Non profit

Motivazione, ecco la parola chiave

Per Carlo Borzaga, uno dei precursori degli studi in economia del non profit, lo studente che sceglie questa strada deve avere ragioni chiare.

di Redazione

Studiare per diventare manager nel Terzo settore. Che cosa deve sapere un ragazzo che oggi vuole orientare la propria scelta in questa direzione? Nessuno come Carlo Borzaga, attualmente preside della facoltà di Economia di Trento, fondatore di Issan – Istituto studi sviluppo aziende non profit, è titolato per dare risposte e consigli a chi vuole orientare la propria vita. E Borzaga punta dritto-dritto sulla parola chiave: è la parola motivazione. «Certamente è la condizione chiave», spiega il docente. «La motivazione è ciò che ti porta a preferire un settore in cui girano stipendi inferiori rispetto a quelli cui possono puntare gli altri laureati in economia. Nel non profit vige obbligatoriamente un principio di equità, per cui il differenziale salariale tra chi ha posti di responsabilità e chi invece è in posizione subordinata è minore o molto minore che altrove. Così lo stipendio di un lavoratore può non essere inferiore, quello di un manager lo è senz?altro. è bene esserne consapevoli prima di fare una scelta così». Borzaga parte con il freno a mano per non creare illusioni, ma presto lo allenta e passa ad elencare quegli elementi che possono rafforzare una motivazione ancora incerta. «Primo, si entra in un settore in sicura espansione. I servizi alla persona gestiti dal privato sociale avranno un ruolo sempre più importante nel futuro welfare. La pubblica amministrazione è destinata a farsi da parte, e intanto la domanda è strutturalmente in espansione. In secondo luogo l?esperienza nell?impresa non profit offre un?opportunità di crescita umana e professionale che altri settori non possono certo garantire. è un?esperienza che aiuta a formarsi e che eventualmente ci si può un giorno giocare anche in altre scelte lavorative». Borzaga dà un volto sintetico a questa motivazione: sensibilità sociale. è il profilo che accomuna gli studenti che seguono prima il corso di laurea triennale e poi proseguono con il master in gestione delle organizzazioni non profit e delle cooperative sociali di Trento. Un master intensivo di un anno, come sottolinea Borzaga, al quale approdano giovani con lauree delle più varie tipologie: economia, naturalmente, ma anche sociologia, diritto, addirittura matematica. «L?economia, certamente, offre un retroterra più congeniale. Infatti dobbiamo imparare a considerarla come una scienza sociale, utile e necessaria in ogni caso per comprendere il modo di funzionare della società, e non solo un insieme di tecniche utili per gestire un?azienda. Comunque, per chi sceglie una strada come quella del master, suggerisco una buona base di economia e di diritto». Il master include uno stage, che svela da subito una delle caratteristiche del lavoro nel non profit: la fidelizzazione. Il 60% degli stage si trasforma in contratto di lavoro. «Il Terzo settore è cresciuto negli ultimi anni grazie alla flessibilità introdotta dalla riforma Treu, che ha fornito una modalità contrattuale ai lavori precari». Che la crescita sia costante lo dimostra la forte richiesta di stagisti, che ogni anno, supera l?offerta. Segno di un mercato in espansione, come già sottolineava Borzaga, e come dimostrano tutte le varie ricerche degli ultimi anni. Le imprese conoscono poco turn over non per immobilismo del mercato ma perché l?attaccamento all?impresa di chi lavora, anche in posti di responsabilità, è fortissimo. «Non c?è da stupirsi: tutte le ricerche sul lavoro nel non profit confermano che c?è indipendenza tra il salario e la soddisfazione lavorativa, perché sono altri gli elementi che determinano la soddisfazione», conclude Borzaga. Tra questi anche la capacità di lavorare insieme e di rompere l?individualismo. Una caratteristica che, guarda caso, anche il mondo profit sta cercando sempre insistentemente.

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