Morti sul lavoro

Sicurezza sul lavoro, ci vuole il whistleblower

Dopo l'incidente sul lavoro che è costato la vita a un operaio nigeriano e il ferimento di due operai (tra cui un sedicenne), Stefano Tassinari, vicepresidente Acli, chiede più investimenti e controlli sulla formazione e «uno sportello a cui segnalare in modo riservato le situazioni di rischio»

di Alessio Nisi

Un tragico incidente sul lavoro, su cui la procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Una tragedia, l’ennesima. Questa volta nel centro di Roma, a pochi passi dalla Fontana di Trevi. Un ascensore, sottoposto a lavori, è precipitato dal secondo piano di una palazzina di via delle Vergini, causando la morte di Peter Isiwele, operaio nigeriano di 48 anni, mentre altri due sono rimasti gravemente feriti, ma non sono in pericolo di vita. Uno ha sedici anni.

I tre operai erano impegnati in un intervento di manutenzione straordinaria dell’ascensore all’interno di una palazzina. Durante le operazioni sull’impianto e sulla cabina si sarebbero staccate le cinghie di ancoraggio, e l’ascensore è precipitato, insieme agli operai. 

«Prima di tutto voglio esprimere la mia solidarietà alla vittima e alla sua famiglia, con la speranza che le persone che sono rimaste ferite si riprendano presto». L’ennesimo incidente sul lavoro? «È un qualcosa che allarma e preoccupa sempre di più», argomenta Stefano Tassinari, vicepresidente delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – Acli, con delega a lavoro e Terzo settore.

«Consideriamo», sottolinea, «il lavoro solo mercato, cioè l’incontro della domanda e dell’offerta, lo scambio tra prestazioni e compenso, dimenticando che il lavoro innanzitutto è vita». Ma se si continua a considerarlo solo uno scambio «si finisce per far perdere di valore al lavoro e di conseguenza alla nostra vita». 

Stefano Tassinari, vicepresidente Acli, con delega a lavoro e Terzo settore

Rischiare la vita a 16 anni

Non solo. Con la tecnologia avanzata che abbiamo a disposizione, riflette, «mi chiedo come sia possibile non avere un sistema per contrastare o ridurre gli infortuni sul lavoro». La lista delle morti bianche piange un’altra vittima. E altre due persone hanno rischiato la vita. Anche un ragazzo. Era sul posto di lavoro insieme al padre, che ne ha parlato in termini addirittura di operaio esperto. Viene da chiedersi da dove venga e quanto spazio occupi l’esperienza in un quasi diciassettenne.

Più investimenti e controlli sulla formazione

«Sul caso specifico si dovrà fare chiarezza. In generale «c’è un tema di formazione, su cui si deve investire di più. I tirocini e l’apprendistato sono utili, però vanno fatti e controllati bene. Di nuovo, devono essere forme di apprendimento e di accompagnamento al lavoro, non devono essere immediatamente forme contrattuali». Nel dettaglio, «i soggetti che gestiscono», la formazione, «devono essere misurati pagati per il raggiungimento degli obiettivi di queste persone».

Quella zona grigia dove si incontrano domanda e offerta di lavoro

In generale Tassinari parla di «un sistema della formazione poco organizzato», «non c’è un monitoraggio nazionale, non c’è un osservatorio, non c’è insomma un sistema che funzioni come dovrebbe funzionare». In particolare, «i ragazzi oggi tendono ad incontrare sempre di più il mondo del lavoro in una zona grigia». Certo, aggiunge, «i ragazzi sono esposti come sono esposti gli altri. Ma per diventare esperto in qualsiasi lavoro e soprattutto in quei lavori dove sei più a rischio la sicurezza, ci vogliono anni».

Troppa omertà, subito uno sportello per le situazioni a rischio

Che fare dunque? Più ispettori e controlli? Difficile, se prendiamo in considerazione le dimensioni e la diffusione delle nostre imprese. «Spesso» in queste situazioni, aggiunge, «l’impunità regna. Urge l’istituzione di un telefono o sportello bianco a cui segnalare in modo riservato le situazioni di rischio. Troppi incidenti mortali avvengono in contesti oppressivi dove si vincolano le persone all’omertà. Dobbiamo anche riscattare e regolarizzare quei lavoratori migranti che sono costretti da una legislazione assurda a condizioni di invisibilità, che li espongono a rischi maggiori. Per loro denunciare significa essere cacciati dal nostro Paese e l’assenza di diritti a loro carico finisce per estendersi altrove come un virus».

Un po come accade già per le aziende sopra i 50 dipendenti con la normativa sui whistleblower, ossia la legge 4 dicembre 2017, n. 179, che consente ai dipendenti di segnalare anonimamente le condotte aziendali illecite.

Nella foto dia pertura di Cecilia Fabiano/LaPress, il palazzo romano in cui, ieri, è precipitato un ascensore, uccidendo un lavoratore e ferendone gravemente due, fra cui un 16enne. Nel testo la foto di Stefano Tassinari è dell’ufficio stampa Acli.

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