VITA30, i protagonisti

Giacomo Poretti: «Ho imparato tutto da un pappagallo»

Sarà lui ad aprire la festa finale della due giorni di VITA, quella dei compleanni condivisi. Racconterà il suo rapporto speciale con il giornale, con Riccardo Bonacina e con chi ci lavora. E racconterà l’importanza per lui di quegli 11 anni da infermiere. Naturalmente non mancheranno i fuochi d’artificio…

di Giuseppe Frangi

Non poteva mancare Giacomo Poretti alla due giorni dei 30 anni di VITA. Salirà sul palco della Fabbrica del Vapore sabato alle 18,30 non per uno spettacolo ma per una conversazione, naturalmente con il suo stile, che quindi garantisce fuochi d’artificio (registrazione necessaria qui).

La sensibilità sui temi che stanno al centro del lavoro informatico di VITA se l’è fatta in quegli 11 anni in cui ha fatto l’infermiere all’ospedale di Legnano.

L’indimenticabile lezione di suor Aurelia

«Negli anni Settanta facevo turni massacranti, a volte da solo e senza fermarmi un attimo, perciò so bene di che cosa parliamo. Ho girato un po’ tutti i reparti e imparato tante cose, soprattutto grazie alle suore. Ho conosciuto i “gemelli dell’umiliazione”, cioè il pappagallo e la padella. Suor Aurelia mi aveva detto: “Quando porti il pappagallo a un ammalato, vedrai dipingersi sul suo volto una vergogna tutta particolare perché, con quel gesto, gli stai infliggendo un’umiliazione che non ha mai provato nella sua vita. Gli stai facendo capire quanto gli esseri umani siano dipendenti gli uni dagli altri”. Poi aggiunse: “Ricordati, Giacomo, che un bravo infermiere è quello che riesce a tenere compagnia alla vergogna”. Fu l’insegnamento più profondo che un infermiere, e forse anche un medico, possa ricevere. Vorrei smontare un luogo comune: quella dell’infermiere non è una missione, a volte si fa per necessità di lavorare. Ma, una volta in corsia, ti trovi di fronte a una responsabilità grande, anche se non l’hai voluta». 

E l’infermiere fece il corso di teatro

Lavorando in ospedale Poretti si era anche ritagliato il tempo per fare un corso di teatro a Busto Arsizio. Era l’inizio di un percorso che lo avrebbe portato allo straordinario successo degli anni 90, in trio con Giovanni Storti e Aldo Baglio. Da attore non ha certo dimenticato quella lunga esperienza tra le corsie, esperienza da cui ha tratto il monologo Chiedimi se sono di turno, con la regia di Andrea Chiodi, replicato in tantissime piazze italiane, a iniziare dal palco del Teatro Oscar, che Poretti ha fondato con grande passione insieme agli amici Gabriele Allevi e Luca Doninelli.

La lezione di quegli anni infatti non l’ha mai dimenticata: «Il pappagallo è lo strumento detestato da tutti in ospedale, chi lo deve usare, chi lo deve pulire, il Primario non lo vuole vedere, i parenti lo vogliono occultare. Ma attraverso il pappagallo passa tutta l’umanità, tutta la delicatezza, tutta la vergogna e il rispetto di quando si ha bisogno d’aiuto e di qualcuno che tenga compagnia alla nostra fragilità».


L’attenzione al volontariato

Una delle cifre di Giacomo Poretti è certamente la generosità. Per questo si è sempre prodigato nel sostegno a tante realtà sociali e nel diffondere l’importanza dell’esperienza di volontariato. «Il gesto del volontariato appartiene all’immensa bellezza del cuore e al suo mistero per questo va riconosciuto.Ma esiste anche un volontariato più nascosto ed anche questo va guardato. Quello che mette in gioco l’amicizia disinteressata: quello che fa la spesa alla vicina che fa fatica a fare le scale; quello che accompagna il vicino dal dottore; quello che ridipinge l’appartamento alla vicina indigente; quello che permette di realizzare un sogno al vicino… Insomma, già essere vicini aiuta! Questo tipo di volontariato, che è più diffuso di quello che sembra, permette spesso la sopravvivenza di un numero elevato di persone. È casereccio, ma efficace. Un po’ timido e imbarazzato ma forse per questo molto potente».

Quando volontario è stato lui

Con una punta di ironia spesso sottolinea come la prima esperienza di volontariato l’abbia fatta con i suoi soci del trio: «Noi il volontariato lo abbiamo fatto quotidianamente fra noi stessi: Giacomo e Giovanni fungono da amorevoli badanti nel ricordare giornalmente ad Aldo i propri impegni: un’ora prima di ogni appuntamento lo chiamiamo per convocarlo in ufficio o sul set o a teatro, insomma nel luogo che avevamo stabilito; e lui, immancabilmente, dice: «Possibile? Non mi avete detto niente!». Se dipendesse dalla sua memoria, che è come quella dei pesci e svanisce dopo tre secondi, Aldo non sarebbe in grado di lavorare: perciò con questo atto di volontariato difendiamo la sua e la nostra professione…».

Il rapporto con VITA

Quanto a VITA per lui è una lettura “obbligatoria”: «Mi stimola ad aprirmi ad altre idee, altre possibilità che sono possibilità di futuro. Se tu non sai che pesci pigliare, VITA ti aiuta ad aprire la mente e anche a mangiare…»

Per tutti coloro che non potranno partecipare di persona sarà possibile seguire la diretta streaming della due giorni su vita.it, a partire dalla mattina di venerdì 25 ottobre.

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