Persone

Quei cinque anni con Guido al “ministero della Strada”

«Spiccata personalità e cultura, ostinato nelle sue convinzioni ma consapevole di essere servitore dello Stato, per questo, dopo accese discussioni, era ovvio per lui che decidesse il ministro anzi la ministra, cui lui avrebbe garantito leale collaborazione», così Livia Turco ricorda Guido Bolaffi che fu con lei al ministero della Solidarietà sociale. Fu una «primavera delle politiche sociali», ricorda

di Livia Turco

GUIDO BOLAFFI FOTO DI © GENNI/AG.SINTESI

Guido Bolaffi , scomparso l’altro ieri a Roma a 78 anni, era stato capo di gabinetto del ministero per la Solidarietà sociale, presiedendo il gruppo interministeriale che elaborò la legge Turco-Napolitano nel 1998 e il comitato per i minori stranieri non accompagnati. Nel 2001 Roberto Maroni, neoministro del Welfare, lo nominò capo Dipartimento del ministero delle Politiche Sociali e, ad interim, del ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. Dal 2009, fu consulente del Comitato parlamentare Schengen e, dal febbraio 2010, del Comitato per l’Islam italiano presso il ministero dell’Interno. Abbiamo chiesto a Livia Turco di ricordarlo.

Quando, nel maggio 1996, dopo il giuramento al Quirinale mi trasferii al ministero degli Affari Sociali, trovai ad attendermi per il passaggio delle consegne il ministro Adriano Ossicini che, con il suo garbo, mi parlò delle tante incombenze che gravavano sul ministero e mi fece conoscere i suoi stretti collaboratori tra cui il capa Dipartimento Guido Bolaffi.

Arrivavo a quel ministero con una mia “cassetta degli attrezzi” maturata negli anni della mia esperienza politica e nel sociale. Al primo posto c’era la dignità delle politiche sociali e la costruzione del Welfare sociale che mancava nel nostro Paese ed era delegato alla attività dei Comuni. Per questo trovai incongruo che il ministero che su questo avrebbe dovuto cimentarsi si chiamasse Affari Sociali, dando il senso di emergenze da affrontare e fosse senza portafoglio. Fu il primo argomento di conversazione con Guido Bolaffi mentre mi illustrava la struttura del ministero.

L’intesa immediata

Scattò subito un intesa sulla missione del ministero: non occuparsi solo delle emergenze ma varare riforme che andassero nella direzione di un cambiamento strutturale. Gli dissi che avrei voluto che quel ministero si chiamasse della Solidarietà Sociale, per sottolineare che il sociale deve essere considerato “motore” dello sviluppo economico e sociale e non solo “curare le ferite”.

Idea che piacque molto al presidente, Romano Prodi che accettò la proposta.
Il giorno dopo questa chiacchierata che aveva stabilito fin da subito un dialogo molto fluido e trasparente, Bolaffi mi sviluppò una considerazione che fu illuminante per me: «Hai ragione a volere che il ministero non si occupi solo di emergenza. L’emergenza che non devi accettare è quella sulla immigrazione. Non può continuare che a decidere sulle politiche migratorie sono altri ministeri e noi al massimo siamo coinvolti nelle azioni umanitarie. Decidi, se vuoi mantenere la competenza su immigrazione precisa che il ministero deve esercitare una azione di promozione delle riforme esercitando la sua funzione di indirizzo e coordinamento». Quella sua affermazione mi diede impulso a chiarire subito la questione con il presidente del Consiglio.

L’impegno sui migranti

Scoprimmo fin dall’inizio che quella della immigrazione era un cimento che ci univa, seppure con sensibilità e talvolta con pensieri diversi, che cementò un lavoro comune basato sulla massima lealtà e trasparenza, per dimostrare che facevamo sul serio decidemmo subito di costruire un evento dal titolo Non più stranieri ma cittadini, che tenemmo nell’autunno dello stesso anno a Torino coinvolgendo volontariato, sindacati, mondo economico, intellettuali, sindaci, sacerdoti, imam. Discutemmo le linee generali di una nuova legge quadro sull’immigrazione.
Guido era una persona con spiccata personalità e cultura, ostinato nelle sue convinzioni ma consapevole di essere servitore dello Stato, per questo dopo accese discussioni era ovvio per lui che decidesse il ministro anzi la ministra, cui lui avrebbe garantito leale collaborazione.
La lealtà e la trasparenza sono state la cifra più importante della nostra collaborazione e anche quella più utile per adempiere al nostro dovere di costruttori del bene comune. Quei cinque anni sono stati una esperienza unica per il clima di comunità, di condivisione, di cimento sulle innovazioni e sul fare concreto.

Mi chiamava “ministra Apparecchia tavoli”

Ci chiamavamo “ministero di Strada”, io ero stata definita la “ministra apparecchia tavoli”, perché su ogni tema apparecchiavo un tavolo con i soggetti che nella società lavoravano su quel tema medesimo. «Quanta pazienza hai», mi diceva a volte sornione: vedeva la fatica di quella pratica di esercizio della funzione governativa, non so quanto la condividesse, ma fu sempre di sostegno. Le Leggi devono vivere nella società, le riforme si costruiscono in modo condiviso. Ciò di cui Guido era molto convinto ed i punto su cui la condivisione fu massima fu l’idea di un Welfare che include gli esclusi, quelli che non votano, come i bambini, gli immigrati, i poveri.
Fu molto convinto di partire dai bambini e dagli adolescenti e dopo una importante iniziativa a Palermo nel 1996 , di condivisione del Rapporto sull’Infanzia e l’Adolescenza curato da Carlo Alfredo Moro, allestimmo il Primo Tavolo coordinato da Paolo Onelli per la stesura della legge 285/97 e la successiva Conferenza, a Firenze, I Bambini in cima ai nostri pensieri.

Una primavera delle politiche sociali

Non mi dilungo a raccontare le tante Conferenze e le tante riforme di quella “Primavera delle politiche sociali” che costruimmo insieme con la straordinaria e plurale comunità del Sociale diffusa in tutto il territorio.
Questo giornale ne è stato autorevole ed amichevole protagonista ed interprete. Guido Bolaffi di quella stagione fu protagonista, e nonostante talune spigolosità del carattere, mi aiutò a fare del ministero della Solidarietà una Comunità che condivideva e partecipava in modo attivo al nostro fare a prescindere dai ruoli lavorativi rivestiti.

C’era tra noi stima, leale collaborazione, la passione per un comune cimento che alimentò anche un sentimento di amicizia. Sentimento che ho conservato nel tempo e con cui lo saluto in questo doloroso momento.

Nella foto di apertura, di Genni per Agenzia Sintesi, Guido Bolaffi.

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