Formazione

Roma, a lezione di contrasto alla violenza di genere

Fa tappa nella Capitale la mostra fotografica di Stefania Prandi “Rinate - Oltre il femminicidio”, un progetto dell’associazione Rea, Reagire alla Violenza in collaborazione con Fondazione Vodafone. Dieci gli istituti superiori italiani coinvolti. «In ogni scuola almeno uno studente ci chiede informazioni su come poter denunciare»

di Ilaria Dioguardi

Questa mattina, nel liceo Vittoria Colonna di Roma, c’è stato un incontro molto particolare. Gli studenti hanno potuto visitare la nuova mostra di Stefania Prandi “Rinate – Oltre il femminicidio”, un progetto dell’associazione Rea, Reagire alla Violenza, in collaborazione con Fondazione Vodafone e Fondazione Media Literacy. I ragazzi hanno dialogato, nell’aula magna della scuola, con una delle donne ritratte, Laura, colpita con 16 coltellate dall’ex compagno nel 2014.

Quattro donne sopravvissute al femminicidio

L’esposizione è parte integrante di un progetto rivolto alle scuole, un’indagine che coinvolge una rete “pilota” di 10 istituti secondari di primo e secondo grado per l’individuazione e il superamento degli stereotipi negativi e delle giustificazioni dirette o indirette delle violenze di genere. “Rinate – Oltre il femminicidio” racconta – attraverso la tecnica del fotogiornalismo collaborativo – la storia di quattro donne (Azadè, Beatrice, Laura, Marina), sopravvissute al femminicidio. Attraverso i loro ritratti, le foto di oggetti e le loro parole, prende forma il racconto dei meccanismi della violenza maschile.

Si può intervenire su chi commette e agisce violenza? Come possono difendersi le donne, sia psicologicamente sia fisicamente, senza scadere nel “victim empowerment”? La mostra ci conduce attraverso questi quesiti che ancora agitano il dibattito intorno ai femminicidi. In ogni scuola le protagoniste degli scatti dialogano con gli studenti e le redazioni radiofoniche scolastiche sono al lavoro per realizzare podcast e articoli di giornale per sensibilizzare sul tema della violenza di genere.

Le domande degli studenti

La mattinata inizia con la storia di Laura, che dice di essere «viva per miracolo e di aver subito diversi interventi chirurgici dopo le coltellate del suo ex compagno». I ragazzi sono molto interessati al suo racconto. Dopo qualche riflessione sul tema della violenza di genere e l’invito, più volte ripetuto da Laura, a «tenere le antenne dritte verso ogni forma di violenza verso le donne», gli studenti vincono la timidezza e iniziano a fare qualche domanda. C’è Eva che chiede un consiglio.  Se qualche ragazzo le dà delle “attenzioni” non richieste, qualche adulto le dice «vuol dire che gli piaci», lei domanda a Laura: «Come faccio a far capire che il motivo non è questo?». C’è Lorenzo che commenta la mattinata dicendo che si porta a casa «il fatto che è molto importante che si faccia giustizia, se un uomo è violento con una donna».

Una studentessa dice che qualche prof ha affermato che le regole dell’istituto, riguardo all’abbigliamento decoroso da indossare (non attillato e non scollato), sono fatte in modo che le ragazze «non attirino l’attenzione dei ragazzi. Non lo trovo giusto, così non c’è un trattamento di parità». Un’altra ragazza non capisce perché bisogna usare il termine femminicidio, «non sarebbe meglio usare la parola omicidio?». Patrick afferma che, se si trovasse ad assistere sull’autobus ad un palpeggiamento non gradito di una ragazza da parte di un ragazzo, «gli direbbe di smetterla e chiamerebbe la polizia». «Siamo tutti coinvolti, dobbiamo tutti sentirci responsabili quando c’è un femminicidio o un uomo attua qualunque forma di violenza sulla sua compagna, moglie, madre, sorella o amica. Il tema della violenza sulle donne non è nominale o identitario, ma è collettivo e sociale», chiosa Laura.

Laura, Azadè, Beatrice e Marina

Suona la campanella, è l’ora della ricreazione e di andare a vedere la mostra. «In ogni scuola almeno uno studente ci chiede informazioni su come poter denunciare, su quali sono i rischi», dicono gli organizzatori dell’esposizione. I ragazzi leggono i pannelli con le storie delle donne in totale silenzio, e osservano le immagini e le foto con molta attenzione. Ci sono gli scatti di Laura (uno in apertura di quest’articolo), che da anni va nelle scuole a raccontare quello che le è accaduto, spiegando le dinamiche della disparità di potere che ancora c’è, nella nostra società, tra uomini e donne. Ci sono le foto di Azadè, iraniana, fuggita insieme al figlio da un marito violento; oggi lavora in un punto vendita di dolci di Roma, Dolcè, prima attività commerciale di Arci Solidarietà creata per dare un futuro alle donne con vulnerabilità sociale.


Poi c’è Beatrice, 31 anni, che cinque anni fa stava per essere uccisa dal suo ex fidanzato. «Per anni sembrava che con il mio ex fossimo felici. Spesso mi chiedo se sia stato davvero tutto finto o se ci fosse qualcosa di vero. Mi domando perché la parte buona non sia riuscita a prevalere sul resto», dice. I ragazzi leggono con attenzione le storie, in silenzio. Gli ultimi scatti riguardano Marina, 50 anni, che dopo anni di violenze ha deciso di andarsene dal marito, che poi le ha inferto diverse coltellate e ha cercato di strangolarla. Lui è stato condannato a 12 anni di carcere, ma quando diventa buio lei non riesce ancora ad uscire da sola.

Un’indagine giornalistica “tra pari”

Nelle scuole coinvolte è effettuata un’indagine giornalistica “fra pari” rivolta ai giovani dai 13 ai 18 anni grazie a questionari e interviste raccolte dai “giovani reporter” delle redazioni scolastiche che fanno parte della rete della Fondazione Media Literacy. I contenuti dell’indagine sono veicolati attraverso la radio all’interno della trasmissione La Giusta Frequenza, partecipata dalle scuole italiane e in onda sulle frequenze Dab della Fondazione. Inoltre, saranno pubblicati sul mensile Zai.net (cartaceo distribuito in tutte le scuole superiori Italia e scritto dagli studenti) e condivisi sul web con un effetto moltiplicatore. Il coinvolgimento delle studentesse e degli studenti è parte attiva del processo attraverso la costituzione di un gruppo di giovani reporter che opera all’interno di ogni istituto scolastico.

“Rinate – Oltre il femminicidio” viaggia dalla Calabria al Piemonte

La mostra e l’indagine risaliranno l’Italia, arrivando in 10 scuole dalla Calabria al Piemonte, passando per Lazio, Lombardia ed Emilia-Romagna. Dopo le tappe di San Costantino Calabro (provincia di Vibo Valentia, 24 settembre, Istituto comprensivo), Andria (8 ottobre, Iiss Lotti), Roma (15 ottobre liceo Plauto, 17 ottobre Ic Ennio Quirino Visconti, 22 ottobre liceo Vittoria Colonna), sarà la volta di Torino (29 ottobre, liceo Altiero Spinelli). Seguiranno la provincia di Monza e della Brianza con Vimercate (7 novembre, liceo Einstein) e Seregno (12 novembre, liceo Parini), Bologna (19 novembre, liceo Laura Bassi) e, per concludere, Parma (21 novembre, liceo Toschi).

Bright Sky: la app per il contrasto alla violenza di genere

Fondazione Vodafone è attiva da anni nel contrasto alla violenza di genere in ogni sua forma attraverso Bright Sky e il sostegno a progetti sul territorio. Bright Sky è l’app gratuita di Fondazione Vodafone sviluppata in collaborazione con Cadmi, Casa delle Donne Maltrattate, e Polizia di Stato, che fornisce informazioni e strumenti concreti alle donne che subiscono violenze e maltrattamenti. Tra questi, la mappatura dei servizi di supporto su tutto il territorio nazionale, la chiamata rapida al 112, oltre a questionari per valutare il rischio di una relazione e per sfatare stereotipi e luoghi comuni sul fenomeno della violenza di genere, in ogni sua forma.

Foto di Ilaria Dioguardi. La mostra è di Stefania Prandi (compresa l’immagine di apertura)

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