Rapporti

Migranti: più occupati ma anche lavoratori poveri e minori dropout

Caritas Italiana e Fondazione Migrantes hanno presentato a Roma il XXXIII "Rapporto Immigrazione 2024. Popoli in cammino". Aumentano del 3,2% i cittadini stranieri residenti in Italia. Quasi un terzo dei giovani non comunitari lascia la scuola

di Ilaria Dioguardi

Dai dati del rapporto, realizzato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes e presentato a Roma, emerge che i cittadini stranieri residenti in Italia sono il 3,2% in più rispetto allo scorso anno, sono oltre cinque milioni e 300mila. L’incidenza sulla popolazione totale tocca il 9% della popolazione residente. Oltre 200mila hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno, tra questi prevale la modalità di acquisizione “altro” (46,1%) rispetto alla residenza continuativa (45,1%) e al matrimonio con un/a cittadino/a italiano/a (8,8%): si tratta prevalentemente dei neomaggiorenni nati in Italia.

Il 42% dei giovani non comunitari è occupato

Lo scorso anno il tasso di occupazione dei lavoratori non-Ue si è avvicinato maggiormente (60,7%) a quello della totalità dei lavoratori (61,5%). Tra il 2019 e il 2023 la quota di lavoratori stranieri sulle assunzioni totali è salita dal 13,6% del 2019 al 19,2% del 2023. Il tasso di occupazione più alto è tra i giovani non comunitari (42%), seguito dai comunitari (38,6%) e dagli italiani (34%).
La popolazione di cittadinanza straniera è nettamente più giovane rispetto a quella italiana: nella prima, la classe di età prevalente è quella fino a 17 anni (20,6%), seguita dalla fascia opposta, quella dei 60enni e over (10,8%), dai 35-39enni (10,7%) e dai 40-44enni (10,2%).

Abbandono scolastico:
tre volte più alto rispetto agli italiani

L’aumento dell’occupazione non è un dato incoraggiante: si ricollega, almeno in parte, all’alto tasso di abbandono scolastico, noto come Elet. Quasi un terzo dei giovani stranieri non comunitari lascia prematuramente la scuola (29,5%), tasso più di tre volte superiore rispetto ai ragazzi italiani (9%). Questo fenomeno è evidente soprattutto tra i giovani provenienti da Sri Lanka, Bangladesh e Senegal: più della metà non completa il percorso di studi superiori. Il numero degli alunni con cittadinanza non italiana si avvicina ai 915 mila, rappresentando l’11,2% del totale della popolazione scolastica.
I tassi di Neet sono molto elevati tra le donne non comunitarie (39,6%), seguite da quelle Ue (25,2%) e italiane (16%).

Manuela De Marco, Caritas Italiana, Servizio studi e ricerche

Ai centri Caritas tanti lavoratori poveri

Dai dati raccolti attraverso i Centri d’ascolto e i servizi Caritas, emerge che oltre uno straniero su quattro che chiede assistenza è un lavoratore povero. In presenza di difficoltà ad accedere alle misure governative di contrasto alla povertà il supporto familistico e informale è ancora la strategia di resilienza alle situazioni di difficoltà economica più resistente e ritenuto più affidabile dai migranti in Italia. Solo il 7,2% delle famiglie immigrate è risultato percettore di RdC (Reddito di Cittadinanza, poi sostituito dall’AdI – Assegno di Inclusione) a fronte del 27,2% delle famiglie italiane, soprattutto per l’imposizione del requisito normativo dei 10 anni di residenza.  

Criminalità e discriminazioni

 Il dato della presenza straniera negli istituti penitenziari è in linea con quello degli ultimi anni: al 31 dicembre 2023 i detenuti stranieri erano 18.894 su un totale di 60.166, pari al 31,4% della popolazione carceraria complessiva. Di questi, 18.193 erano uomini e 701 donne. Pur rappresentando meno di un terzo della popolazione carceraria femminile, sono straniere quasi la metà delle detenute madri con figli al seguito (sono 11 mamme migranti con 11 figli su un totale di 20 donne detenute e di altrettanti bambini al seguito). Agli immigrati, al pari di chi è nato in Italia, sono contestati soprattutto reati contro il patrimonio (9.635 detenuti stranieri), reati contro la persona (8.130) e reati in materia di stupefacenti (5.988). I cittadini stranieri risultano vittime di violenze e frodi più dei cittadini italiani, a cui si aggiungono anche molte forme di discriminazione, talvolta istituzionalizzate.

Simone Varisco, Fondazione Migrantes

Il rapporto (sottovalutato) tra sistema finanziario e migranti

«La bancarizzazione del migrante è fondamentale, perché con essa si ottiene la cosiddetta “cittadinanza economica” che, a sua volta, contribuisce al completamento del processo di inclusione nella società», si legge in uno degli approfondimenti del Rapporto, a firma di Marco Marcocci e Adriana Coletta, Migranti e banche odv. «È auspicabile una bancarizzazione “glocale”, che prevede quella dell’emigrato nel Paese di accoglienza e, nel Paese di origine, quella dei proprio famigliari e dello stesso emigrato».

Le reazioni: Mcl,
«Evitare lavoro illegale e sfruttamento»

Intanto arrivano i primi commenti sul Rapporto da parte delle associazioni. «A fronte dell’aumento del tasso di occupazione dei lavoratori non-Ue, come evidenziato dai dati presentati oggi da Caritas e Migrantes, aumentano anche i casi di sfruttamento illegale del lavoro e soprattutto in ambito agricolo quello del caporalato. Per questo crediamo opportuno che venga avviata una revisione del Decreto Cutro e favorita una maggiore tutela dei diritti ad esempio delle persone titolari di protezione speciale per evitare il triste fenomeno del lavoro illegale e dello sfruttamento». È quanto dichiara Paolo Ragusa, presidente nazionale dell’Associazione lavoratori stranieri di Mcl (Movimento cristiano lavoratori).

«Preoccupa anche il fatto che spesso il lavoratore migrante viene inquadrato come non qualificato. Per questo crediamo utile non solo facilitare l’ingresso dei lavoratori, ma anche offrire un percorso formativo che sia serio e duraturo. In tale contesto, le donne poi hanno la necessità di essere supportate perché con gli uomini che lavorano sono loro a dovere sostenere il peso della famiglia anche qui in Italia. Il lavoro povero», continua Ragusa, «è l’anticamera dello sfruttamento e del caporalato. Su questo occorre fare rete per offrire a chi viene a lavorare nel nostro Paese un compenso adeguato ed una vera formazione professionale, ma anche, per chi ha necessità, la possibilità di accedere con maggiore facilità alle misure statali per il contrasto alle povertà».

La foto di apertura è di Mourad Balti Touati per LaPresse, le altre foto e i video sono di Ilaria Dioguardi

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.