Cultura

Armi: Online il rapporto SIPRI 2004

Aumenta la spesa militare diminuiscono i conflitti. questi far i dati più significativi del nuovo rapporto SIPRI, diponibile online

di Giulio Leben

La spesa mondiale per gli armamenti e’ aumentata nel 2003 di circa l’11% in termini reali: lo afferma l’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace (Sipri), che nel suo rapporto annuale osserva che quest’aumento, aggiunto a quello dell’anno precedente (6,5%), porta al 18% in due anni la crescita complessiva della spesa, che ha raggiunto nel 2003 i 956 miliardi di dollari.

I maggiori fornitori di armi sono rimasti Stati Uniti e Russia. La produzione, in termini di valore, si realizza soprattutto in Cina, Europa, Russia e Stati Uniti. I principali clienti sono Cina e India (per le armi provenienti dalla Russia); e Taiwan, Egitto, Gran Bretagna, Grecia, Turchia e Giappone (per gli Stati Uniti).

Il continuo incremento dei trasferimenti di armi americane influenzera’ la tendenza globale, si legge nel rapporto, anche se ”fattori interni indicano che il livello dei trasferimenti di armi russe dificilmente rimarra’ alto ancora per molto tempo”.

Nel rapporto si sottolinea anche che i trattati multilaterali per il controllo degli armamenti non hanno fatto alcun progresso verso la conclusione di accordi sui metodi di verifica delle violazioni, ne’ sul modo di sanzionare le eventuali violazioni.

Diminuiscono inoltre i conflitti armati nel mondo,ma la spesa per gli armamenti aumenta complessivamente e rischia di raggiungere livelli insostenibili. Lo rileva il rapporto 2004 del Sipri, l’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace, che dedica quest’anno molta attenzione alla guerra in Iraq e alle sue conseguenze.

E’ soprattutto questa guerra, e in generale quella degli Usa al terrorismo, che hanno fatto lievitare la spesa militare, aumentata nel 2003 dell’11 per cento dopo un incremento del 6,5% nel 2002.

Parallelamente nel 2003 il numero dei conflitti armati nel mondo e’ stato il piu’ basso di tutto il dopo-guerra fredda, con l’eccezione del 1997. L’anno scorso si sono registrati 19 conflitti in 18 punti del mondo; nel ’97 furono 18.

Dei 19 conflitti del 2003 tuttavia solo due si sono combattuti tra Stati (Iraq-coalizione multinazionale guidata da Usa e Regno Unito, e India-Pakistan). Tutti gli altri sono rimasti limitati all’interno di confini nazionali, come in Colombia e in Israele. ”Nella politica contemporanea – si legge nel rapporto – la fonte principale di conflitti armati di rilievo rimane interna. La persistenza di guerre interne, e la loro resistenza a una rapida soluzione, si e’ ritrovata ampiamente dimostrata nel 2003”.

Per quanto riguarda la guerra in Iraq, il rapporto contiene un ampio capitolo, in cui il conflitto e’ definito ”uno dei piu’ controversi dei tempi moderni”, sia per le sue premesse che per le sue conseguenze.

”E’ difficile stabilire il suo impatto sulla proliferazione delle armi di distruzione di massa e del terrorismo” afferma il rapporto, che propone due ipotesi: ”i potenziali proliferatori possono giungere alla conclusione che i costi e i rischi di acquisire le adm sono troppo aumentati. Ma possono anche concludere che l’unico modo per non rischiare di soccombere a cambiamenti di regime sia di sviluppare un deterrente credibile”.

Ugualmente, afferma il rapporto, la guerra in Iraq ”puo’ avere esacerbato il problema del terrorismo internazionale creando un nuovo fronte in Iraq, e alimentando il rancore arabo e islamico”. D’altra parte ”innescando un nuovo dibattito sul futuro politico del Medio oriente in generale, puo’ aver creato una possibilita’ di affrontare le cause piu’ profonde del terrorismo islamico radicale”.

Infine: ”Gli Usa potranno ancora riuscire a costruire un Iraq democratico, sconfiggendo chi e’ deciso a impedire questo risultato, e a fare dell’Iraq un elemento catalizzatore per un cambiamento democratico in altre parti della regione. Tuttavia l’attuale violenza nel Paese e le perduranti dispute tra gruppi politici, religiosi ed etnici, potrebbero risultare in una continua instabilita’ interna, portando lo stato al fallimento o provocando una guerra civile che potrebbe trasmettere instabilita’ ai Paesi vicini”.

Tra i numerosi argomenti affrontati nel rapporto, c’e’ anche un esame della posizione dell’Onu, in cui si afferma che ”nonostante le ferite inflitte nel 2003 al concetto del primato delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace e della sicurezza, l’Onu rimane grandemente in gioco per le operazioni di pace, e in particolare nel campo difficile della ricostruzione della pace dopo i conflitti”.

L’Onu – prosegue il rapporto – ”ha ragione di invocare un ruolo e una responsabilita’ speciale nel definire i principi dell’intervento e del coordinamento degli sforzi internazionali per la pace. Cosi’ facendo, afferma un legittimo diritto di dire la sua sul modo in cui la pace viene fatta”.

Vai a leggere: Rapporto YearBook Sipri 2004

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