Anteprima magazine
Perché non vogliamo figli?
È in distribuzione il numero di novembre di VITA magazine. In un Paese in cui l’inverno demografico ha raggiunto dimensioni da allarme rosso, le analisi ripetono sempre lo stesso ritornello. Qui un’inchiesta che sceglie un altro punto di vista, dando parola ai ventenni. Scopriamo così un nuovo immaginario dell'essere madre e padre, disegnato anche da uno storytelling tutto schiacciato sulle rinunce e sulla genitorialità come performance. Cosa serve? Una nuova narrazione, che faccia spazio anche alla bellezza
La domanda “perché non vuoi figli?” non è innocua, ma l’ho fatta lo stesso. Non perché non volere un figlio sia una stranezza da giustificare o una scelta da scoraggiare, ma per cogliere ciò che non sappiamo. Il 2023 ha segnato un altro record al ribasso per la natalità nel nostro Paese: i nuovi nati sono stati 379.890, con un calo del 3,4% sull’anno precedente. Rispetto al 2008, quando nacquero 576mila bambini, siamo a -34,1%. Per il 2024 non possiamo aspettarci altro che cifre ancora più basse: già fra gennaio e luglio le nascite sono state 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. L’inverno demografico ha raggiunto dimensioni da allarme rosso, con impatti ormai evidenti anche per l’economia e il welfare, tanto che a lanciare l’allerta, un giorno sì e l’altro pure, non c’è più solo l’Istat ma anche l’Inps e le imprese.
Mettere al mondo un figlio oggi è una scelta che non ha nulla di scontato. Le ragioni che si sentono però sono sempre le stesse: la precarietà lavorativa, la mancanza di servizi, il crescente individualismo. Tutto vero, ma non basta.
Nel nuovo numero di VITA, “Perché non vogliamo figli”, con la bellissima illustrazione di Nausicaa Dalla Torre, abbiamo scelto un altro punto di partenza.
Tavola rotonda con dieci ventenni
Abbiamo messo attorno a un tavolo Erica, Cristiano, Vittoria, Michael, Carlotta, Manuel, Emanuele, Riccardo, Simona, più una ragazza che alla fine ha preferito restare anonima. Vivono tra Como e Salerno, hanno tra i 22 e i 27 anni, un’età in cui un figlio non è ancora un progetto di vita: quello che ci interessava era soprattutto l’immaginario che i giovani hanno rispetto alla possibilità di essere — un giorno — madre e padre.
Su dieci persone, solo una ha un reddito fisso. Una vive sola, una vive con la nonna, due studiano lontano da casa, due sono “sempre in giro”. Una persona si definisce queer e una come “attivista transqueerfemminista intersezionale”. Due hanno una relazione stabile. Su dieci, solo un ragazzo dice che sì, vorrebbe un figlio. Tre non lo escludono. Gli altri, anche no.
Queste tre ore di tavola rotonda hanno fatto piazza pulita dei pregiudizi che ci fanno credere che i giovani oggi non fanno figli perché sono egoisti, narcisisti, centrati sulla propria realizzazione. Non è neanche questione di un contesto che non ti permette di realizzare un desiderio. I giovani raccontano un’altra storia, che ha a che fare con il senso di una responsabilità pesante, forse troppo. Parlano spontaneamente di una genitorialità non biologica, allargata, di una cura condivisa da riscoprire.
Politiche e servizi
Sono parole e pensieri nuovi, tutti da ascoltare, che consegniamo a chi ha il potere di decidere le politiche a sostegno della natalità, dei giovani e delle famiglie, a cominciare dalla ministra per la natalità Eugenia Roccella, che abbiamo intervistato: «Veniamo da decenni di politiche e narrazioni anti-nataliste, con effetti che non si cancellano in un giorno. Se presentiamo la maternità e la carriera come scelte alternative, e una donna le vive come tali, la situazione difficilmente può cambiare», ci ha detto.
E poiché non viviamo fuori dal mondo, ovviamente abbiamo fatto il punto sui servizi, dai famosi primi mille giorni ai congedi per i padri, con la competenza di Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la Salute del Bambino; Paola Milani, professoressa di pedagogia delle famiglie all’Università di Padova e responsabile del programma nazionale Pippi; Annina Lubbock, sociologa delle pari opportunità, coordinatrice del progetto 4e-Parent.
Come ce la raccontiamo
Dentro questo nuovo immaginario, quanto pesa uno storytelling della genitorialità tutto schiacciato sulle rinunce? O quello che presenta la genitorialità come un idillio da ostentare sui social? Il figlio viene raccontato con toni che oscillano in maniera schizofrenica tra due registri: quello del vanity asset e quello della child penality, andando a costruire una narrazione orfana di un pezzo di realtà.
Non per nulla una ricerca ad hoc realizzata per VITA da Alessandra Poli e Francesco Bruno di Volocom, ci dice che su circa 12mila articoli dedicati alla genitorialità e pubblicati dal 1° gennaio al 30 settembre 2024, ben il 20% parlano in termini problematici dell’impatto di un figlio sulla salute mentale dei genitori (2.375 articoli), seguiti da quelli sulle difficoltà di equilibrare lavoro e cura (985 articoli, pari all’8%) e da quelli sulle difficoltà economiche (744 news).
Cosa caratterizza in maniera peculiare il nostro essere madri e padri oggi? E quali parole mancano alla narrazione? Abbiamo interpellato 25 esperti di educazione, demografia, psicologia e comunicazione per costruire un altro vocabolario sull’essere padri e madri, che ne dica la complessità (oggi la genitorialità è marcata da parole come ecoansia, performance, solitudine, privilegio) ma anche la bellezza (fra le parole che mancano, amicizia e libertà): tra loro Matteo Bussola, Francesca Fiore di Mammadimerda, Chiara Saraceno, Alessandro Rosina, Riccarda Zezza, Alessandra Minello, Federico Taddia, Alessandra Decataldo, Stefano Laffi, Adriano Bordignon, Gigi De Palo, la giornalista Ilaria Maria Dondi e la content creator Elisa Nicoli. Senza scordare la testimonianza di Antonella Cazzadora, da oltre vent’anni operatrice al Centro di aiuto alla Vita alla Mangiagalli di Milano e la provocazione “meglio un pet di un figlio?” che abbiamo girato a Alessandra Ferrari della Lega anti vivisezione-Lav.
Spazio alla bellezza
Il terzo capitolo accoglie la provocazione che Riccarda Zezza, autrice di Maam-la maternità come un master, ha lanciato lo scorso maggio agli Stati Generali della Natalità: «Le storie che ci raccontiamo influenzano ciò che noi siamo in grado di sognare. La narrazione è un perimetro e noi dobbiamo allargarlo». Ecco allora dieci storie bellissime, raccolte da Daria Capitani e Anna Spena: quelle di dieci giovani coppie che raccontano la scelta di fare spazio a un figlio.
Marta e Leonardo da Milano, Silvia e Marco da Olgiate Comasco (CO), Annabella e Gennaro da Benevento, Giuditta e Stefano da Cagliari, Sara e Orges da Trento, Moira e Andrea da Albizzate (VA), Alice e Luca da Milano, Linda e Giovanni da Faenza (RA), Thaise dal comasco, Federica e Manuel da Succiso (RE): storie quotidiane e incasinate, normali, inattese e sorprendenti, che mostrano come nei percorsi non lineari che oggi tutti viviamo, accogliere un figlio è un nuovo inizio, che allarga la vita.
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