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Il governo presenta il Dpef 2005. Meno di così si muore

Il documento di programmazione economica sarà un banco di prova decisivo. L’agenda sociale presenta troppi conti in rosso. E anche nella maggioranza c’è chi se ne è accorto.

di Ettore Colombo

Che all?interno della maggioranza di governo vi siano due linee di scontro, più che di confronto, sulle questioni sociali ed economiche più tecniche fino alla visione complessiva del rapporto tra Stato e mercato, ormai lo sanno anche i sassi, uomo della strada e casalinga di Voghera compresi. Lega e Forza Italia (non tutta) da una parte, Udc e An (non tutta) dall?altra. In previsione, entro sabato 3 luglio, vertice di maggioranza o di quello che ne resta, dopo le accuse incrociate post ballottaggi, e definizione della manovra economica. Poi, a stretto rischio crisi, via libera a Dpef e federalismo. An sembra fare discorsi di puro sottogoverno: vuole ridimensionare i poteri di Tremonti e punta, dichiaratamente, alle deleghe sul Mezzogiorno (per Alemanno?) e alla promozione di Urso (alle Attività produttive?). Poi indica nella Lega ?l?anello debole?, oltre che dissonante, dell?alleanza. Insomma, meno Tremonti ma anche meno Bossi, come ?animal spirit? della coalizione, chiede Fini. Come a dire, Cdl cambia rotta. L?Udc prende di petto una questione che pure sembra tutta politica ma che rischia di far saltare il banco: la riforma del sistema elettorale in senso proporzionale. Preluderebbe a un ?tana liberi tutti? e forse anche a una scissione dell?asse di subgoverno An-Udc. L?Udc cioè lavorerebbe (già?) al post Berlusconi, ma soprattutto alla nascita di un nuovo centro, moderato e perbene, che sappia guardare, più che a sinistra, alla dottrina sociale della Chiesa. E che inauguri davvero una nuova stagione di dialogo sociale. Politicismi, tatticismi? Anche, ma non solo. Opposizione a una riduzione delle aliquote Irpef in soli due scaglioni, che favorirebbe di fatto i ceti medio-alti, per dire, e sgravi fiscali a partire dai redditi medio-bassi (An) e dalle famiglie (Udc), sono proposte di taglio solidaristico, come la richiesta del ritorno al metodo della concertazione. Bastano, per dare un?impronta sociale all?azione del governo? Forse, ma è lecito dubitarne. Politiche sociali serie e coerenti, Fondo per la povertà, ?livelli essenziali di assistenza? sono tutti temi espunti dall?agenda di maggioranza da quando la Casa delle libertà ha vinto le elezioni nel 2001. Tre le Finanziarie alle spalle di questo governo, una quella di cui si discute, a partire dal Dpef. Risultati, per il mondo del sociale e il Terzo settore? Nessuno. La de-tax è rimasta nel cassetto (fortunatamente). Il reddito di ultima istanza, che avrebbe dovuto prendere il posto del reddito minimo di inserimento varato dalla Turco ?in via sperimentale?, non è diventato nemmeno un esperimento. Mancanza di soldi. Il Fondo per la non autosufficienza? Bocciato per gli stessi motivi. La riforma del volontariato? Affossata. Quella dell?impresa sociale? Insabbiata in una commissione. L?impegno per il Sud del mondo e dunque per la cooperazione allo sviluppo? S?è ristretto allo 0,13% (e forse anche a meno, al netto dei trucchi contabili). Sul progetto bipartisan di una nuova e moderna normativa fiscale sulle donazioni, infine, chiesta a gran voce da tutto il Terzo settore, il governo in carica tace. Il Forum del Terzo settore non ci sta e, nel rilanciare il dialogo con sindacati, Regioni, Anci e forze sociali in vista del Dpef, chiede impegni precisi, come risulta chiaro leggendo questo servizio di Vita.


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