Verso Cop29

Trump e i leader in fuga dagli accordi sul clima

La rielezione di Donald Trump pesa come un macigno sul vertice Onu per il clima, in programma in Azerbaijan dall'11 al 22 novembre. Ma a preoccupare è anche l'assenza di molti leader, prima tra tutti la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, proprio nel momento in cui l'Unione europea dovrebbe assumersi ancor più un ruolo di leadership per portare avanti negoziati ambiziosi e raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. Intanto negli Usa sindaci, governatori e attivisti decisi a portare avanti l'azione per il clima si stanno riattivando, come nel 2017 dopo la prima elezione di The Donald

di Elisa Cozzarini

Il negazionismo climatico torna alla Casa Bianca, con Donald Trump. A pochi giorni dall’inizio della Cop29, la Conferenza Onu sul clima che si terrà a Baku, in Azerbaijan, dall’11 al 22 novembre, l’elezione del tycoon getta un’ombra sul futuro della lotta al riscaldamento globale. In campagna elettorale, uno degli slogan era Drill, baby, drill!, una promessa e un invito a fare nuove perforazioni per l’estrazione di petrolio, la ricetta per combattere l’inflazione. Il presidente eletto, che considera “una truffa” la crisi climatica, ha annunciato che uno dei suoi primi atti sarà il ritiro degli Usa dall’Accordo di Parigi (che prevede impegni vincolanti degli Stati per mantenere a 1,5°C l’innalzamento della temperatura a fine secolo). Non solo, gli Stati Uniti potrebbero addirittura uscire dalla Convenzione quadro dell’Onu sul cambiamento climatico, di cui fanno parte dal Summit della Terra di Rio nel 1992.

L’assenza dei leader

Il tema centrale della Cop29 è la finanza climatica, con l’obiettivo di aumentare, o almeno mantenere, il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno istituito con l’Accordo di Parigi, un impegno che dovrà essere rinnovato per il 2026. Ma, secondo alcuni osservatori internazionali, senza gli Usa non sarà realizzabile, e questo farà incrinare – ulteriormente – la fiducia tra Paesi del Nord e del Sud globale, come già accaduto negli scorsi giorni alla Cop16 sulla biodiversità. In Azerbaijan, gli Usa avrebbero dovuto essere al fianco dell’Ue per spingere la Cina e gli Stati del Golfo a dare anche il loro contributo. Ora, la responsabilità della riuscita del negoziato sembra ricadere tutta sull’Unione europea.

Ma a Baku non ci sarà la presidente Ursula von der Leyen, impegnata nelle consultazioni politiche per la nuova Commissione, un gesto che il Wwf internazionale ha descritto come «deludente». Già prima delle elezioni americane, molti altri leader importanti come il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, il francese Emmanuel Macron, e lo stesso Joe Biden, avevano annunciato la loro assenza ai negoziati sul clima. Mancheranno all’appello anche i capi di Stato di Cina, Sudafrica, Giappone e Australia. L’europarlamentare socialista olandese Mohammed Chahin, vicepresidente della delegazione del Parlamento Ue, secondo quanto scrive The Guardian, ha affermato che, in seguito alla rielezione di Donald Trump, l’Ue deve assumere una leadership ancor più forte di prima, anche per controbilanciare l’uscita degli Usa dagli accordi.


L’economia rinnovabile va avanti

C’è chi pensa che la transizione energetica non si fermerà, neanche negli Stati Uniti, nonostante Trump. Il climatologo Bill Hare, a capo di Climate Analytics, ricorda che l’Inflation reduction act di Joe Biden ha messo in moto ingenti investimenti per l’azione climatica, che sarebbe politicamente impopolare bloccare. Anche se nessun repubblicano ha votato a favore della norma, infatti, sono proprio gli Stati “rossi” a beneficiarne di più, in termini di denaro e posti di lavoro.

Gli investimenti nelle rinnovabili, sottolinea Hare in un editoriale su The Guardian, dal 2015, anno dell’Accordo di Parigi, a oggi, sono cresciuti del 60%. Ogni anno quasi due trilioni di dollari vengono investiti in progetti di energia pulita, circa il doppio di quanto si spende nel fossile. Prima della pandemia il rapporto era circa di uno a uno. Solo nel 2023, gli Usa hanno aumentato di 560 gigawatt la potenza energetica rinnovabile, che corrisponde addirittura a sei volte la potenza energetica totale dell’Australia.

Usa, l’azione dal basso

Secondo l’agenzia di stampa Reuters, Stati e città degli Usa si stanno già organizzando per partecipare alla Cop29 con la US Climate Alliance, America Is All In and Climate Mayors e riempire il vuoto che lascerà il governo federale, sostenendo i Paesi che, invece, si impegneranno per il raggiungimento degli obiettivi di Parigi. Questi gruppi sono nati nel 2017, dopo l’uscita dall’Accordo di Parigi in seguito alla prima elezione di Trump. Rappresentano circa due terzi della popolazione degli Stati Uniti e detengono circa tre quarti del Pil statunitense.

In apertura Sergei Grits per Associated Press – LaPress

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