Minori
Quasi 1 bambino su 5 vive in un Paese in conflitto
In media 31 minori al giorno vengono uccisi o mutilati. Secondo il nuovo rapporto di Save the Children "Stop the War on Children: Pathways to Peace" nel 2023 si è registrato il più alto numero di gravi violazioni commesse nei loro confronti, con oltre 31mila casi documentati. I maggiori aumenti sono stati registrati nei Territori Palestinesi Occupati e in Sudan
di Redazione
Quasi un bambino su cinque (in totale 473 milioni di bambini) nel 2023 viveva in una zona di guerra e il numero di gravi violazioni commesse contro di loro in tali contesti è aumentato del 15% nel 2023, raggiungendo il livello più alto dall’inizio delle rilevazioni del 2005. I maggiori incrementi si registrano in Sudan e nei Territori Palestinesi Occupati. In media ogni giorno sono stati uccisi o mutilati 31 bambini. Intanto la spesa militare globale, ha raggiunto 2,4 trilioni di dollari, ovvero più dell’intero Pil italiano. Questi alcuni dei dati inediti del nuovo rapporto di Save the Children, Stop the War on Children: Pathways to Peace, diffuso oggi.
La pubblicazione ha analizzato il numero di gravi violazioni accertate contro i bambini nei conflitti – che comprendono uccisioni e mutilazioni, rapimenti, violenza sessuale, reclutamento in forze e gruppi armati, attacchi a scuole e ospedali e negazione dell’accesso umanitario ai bambini – e ha rilevato che nel 2023 si sono verificati 31.721 casi documentati contro i bambini che vivono in contesti di guerra, pari a una media di 86 crimini contro i bambini al giorno. Una cifra che supera quella del 2022 – pari a 27.638, in media 76 al giorno – che già era stata identificata come senza precedenti.
Il maggior numero di crimini è stato commesso nei Territori Palestinesi Occupati, dove sono state accertate 8.434 gravi violazioni – un quarto del numero totale – con un aumento del 170% rispetto all’anno precedente. Seguono la Repubblica Democratica del Congo (con 3.805 casi verificati, in aumento rispetto ai 2.420 casi del 2022) e la Somalia (con 2.290 casi verificati, in leggero calo rispetto ai 2.783 casi del 2022). Il maggior incremento relativo di gravi violazioni è stato registrato in Sudan, dove i casi sono quintuplicati dal 2022, passando da 317 a 1.759 casi.
Nel 2023 sono stati documentati in tutto il mondo 11.338 casi di uccisioni e mutilazioni di bambini nei conflitti, con un aumento del 31% rispetto all’anno precedente. Ciò equivale a una media di 31 bambini al giorno – un’intera classe – che perdono la vita o vengono mutilati. Più di un terzo erano bambini palestinesi.
Anche gli episodi di negazione dell’accesso umanitario – un’altra grave violazione contro i bambini nei conflitti – hanno raggiunto un massimo storico con 5.158 incidenti nel 2023, rispetto ai 3.931 dell’anno precedente – e più di 11 volte più alti rispetto a un decennio fa. I Territori Palestinesi Occupati hanno registrato 3.250 episodi di negazione dell’accesso umanitario nel 2023, il numero più alto mai registrato in un contesto di conflitto.
Il rapporto ha anche rivelato che negli ultimi tre decenni si è assistito a un aumento vertiginoso del numero di bambini che vivono sotto il peso della guerra, 473 milioni nel 2023, ovvero il 19% della popolazione infantile mondiale. Questa percentuale è quasi raddoppiata rispetto al 10% circa della popolazione infantile mondiale a metà degli anni Novanta, mentre il diritto dei bambini alla protezione nei conflitti continua a essere ignorato.
Il rapporto ha analizzato la spesa militare globale, scoprendo che nel 2023 è di 2,4 trilioni di dollari, ovvero più dell’intero Pil italiano, mentre gli investimenti per la pace e la prevenzione dei conflitti diminuiscono. L’impatto economico della violenza, compresi i costi della prevenzione, del contenimento e della gestione delle conseguenze, è aumentato costantemente, raggiungendo i 19,1 trilioni di dollari a parità di potere d’acquisto (PPA) nel 2023.
«Se avessi un desiderio, sarebbe quello della pace in Somalia. La pace è qualcosa di cui siamo stati privi per così tanto tempo che molti di noi non sanno nemmeno cosa si provi. Vorrei un Paese in cui le famiglie come la mia non debbano fuggire dalle loro case per paura, in cui i bambini possano andare a scuola senza avere paura. La Somalia è stata spezzata dalla guerra, ed è ora di guarire», ha dichiarato Sharmarke*, un ragazzo di 12 anni che vive nel Puntland, in Somalia, e che, ha perso il fratello nel conflitto in corso nel suo Paese.
«Questo rapporto è devastante e non lascia dubbi: il mondo sta diventando sempre più pericoloso per i bambini. Negli ultimi anni, a livello globale, abbiamo assistito a vari progressi in materia di diritti e protezione dei bambini, ma nei Paesi in guerra la situazione sta drasticamente peggiorando. Assistiamo ad un continuo aumento della spesa militare globale, mentre gli investimenti nella prevenzione dei conflitti sono in calo. Ciò dimostra che ci stiamo focalizzando sull’aspetto sbagliato e le conseguenze sono devastanti. I conflitti in corso nella Repubblica Democratica del Congo, nei Territori Palestinesi Occupati, in Sudan, in Ucraina e in molti altri Paesi, hanno visto una terribile escalation di attacchi contro bambini, contro scuole e ospedali: violazioni che hanno suscitato un’indignazione globale, ma senza che ad essa sia ancora seguito alcun impegno reale e significativo per la pace», ha dichiarato Inger Ashing, Ceo di Save the Children International. «Gli Stati devono agire. Devono sostenere gli standard di condotta nei conflitti. Devono chiedere conto ai responsabili. Devono proteggere l’accesso umanitario. Hanno bisogno di piani di pace a lungo termine. E devono sostenere la resilienza e la ripresa dei bambini. Il futuro di milioni di loro dipende da interventi immediati e tempestivi», conclude.
«I casi documentati di crimini contro i bambini nelle zone di conflitto sono orribili, ma queste cifre probabilmente sono solo la punta dell’iceberg. Parliamo di 473 milioni di bambini – ovvero il 19% a livello globale – che vivano in aree di guerra, ma ognuno di questi bambini ha una storia e un’esperienza di conflitto unica», ha commentato Gudrun Østby, professore di ricerca presso il Peace Research Institute di Oslo. «Negli ultimi decenni, loro numero è aumentato costantemente, arrivando quasi a raddoppiare rispetto agli anni Novanta. Ora più che mai, la necessità di proteggere i milioni di minori che vivono in Paesi in conflitto è critica e urgente».
L’analisi di Save the Children ha anche evidenziato un numero allarmante di Stati membri delle Nazioni Unite che hanno sottoscritto meno della metà degli strumenti giuridici e politici internazionali che garantiscono la protezione dei bambini nei conflitti. Ben 43 membri delle Nazioni Unite, ovvero più del 20%, molti dei quali coinvolti in conflitti armati, non hanno firmato o approvato più di sei dei dodici strumenti, mostrando un grande divario nell’impegno per la protezione dei bambini. Allo stesso tempo, la vendita di armi continua ad alimentare i conflitti, con il trasferimento di armi ad attori noti per la violazione dei diritti dei bambini.
«Un’infanzia serena è una parte fondamentale della costruzione di società pacifiche», sottolinea l’organizzazione Save the Children. «Mentre i leader governativi e la società civile, compresi gli attivisti, i sopravvissuti e i giovani, si preparano a incontrarsi alla prima Conferenza ministeriale globale sulla violenza contro i bambini che si terrà in Colombia il mese prossimo, questo rapporto sottolinea l’urgente necessità di intensificare l’azione globale per combattere la violenza contro i bambini nei conflitti e costruire un futuro più sicuro per loro a livello globale. Nonostante il deterioramento dell’ordine basato sulle regole precostituite, ci sono ragioni per essere ottimisti, tra cui i progressi nella responsabilità, le pratiche di attuazione efficaci e la crescente mobilitazione popolare per la pace e la sicurezza dei bambini».
(AP Photo/Fatima Shbair) Associated Press/LaPresse
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