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Pena di morte: nel 2003 aumento abolizionisti

Sempre meno Paesi applicano la pena di morte nel mondo, ma non cala il numero delle esecuzioni capitali: è questo il dato che emerge del rapporto annuale di 'Nessuno tocchi Caino'

di Giulio Leben

I Paesi o i territori che, a vario titolo, hanno deciso di rinunciare a praticarla sono oggi 133. Il numero delle esecuzioni non e’ diminuito: sono state almeno 5.599, un numero nettamente superiore alle 4.101 registrate nel 2002, ma il dato si spiega con il fatto che, per la prima volta, sono cominciati a filtrare i numeri sulle esecuzioni in Cina. Si conferma, invece, una linea di tendenza: la stragrande maggioranza delle esecuzioni capitali, nel corso del 2003, e’ avvenuta nei Paesi dittatoriali. Delle 63 nazioni che mantengono la pena di morte, 48 sono Paesi dittatoriali, autoritari e illiberali. In questi Paesi sono avvenuti 5.525 esecuzioni, pari al 98,7% del totale mondiale. E in cima alla lista dei Paesi-boia rimangono Cina, Iran, Iraq e Vietnam. Un Paese solo, la Cina, ne ha effettuate almeno 5.000 (circa l’89,3% del totale mondiale); l’Iran ne ha effettuate almeno 154; l’Iraq almeno 113 (fino al 9 aprile 2003, quando l’applicazione della pena di morte e’ stata sospesa dall’Autorita’ Provvisoria della coalizione); il Vietnam almeno 69; l’Arabia Saudita 52. “Questo vuol dire che la soluzione definitiva del problema attiene alla lotta per l’affermazione dello stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti e delle liberta’ civili”, ha rimarcato la curatrice del rapporto, anche quest’anno affidato a Elisabetta Zamparutti. Le democrazie liberali che, nel 2003, hanno praticato la pena di morte sono state 6 e hanno effettuato in tutto 74 esecuzioni (erano state 100 nel 2002), pari all’1,2 del totale mondiale: Stati Uniti (65), Botswana (4), Thailandia (4), Giappone (1), Mongolia e Taiwan (ma non si conoscono i dati). Emblematico il caso degli Stati Uniti. Nel 2002 le persone giustiziate erano state 71; in diminuzione anche il numero delle persone detenute nei ‘bracci della morte’ e quello delle condanne. “Ed e’ grazie al sistema democratico statunitense -ha fatto notare Sergio D’Elia, segretario di ‘Nessuno tocchi Caino’- che conosciamo questa realta’, nomi e vicende giudiziarie dei condannati a morte, che abbiamo modo di intervenire ed eventualmente riparare agli errori”.


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