lavoro, alla rivoluzione digitale mondiale, tradotta nello sviluppo di una connettività veloce che rende Palermo la terza provincia italiana per l’assorbimento occupazionale di competenze digitali, offrendo alle grandi imprese del settore la possibilità di insediarsi sul proprio territorio.
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