Buone pratiche

C’è impatto e impatto, l’esempio di Banca Etica

Il report dell'istituto di credito specializzato nella finanza sostenibile va oltre le normative europee e misura la capacità trasformativa di tutti i finanziamenti concessi a persone e imprese, non solo di quelli con finalità sociale. L'occasione è ghiotta per fare il punto sul sistema delle rendicontazioni di sostenibilità con l'esperto Tommaso Rondinella

di Nicola Varcasia

Le rendicontazioni della sostenibilità non sono tutte uguali. Così come non sono tutti uguali i soggetti che le presentano. In un periodo in cui l’arrivo delle normative europee (Csrd e Csddd) da un lato e il fenomeno del washing – social, green o di qualsiasi altro colore – dall’altro richiamano l’attenzione di un vasto pubblico di non addetti ai lavori, è importante fare chiarezza su criteri, metodi e finalità dei documenti che se ne occupano. VITA, che ha dedicato al social washing il numero di ottobre, vuole continuare a dare il suo contributo proponendo una serie di approfondimenti.

Facciamo il punto

Il primo è volto alla presentazione di un best case che riguarda la rendicontazione d’impatto nel mondo bancario. Bisogna premettere che gli istituti di credito sono al centro della transizione anche da questo punto di vista. Dal prossimo anno, infatti, saranno chiamati non solo alla “tradizionale” rendicontazione non finanziaria, un documento relativo al funzionamento delle organizzazioni introdotto nel 2016 e che spesso viene presentato nella forma del bilancio sociale. Con l’arrivo della Corporate sustainability reporting directive, la Csrd appunto, tale rendicontazione sarà sostituita da un vero e proprio bilancio di sostenibilità integrato al bilancio finanziario. Si tratta di una rendicontazione che abbraccia il generale profilo di responsabilità del fare impresa che, per intendersi, guarda alla governance, al lavoro, alla cura dell’ambiente, alle certificazioni e alle buone pratiche messe in campo ogni anno.

Tutti gli standard

Finora il bilancio di sostenibilità, soprattutto se pubblicato da aziende soggette all’obbligo della rendicontazione non finanziaria, veniva redatto in base a degli standard che negli anni si sono imposti a livello internazionale. Per l’Europa tali standard sono stati, nella stragrande maggioranza dei casi, quelli creati dalla Global reporting initiative – Gri, mentre per gli Stati uniti quelli del Sustainability Accounting Standards Board – Sasb. Tuttavia, la nuova normativa europea ha definito delle nuove griglie dei fenomeni che devono essere rendicontati nei bilanci di sostenibilità, i cosiddetti European sustainability reporting standard – Esrs,elaborati dall’ente European Financial Reporting Advisory Group – Efrag.

Highlight dal report di impatto 2024 di Banca Etica

In proposito, e per semplificare, vanno precisati due aspetti: da un lato esiste una certa sovrapposizione e un ampio grado di interoperabilità tra gli standard finora in uso (Gri e Sasb), dall’altro quello degli Esrs è un sistema in evoluzione: l’Efrag ha finora elaborato soltanto gli standard intersettoriali (ad esempio il livello delle retribuzioni), mentre sono in fase di elaborazione quelli relativi agli specifici settori produttivi (ad esempio, la quantità di agenti chimici per tingere i tessuti, nel settore tessile.

Non tutto è per legge

Queste considerazioni sono in qualche modo d’obbligo per ricordare quanto complessa sia la normativa e quanta discrezionalità sia ancora presente in questa materia. Ma la questione non si ferma qui, perché a questa rendicontazione non finanziaria principale, se ne possono affiancare altre più specifiche. Sono le rendicontazioni di impatto, che analizzano nel dettaglio uno o più effetti dell’attività core di un’impresa prodotti sull’esterno. Gli impatti possono essere – e sovente sono –raccontati all’interno della rendicontazione “normale” ma, in taluni casi, le organizzazioni preferiscono redigere un report dedicato per entrare maggiormente nel dettaglio, utilizzando metodologie specifiche. Spesso sono il mercato e gli investitori, di fatto, a pretenderle.

Guardare anche fuori

La differenza fondamentale tra il bilancio di sostenibilità e un report d’impatto resta comunque una: con la prima si parla specificamente dell’impresa e dei suoi stakeholder, con la seconda, tipicamente, si esce dal suo perimetro per affacciarsi al “mondo circostante”. I report di impatto possono a loro volta essere dedicati a singoli argomenti, dando vita a rendicontazioni specifiche e dotate di standard ad hoc, per esempio ambientali, come quelle che riguardano le emissioni di Co2, oppure climatiche, come la Climate related disclosure, molto diffusa per analizzare in che maniera l’attività d’impresa hanno impatto sul clima.

Buona pratica

In questo quadro, il best case che intendiamo presentare è quello di Banca Etica. Se, da un lato, l’istituto italiano dedicato alla finanza etica nel 2025 presenterà il primo bilancio di sostenibilità integrato a quello finanziario, in base all’obbligo introdotto dalla Csrd recepita in Italia lo scorso 30 agosto, dall’altro ha scelto di continuare ad affiancare un report di impatto (la cui prima edizione è stata pubblicata nel 2020) utilizzando una metodologia proprietaria, dal momento che non esistono standard codificati in materia.

Valutazione socio-ambientale

Il fulcro di questoreport, spiega Tommaso Rondinella, responsabile ufficio modelli di impatto e Vsa di Banca Etica, è la richiesta ai propri clienti (imprese, organizzazioni ed enti del Terzo settore) di descrivere gli impatti sociali e ambientali che intendono generare utilizzando il finanziamento ricevuto. In questa maniera, la banca potrà mappare quanta parte del credito concesso viene utilizzato per finalità ad impatto e con quale distribuzione tra le sue diverse aree d’azione: sociale, ambiente, collettività, cooperazione internazionale, legalità e diritti, altri impatti). Gli indicatori elaborati e messi a disposizione da Banca Etica per poter effettuare la valutazione socio-ambientale (Vsa) sono circa cinquanta e vanno dai kilowatt di energia rinnovabile installati al numero di beneficiari aggiuntivi raggiunti nell’assistenza sociale o sanitaria, fino alla quantità di persone che seguono corsi di formazione.


Maglia stretta, sguardo ampio

In secondo luogo, continua Rondinella, il report analizza anche gli impatti dei crediti concessi alle persone fisiche, suddividendoli per tipologie di prodotti e in base alla destinazione d’uso. Ad esempio, vengono considerati i finanziamenti dedicati alle giovani coppie, quelli per l’acquisto della prima casa, per persone con redditi al di sotto di certe soglie di Isee.

L’azione trasformativa dei finanziamenti in termini di persone aiutate (da report impatto Banca Etica)

Più in generale, sono considerati a impatto i finanziamenti erogati a tutti i gruppi sociali per i quali è normalmente precluso l’accesso al credito per mancanza di garanzie, come i più giovani, i disoccupati o gli stranieri provenienti dal sud del mondo. Considerando persone e imprese, nel 2023 Banca Etica ha deliberato nuovi impieghi per 294,5 milioni di euro, avendo così raggiunto un volume al 31 dicembre 2023 di 756,6 milioni di euro di crediti a favore di imprese e organizzazioni e 451,7 milioni di euro a favore di persone fisiche e famiglie che sono per il 91,5% classificati come crediti ad impatto. 

Portafoglio ai raggi X

Un terzo, fondamentale aspetto, del report di impatto di Banca etica è l’analisi del proprio portafoglio. La banca analizza infatti l’intero attivo patrimoniale in termini di capacità di generare impatto. Questo elemento, precisa ancora Rondinella, è molto rilevante rispetto a come, normalmente, nel mondo finanziario viene affrontato il tema. Tutte le istituzioni finanziarie generano impatti positivi con la propria attività, riservando, ad esempio, una quota di finanziamenti al Terzo settore. L’esercizio di trasparenza che caratterizza la visione di Banca Etica è duplice e riguarda sia l’indicazione della percentuale di tali finanziamenti rispetto al totale sia le caratteristiche dei finanziamenti non ad impatto. Nel caso di Banca Etica, la quota ad impatto dell’intero attivo è del 45% e la restante parte coincide con investimenti in titoli di stato. In altre istituzioni bancarie, precisa Rondinella, la percentuale di investimenti a impatto è significativamente più piccola (sebbene in termini di volume potrebbe risultare essere più elevata) e, al tempo stesso, tutto ciò che non è considerato ad impatto può includere finanziamenti ad attività di acquisto e utilizzo di combustibili fossili, carbone incluso o vendita di armi. Invece per i vincoli di utilizzo in Banca Etica tali attività vengono categoricamente escluse.

A prova di confronto

Al di là di tutte le metodologie che vengono utilizzate per calcolare gli impatti, il nodo cruciale sta dunque nell’impegno a  rendicontare l’intera attività in termini di impatto, non soltanto quella dichiaratamente rivolta al sociale. Tale impegno permette poi di produrre anche una serie di indicatori potenzialmente confrontabili con qualsiasi altra istituzione, cosa che già avviene nell’ambito della Global alliance for banking on values  – Gabv, l’alleanza indipendente di tutte le banche fondate sui valori.

Azioni trasformative

Che cosa, dunque, può essere considerato ad impatto e cosa no? Nella visione di Banca Etica, l’essere ad impatto coincide, in generale, con la capacità di trasformazione positiva sulle persone e sull’ambiente veicolata da una certa attività. Un esempio tra i tanti aiuta a capire. Una piccola impresa che si occupa di software genera certamente degli impatti positivi, come la creazione di posti di lavoro e il suo stesso servizio offerto ai clienti. Però, un tale impatto coincide con l’attività economica posta in essere dall’azienda. Quindi, il finanziamento a questa attività non potrà essere considerato ad impatto. Analogamente, la creazione in generale di posti di lavoro – pur con l’evidente utilità sociale che ne deriva – non viene considerata a impatto proprio perché è insita nell’attività economica stessa.  Se, però, la creazione di posti di lavoro da parte di quella stessa impresa avviene in modo diretto e nei confronti di persone svantaggiate, allora la generazione di impatto è propriamente tale.

Questione di consapevolezza

Non è semplice, a volte, distinguere le due cose e molto spesso a fare la differenza è la consapevolezza dell’imprenditore nel voler costruire un’attività più o meno adatta all’inclusione sociale, aggiunge Rondinella. Una delle domande agli imprenditori che si rivolgono alla banca riguarda essenzialmente l’entità dell’impatto che il finanziamento potrà generare, mettendo a fuoco l’obiettivo di natura sociale o ambientale che ne scaturirà, oltre al vantaggio specifico per l’impresa.

Numeri di una storia

Tra gli highlight del report, il già ricordato 45% di attivo patrimoniale caratterizzabile pienamente come ad impatto, con la parte restante del portafoglio investiva in titoli di stato. Titoli, questi ultimi, che chiunque altro rendiconterebbe come ad impatto, in quanto l’uso pubblico del denaro è un qualcosa di tipicamente positivo. Per Banca Etica la voce è troppo generica e viene tenuta al di fuori dal novero degli investimenti più virtuosi. Laquasi totalità (98%) dei prestiti a organizzazioni e imprese del portafoglio di Banca Etica può essere considerata ad impatto positivo per le aree citate sopra: sociale (704 milioni di euro); ambiente (299,8 milioni di euro); collettività (225,6 milioni di euro); cooperazione internazionale (193,4 milioni di euro); legalità e diritti (65,7 milioni di euro); altri impatti (114,5 milioni di euro). Anche l’80,7% dei prestiti concessi alle persone ha generato un impatto positivo. Più di un quarto (il 26,6%) del credito della banca è indirizzato a enti non profit, con finanziamenti che includono attività di assistenza sociale, diritto alla casa, inclusione lavorativa di persone svantaggiate e diritto alla salute. Nel report sono indicati anche gli impegni relativi all’ambiente e alla transizione energetica ma, come di consueto per VITA, ci concentriamo sugli aspetti sociali.

Il racconto

Per tutte queste ragioni, il report di impatto di Banca Etica, più che un documento contabile o di marketing, si presenta come un libro da sfogliare, in cui i (tantissimi) numeri esposti vengono ricondotti alla loro capacità trasformativa della società e dell’ambiente.

Foto in apertura, Report di impatto di Banca Etica

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