Pianeta&Salute

Inquinamento e cambiamento climatico, ecco perché gli oncologi devono occuparsene

Francesco Perrone, presidente di Aiom, parla di obbligo morale e missione sociale degli specialisti: bisogna parlare dei fattori di rischio che minacciano la salute del nostro organismo e del nostro pianeta (e che spesso sono gli stessi), misurarli e affrontarli con determinazione

di Nicla Panciera

Non è semplice stabilire cosa significhi garantire il diritto alla salute, il cui legame con l’ambiente complica alquanto lo scenario. Il tema, di cui si parlerà al convegno nazionale dell’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma Ail (presentato qui) dal titolo «Curare è prendersi cura, Impatto ambientale e rischio sanitario, benessere e stili di vita», è da tempo oggetto di attenzione degli oncologi medici di Aiom.

Nel 2021, il cambiamento climatico è stato definito dall’Oms come «la più grande minaccia per la salute che l’umanità deve affrontare». «Il cambiamento climatico si accompagna a delle modifiche del profilo dell’inquinamento che ormai un gran numero di evidenze confermano essere all’origine di malattie non solo oncologiche. Gli oncologi hanno il dovere morale e la missione sociale di occuparsene e di parlarne anche per una ragione che va oltre il potenziale cancerogeno dei fattori di rischio ambientale: per la gravità della materia che trattano e la sua rilevanza mediatica ed emotiva, hanno la capacità di farsi sentire a tutti i livelli» spiega Francesco Perrone, direttore della Unità sperimentazioni cliniche dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli, che interverrà a congresso.

Francesco Perrone

Perrone è anche presidente dell’Associazione italiana oncologia medica Aiom, che è sempre in prima linea quando è necessario mobilitare la comunicazione su tematiche importanti, dove il cancro può anche non essere la principale questione in gioco, come nel caso dei diritti Lgtb+ (come vi abbiamo raccontato qui), dei migranti e presto della popolazione carceraria.

Sovrapposizione tra cause del cancro e di danni ambientali

Da un lato, l’oncologo ricorda che l’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria costituisce un fattore di rischio che va oltre la possibilità d’azione del singolo individuo e richiede un intervento governativo istituzionale. Dall’altro, evidenzia Perrone, «molti stili di vita che costituiscono un fattore di rischio per lo sviluppo del cancro hanno un notevole impatto ambientale, si pensi al consumo di carne e al fumo, solo per citare due esempi». Degradazione ambientale che è, a sua volta, all’origine di un ulteriore aumento dei casi di malattia e decessi, in particolare tra le popolazioni più vulnerabili, come bambini anziani e malati e alcune aree del mondo.

Interessi in conflitto e a risentirne è la salute

L’impatto dell’inquinamento dell’aria, secondo le stime dell’Oms, è di 6,7 milioni di decessi l’anno. Di questi, quasi l’85% è attribuibile a malattie non trasmissibili, tra cui la cardiopatia ischemica, l’ictus, il cancro ai polmoni, l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva Bpco e il diabete. Ciò rende l’inquinamento atmosferico la seconda causa principale, dopo il tabacco, di malattie non trasmissibili a livello globale. All’inquinamento dell’aria non ci si può sottrarre. Va combattuto con misure spesso ostacolate da chi difende interessi in conflitto con quelli dell’ambiente e della salute come quello economico, industriale e commerciale. Raggiungere un equilibro è complicato, ma per chi considera la salute al primo posto non ci sono dubbi. L’anno scorso, ad esempio, sia Esmo sia Aiom si sono espressi sulla necessità di tenere sotto controllo i limiti dell’inquinamento dell’aria per ridurre l’incidenza e i decessi di numerose malattie anche oncologiche, mentre i governatori delle Regioni del Nord in nome di interessi industriali e agricoli hanno chiesto all’Europa una deroga ai limiti di inquinamento dell’aria stabiliti dalla direttiva europea sulla qualità dell’aria. Secondo le stime degli esperti, il rinvio di 10 anni dell’adempimento ai nuovi limiti potrebbe causare in Europa quasi 330.000 morti premature, un terzo delle quali nel nostro Paese. «Comprendo l’importanza delle ragioni economiche, che sono determinanti di salute tanto che sappiamo bene come proprio i danni al tessuto produttivo si traducono in conseguenze di salute. Tuttavia, altri paesi si sono già mossi per tempo in questo senso e hanno mantenuto la propria capacità produttiva» ragiona Perrone che conclude. «Sono un medico e un oncologo e i limiti per me vanno rispettati».

Effetto sinergico tra miscele di inquinanti e altri fattori di rischio

Quanto alla ricerca, per decenni si è concentrata sullo studio degli effetti tossici di singole molecole, mentre noi siamo esposti a miscele di sostanze per decenni: «Quali effetti ha sull’organismo un’esposizione cronica, magari sotto i livelli soglia di pericolosità, a più sostanze diverse? Abbiamo acquisito il concetto di esposoma, che indica l’insieme delle esposizioni ambientali nel corso della vita. Ma in che modo si combinano tra loro e si potenziano?» si chiede Perrone «Studiare l’effetto moltiplicativo degli inquinanti è una priorità, così come possedere delle mappe che quantifichino questi rischi che pesano di più proprio sulle fasce già vulnerabili dal punto di vista educativo, sociale, economico. Ciò consentirebbe alla politica di prendere decisioni informate».

Il ruolo degli oncologi

In una recente Perspective sul British Journal of Cancer intitolata “Cambiamento climatico: perché gli oncologi devono essere coinvolti” Joan Schiller, già direttore del Simmons comprehensive cancer center del Texas, scrive: «Abbiamo l’obbligo morale e professionale di educare i nostri colleghi, i sistemi sanitari, il pubblico e le altre parti interessate sui pericoli che possono aspettarsi e su come possono essere prevenuti o mitigati». Parlare ai propri pari è prioritario per Aiom che, nell’organizzazione del congresso annuale che si terrà a Roma l’8 e 9 novembre, ha deciso di fare scelte che siano rispettose dell’ambiente, prestando molta attenzione all’impatto ambientale dell’evento, rendendolo quasi completamente paper-free, chiedendo agli espositori l’utilizzo di certi materiali nell’allestimento degli stand e ai congressisti attenzione nella scelta dei trasporti. Infine, annuncia Perrone, «al termine del congresso verrà fatto un bilancio dell’impronta che avrà avuto e intraprenderemo un’azione di mitigazione piantando degli alberi».

Dal punto di vista della consapevolezza, quella che poi muove all’azione, Perrone è convinto che salute e ambiente possono lavorare in sinergia, «una sinergia emotiva e comunicativa capace di parlare contemporaneamente a coloro che sono più sensibili alla questione salute e coloro che lo sono di più per le tematiche ambientali, come abbiamo visto tanto intrecciate».

Foto di Diane Picchiottino su Unsplash

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