Balcani
Georgia e Moldavia, una sfida per l’Unione europea
Dei sei Paesi del Partenariato Orientale quello in cui l'opinione pubblica è più favorevole all'integrazione europea è la Georgia, con percentuali oltre l'80%. Lo scorso dicembre la repubblica caucasica ha ottenuto lo status di candidato. Da allora, però, le autorità di Tbilisi hanno adottato leggi che vanno nella direzione opposta. L'adesione della Moldavia all'Ue è passata sul filo di lana al referendum del 20 novembre mostrando una profonda spaccatura nella società del Paese dovuta anche ad una propaganda russa sotterranea estremamente insidiosa
Le recenti elezioni in Georgia e Moldavia hanno riportato sotto i riflettori, almeno per qualche giorno, gli altri Paesi che, oltre all’Ucraina, fanno da cuscinetto fra Unione europea e Federazione Russa.
Dopo il grande allargamento conclusosi nel 2007 con l’ingresso di Bulgaria e Romania, a Bruxelles hanno cominciato a interrogarsi sui limiti geopolitici del processo di ampliamento alla luce delle richieste insistenti provenienti da altri Stati del vecchio continente che, in base ai trattati, possono legittimamente presentare domanda di adesione. A quell’epoca l’integrazione dei Balcani occidentali era già in corso.
All’appello mancavano solo le sei ex repubbliche sovietiche che rappresentano un’area di vicinato sia per l’Ue che per la Russia. Fu così che nel maggio del 2009 a Praga venne lanciato il progetto di Partenariato Orientale. In quella occasione i leader dei 27 membri dell’Unione hanno offerto a quelli di Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina un processo di graduale inclusione a più livelli che si fermava a un passo dall’adesione senza citarla esplicitamente. Associazione politica. integrazione socio-economica e convergenza normativa erano i principi fondanti del quadro nel quale sviluppare e approfondire le relazioni fra le parti.
Va sottolineato che fin dagli inizi la diplomazia europea ha evitato di imporre scelte non condivise lasciando ai partner l’opzione di decidere quale fosse il tipo di rapporto bilaterale più congeniale e adatto per ciascuno di loro. Tre di questi, in particolare, hanno da subito manifestato la ferma volontà di ancorarsi stabilmente al percorso di integrazione europea rilanciando sull’adesione.
I governi di Georgia, Moldavia e Ucraina hanno chiesto e ottenuto di negoziare un accordo di associazione che di fatto li inglobava nell’area economica e politica dell’Unione. Anche l’Armenia si era mossa nella stessa direzione salvo fare bruscamente retromarcia pochi mesi prima della firma del trattato nella primavera del 2013. Non è un mistero che la Russia non abbia gradito l’iniziativa politica dell’Ue. Per Mosca si è trattato di un’invasione di campo, un’intrusione nel cortile di casa; anche dopo la fine dell’Unione Sovietica considerava le sei ex repubbliche parte essenziale di uno spazio vitale nel quale esercitare le proprie pretese imperiali, indipendentemente da quello che pensano i cittadini dei Paesi interessati.
Sono stati i diktat del Cremlino che hanno “convinto” il Governo di Erevan (capitale dell’Armenia) a interrompere il processo di avvicinamento all’Unione. Altrettanto stava per accadere con Kiev dove, però, la gente ha deciso di prendere in mano il proprio destino reagendo con la mobilitazione di massa che ha portato all’occupazione pacifica di piazza Majdan e la caduta dell’allora presidente Viktor Yanukovich.
Vale la pena ricordarlo soprattutto a chi, specialmente nel nostro Paese, insiste a giustificare l’invasione dell’Ucraina come un’azione di legittima difesa della Russia ad un presunto allargamento della Nato che non era per nulla all’ordine del giorno. Dei sei Paesi del Partenariato Orientale quello in cui l’opinione pubblica è più favorevole all’integrazione europea è di gran lunga la Georgia, con percentuali oltre l’80%. Il responso delle urne non deve trarre in inganno; il partito al Governo “Sogno Georgiano”, che ha vinto le contestate elezioni dello scorso 26 novembre, anche se è bollato dai media occidentali come filo-russo ha confermato la scelta europea del Paese. D’altronde è la stessa costituzione della Georgia che stabilisce all’articolo 78 che gli organi dello Stato devono adottare “…tutte le misure di loro competenza per garantire la piena integrazione della Georgia nell’Unione europea” . Lo scorso dicembre la repubblica caucasica ha ottenuto lo status di candidato. Da allora, però, le autorità di Tbilisi hanno adottato leggi che vanno nella direzione opposta.
L’adesione della Moldavia all’Ue è passata sul filo di lana al referendum del 20 novembre mostrando una profonda spaccatura nella società del Paese dovuta anche ad una propaganda russa sotterranea estremamente insidiosa. Maia Sandu, riconfermata ai vertici dello Stato, si trova ad affrontare una sfida impervia. Ma Georgia e Moldavia rimangono una sfida anche per l’Ue. Le promesse non bastano più. La credibilità si misura sui fatti.
Tbilisi, Georgia, (AP Photo/Zurab Tsertsvadze)
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