Il caso di Piacenza

Quel baratro educativo che produce giovani violenti

Così Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Cpp - Centro Psicopedagogico, sulla tragica vicenda che ha coinvolto due giovanissimi di Piacenza. «Pensiamo a costruire rotonde stradali ogni 50 metri da 900mila euro, ma non riusciamo a trovare i soldi per i servizi sociali, per le scuole, per l'aiuto pedagogico ai genitori. E per pagare i centri estivi»

di Alessio Nisi

Ingresso del tribunale per i minorenni di Bologna

Parla non di carenze educative, ma di un vero e proprio «baratro educativo» in capo alle famiglie e di una società che non si sta ponendo il tema delle priorità. «Pensiamo a costruire rotonde stradali da 900mila euro ogni 50 metri, ma non riusciamo a trovare i soldi per i servizi sociali, per le scuole, per l’aiuto pedagogico ai genitori. E per pagare i centri estivi». Così «non facciamo che aspettare che queste tragedie si consumino settimana dopo settimana». E poi l’assenza del paterno, «come senso di costruzione del limite, con la sua capacità di contenimento emotivo ed educativo, che la società non riesce a sopperire».

Sono queste alcune delle riflessioni di Daniele Novara, pedagogista, sulla vicenda che ha coinvolto due giovanissimi nella sua Piacenza, la città in cui ha fondato il Cpp – Centro Psicopedagogico.

Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Cpp – Centro Psicopedagogico

La vicenda

Lei, Aurora, 13 anni, di Piacenza, morta alle 8 di mattina in seguito ad un trauma cranico dopo essere precipitata dal terrazzo all’ottavo piano del palazzo in cui abitava con la madre e la sorella. Lui, 15 anni, di Gossolengo, unica persona in compagnia della ragazza sul luogo della tragedia: da lunedì 28 ottobre, in stato di fermo nel carcere minorile di Bologna. Il primo a chiedere aiuto quando è precipitata. Ora è accusato di omicidio volontario, si proclama innocente. 

Tutti sapevano

Tutti sapevano. Lui, risulta dalle indagini, la perseguitava perché per la seconda volta in poco tempo, lei gli aveva detto di non volerlo più vedere. Era ossessivo. Viktoria, la sorella di Aurora, ha pubblicato le chat in cui lei le scriveva di avere paura. Lui la seguiva, si appostava, l’aspettava. E agli atti c’è anche un video alla fermata del bus in cui è stata aggredita. Tutti sapevano. Aurora ne aveva parlato in famiglia, con le amiche e si era rivolta ai servizi sociali.

Situazioni tragiche

«Le situazioni tragiche che riguardano ragazzi e ragazze nel periodo post estivo sono risultate molto numerose. Specialmente in Lombardia», riflette Novara. Pensa alla giovane di 19 anni non ancora compiuti uccisa dal coetaneo vicino di casa, al diciassettenne che a Viadana, in provincia di Mantova, ha malmenato e ucciso Maria Campai, all’omicidio di Candido Montini a Garzeno, nel Comasco, confessato da un altro diciassette. Pensa alle vicende di Paderno Dugnano, dove un ragazzo non ancora maggiorenne ha ucciso mamma, papà e fratellino: «L’episodio più allucinante». 

Il senso della colpa e della vergogna

I ragazzi al centro di queste storie, sottolinea Novara, «sembrano usciti da un videogioco, non sembrano avere filtri», spiega. Sono, utilizzando un termine freudiano, «superegoici»: significa che «il senso della colpa e della vergogna quasi scompare». 

In apertura, il tribunale dei minori di Bologna in via del Pratello, foto di Michele Nucci / LaPresse

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