Mondo

Curiamo, perciò non temiamo

La testimonianza di Donato D’Agostino, capomissione Cri a Bagdad.

di Carlotta Jesi

Per la Croce Rossa italiana, il nuovo corso iracheno inizierà prima del 30 giugno. «A giorni presenteremo alla Farnesina il nostro nuovo progetto: la creazione di un centro per la cura delle grandi ustioni in cui curare gli iracheni ma anche formare medici locali». Il centro avrà sede nel Medical City Hospital di Bagdad, dove Donato D?Agostino, il logista 42enne a capo della missione dei rossocrociati, vive e lavora «diciotto ore al giorno».
Vita: Il passaggio di poteri dalla Coalizione al governo provvisorio cambierà il suo lavoro?
Donato D?Agostino: No. Da tempo i nostri referenti sono il ministero della Sanità locale, il primo ad essere passato in mano agli iracheni dopo una breve gestione della Coalizione, e le autorità religiose sciite e sunnite. È da loro che ci è arrivata la richiesta di portare aiuti a Falluja e Najaf, dove quasi nessun altra organizzazione umanitaria è potuta entrare.
Vita: Voi ci siete andati con la scorta?
D?Agostino: Solo una macchina di sceicchi sciiti. A proteggerci è il credito umanitario di cui la Croce Rossa vanta in Iraq: da maggio 2003 a oggi, abbiamo assistito 60mila persone eseguendo più di 150 prestazioni al giorno. È la nostra assicurazione.
Vita: È anche la ragione per cui è stato restituito a voi il corpo di Fabrizio Quattrocchi?
D?Agostino: Credo di sì. Gli iracheni ci hanno riconosciuto un ruolo super partes.
Vita: Eppure vivete ancora asserragliati nell?ospedale…
D?Agostino: Per ora. Dopo il 30 giugno rischieremo meno.

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