Famiglia

Calibro Africa

Perché in Paesi in cui spesso manca tutto non mancano mai le armi per guerre ignote e devastanti? Intervista a Johan Peleman.

di Joshua Massarenti

Una morte al minuto. Questa la conseguenza della produzione, circolazione e uso di armi leggere nel mondo. Ogni anno sono almeno 500mila le vittime, in stragrande maggioranza civili. Tra le categorie sociali più colpite, i bambini. L?Unicef stima che negli anni 90 l?impiego di armi leggere abbia provocato la morte di oltre due milioni di minori. Secondo l?ultimo rapporto dello Small arms survey (Sas), nel mondo si contano circa 640 milioni di armi leggere, di cui il 59% è legalmente in possesso di civili. Per le oltre 1.130 società coinvolte in questo mercato letale, il giro d?affari (legale) si aggirava nel 2000 tra i 4 e i 7 miliardi di dollari, mentre quello illegale sfiorava il miliardo di dollari.
Gli effetti più devastanti della presenza di armi leggere si osservano nei Paesi sprofondati in conflitti armati interminabili. Con le sue guerre e dittature, l?Africa subsahariana è fra le aree geografiche più vulnerabili al traffico di armi leggere. Guerre civili e transfrontaliere hanno ucciso dagli anni 80 quasi 10 milioni di africani e hanno spinto decine di migliaia di bambini a impugnare un?arma leggera (oggi l?Unicef ne conta 120mila, poco meno del 30% dei bambini soldato sparsi per il mondo). Eppure, nei 44 Paesi a sud del Sahara, circolano oggi ?appena? 30 milioni di armi da fuoco. Quanto basta, suggerisce tuttavia lo Sas, «per alimentare combattimenti e violenze criminali e nuocere gravemente allo sviluppo umano», anche se «insufficiente per condurre in via definitiva a una situazione fuori da qualsiasi controllo».
Per questa loro vulnerabilità, le nazioni dell?Africa subsahariana hanno voluto affrontare di petto il problema del traffico di armi leggere. In anticipo rispetto al resto della comunità internazionale, 16 Paesi dell?Africa occidentale hanno dichiarato nel 1998 ad Abuja (Ghana) una moratoria sull?importazione, l?esportazione e la produzione di armi leggere. Si è dovuto aspettare il 2001 perché la Conferenza dell?Onu stabilisse un Programma d?azione (Poa)per «prevenire, combattere ed eliminare il commercio illecito di armi leggere sotto tutti i suoi aspetti». Tra i problemi cruciali che il Poa deve risolvere vi sono il mercato nero delle armi e la creazione di un sistema di marcatura internazionale per rintracciarle.
Johan Peleman, uno fra i più noti specialisti del traffico illecito di armi leggere in Africa, è direttore dell?International Peace Information Service (Ipis), un centro di studi indipendente sui conflitti internazionali, ed è consulente dello United Nations Security Board sui conflitti in Angola, Congo, Sierra Leone, Liberia e Somalia. A Peleman, Vita ha chiesto un parere sui traffici illeciti del continente africano, nonché i limiti e le prospettive delle azioni intraprese per la lotta contro questo tipo di traffico.
Vita: Quali caratteristiche ha assunto oggi in Africa il traffico di armi leggere?
Johan Peleman: Il crollo del muro di Berlino ha stravolto il mercato di armi leggere in Africa, provocando due fenomeni determinanti per la proliferazione dei conflitti del Continente: gli stock di armi leggere presenti in molti Paesi africani durante la Guerra fredda sono state rivendute da gruppi ribelli, mercenari o governi privi di scrupoli su mercati neri locali, nazionali o continentali. Inoltre, il crollo del sistema comunista ha fatto sì che una quantità impressionante di armi leggere provenienti dall?ex blocco sovietico si siano riversate in aree di conflitto. In Africa subsahariana, la stragrande maggioranza delle armi in circolazione provengono dall?ex Urss e dai Paesi dell?Est europeo.
Vita: Chi sono i protagonisti dei traffici?
Peleman: Tra la spedizione e la consegna delle armi agiscono molti attori istituzionali e non, che danno vita a un intreccio piuttosto complesso che si interseca con lo sfruttamento e la vendita illegali di materiali preziosi quali diamanti, oro, coltan o risorse naturali, come il legno. Sono traffici sempre più in mano ad attori non istituzionali: penso ad esempio ai nuovi mercenari come Viktor Bout, gente che agisce su scala planetaria sapendo sfruttare tutte le falle politiche e giuridiche di quest?era globalizzata. È finita l?era dei Bob Denard (un mercenario attivo negli anni 70 e 80 al soldo del governo francese, ndr). Qui ci sono vere e proprie multinazionali del traffico illecito di armi che agiscono in una situazione sfuggita al controllo degli Stati. Il traffico illecito di armi leggere è ormai un business che si è privatizzato.
Vita: È possibile combatterlo?
Peleman: È difficile, ma non impossibile. Uno degli ostacoli è la polverizzazione del commercio, che è sempre più micro in un contesto globale ramificato. Prendiamo l?Africa centrale. È ormai uso comune trasportare con aeroplani ultraleggeri piccole quantità di armi, non più di una cinquantina di kalashnikov. Piste di atterraggio nascono e spariscono in meno di ventiquattro ore, il che rende la vita difficile agli investigatori. Le compagnie aree di Bout erano apprezzate per questo genere di versatilità. A mio avviso, nel futuro bisognerebbe stabilire una lista internazionale di trafficanti d?armi e chiedere conto periodicamente delle loro attività.
Vita: Ma quante armi circolano in Africa?
Peleman: Impossibile stabilirlo. Ma temo che siano molte di più di quante lo Small Arms Survey sostiene nel suo ultimo rapporto. Un esempio: nei Paesi del fiume Mano (Liberia, Sierra Leone e Guinea Conakry), il Sas ha stabilito nel 2001 che vi fossero circa 68mila armi leggere. Comparando i loro dati con quelli che avevo raccolto attraverso documenti di transazione, nei soli primi sei mesi del 2001 ho recensito almeno 100mila armi. Le aree coinvolte sono molte, dall?Africa occidentale alla regione dei Grandi Laghi, passando per la Somalia e l?Africa centrorientale. Però bisogna fare la differenza tra i Paesi in cui transitano le armi, come il Burkina Faso, e quelli in cui vengono impiegate, come la Costa d?Avorio.
Vita: Lei dice che uno strumento giuridico come la Moratoria del 98, firmata da 16 Stati dell?Africa occidentale, non ha avuto nessun impatto?
Peleman: La moratoria è solo un documento che invita i governi firmatari a essere un po? meno ?aggressivi? nel comprare armi. Nella pratica, non è previsto nessun tipo di sanzione. Se poi penso che le frontiere africane sono spesso dei colabrodo e che alcuni di questi Paesi sono in conflitto fra loro, non mi stupisco che in Africa occidentale circolino più armi oggi di qualche anno fa.
Vita: A New York si sta negoziando uno strumento internazionale che consenta agli Stati membri dell?Onu di tracciare in modo affidabile le armi leggere. È la cosiddetta ?marcatura?. Lei che ne pensa?
Peleman: Per eliminare il traffico illecito è fondamentale poter identificare l?origine delle armi in circolazione, solo che non esiste nessuna convenzione internazionale che definisca le norme di marcatura, registrazione e tracciatura delle armi vendute. Se ne sta occupando un gruppo di lavoro al Palazzo di Vetro chiamato a sviluppare uno strumento internazionale da sottoporre all?Onu nel 2006. Purtroppo, alla fine, sono gli Stati a decidere. E qui entrano in gioco questioni di sicurezza nazionale sfruttate da produttori di armi preoccupati di dover adottare un sistema di marcatura e di tracciatura universale, diverso dal proprio.
Vita: Cioè?
Peleman: Il problema è definire un codice unico per ciascuna arma. Alcuni Paesi produttori della Nato e della Ue hanno un proprio sistema di marcatura, altri no, come il Belgio e molti Paesi africani. Standardizzare la marcatura significa per molti Stati mettere in pericolo i principi di sovranità nazionale, nonché quelli di riservatezza. Inoltre, a far pressione sui governi vi sono produttori di armi che temono di dover rendere conto alla legge.
Vita: Qualora questo strumento venisse adottato nel 2006, che ripercussioni avrebbe in Africa?
Peleman: Buone per la circolazione illegale di nuove armi. Ma non risolverebbe il problema delle vecchie armi, diffuse ormai in decine di milioni.

Info:
Armi contro le armi
Tracciabilità e marcatura

Il commercio illecito di armi leggere è un fenomeno globale che le Nazioni Unite, e in particolare Kofi Annan, hanno annunciato di voler contrastare attraverso l?adozione di uno strumento internazionale d?identificazione e di tracciamento rapido e affidabile delle armi leggere illecite: la marcatura. Per essere identificate, armi e munizioni verrebbero marcate con delle iscrizioni (numero di serie, iniziali del produttore, sigla del fabbricante). Queste iscrizioni sarebbero l?unico mezzo a disposizione per registrare e seguire le rotte intraprese dalle armi leggere: tracciando un singolo pezzo, l?incisione darebbe la possibilità di localizzare l?arma e di risalire alle sorgenti della produzione.
La tracciabilità non è però sufficiente senza l?uniformità dei sistemi di marcatura. Occorre quindi adottare un sistema di marcatura indelebile e universale per l?immatricolazione e la successiva circolazione. Attualmente, le pratiche di marcatura variano da un Paese all?altro, così come i sistemi di registrazione, i quali dovrebbero essere centralizzati a livello internazionale, prendendo in considerazione l?arma e non il proprietario. Le informazioni da registrare dovrebbero comprendere i dati tecnici dell?arma, il contenuto della marcatura, la sua produzione, il possesso, lo stoccaggio, i vari trasferimenti e l?eventuale distruzione finale.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.