Cultura

La moto del “Che” a velocità normale

Recensione del film "I diari della motocicletta" di Walter Salles (di Maurizio Regosa).

di Redazione

Ha fatto bene Walter Salles a non premere l?acceleratore sulla leggenda, raccontando il viaggio di Ernesto Guevara e del suo amico Alberto Granado. Al cinema, si sa, mostrando un fatto dopo l?altro, è facile suggerire un rapporto di causa ed effetto; un?ipotesi di automatismo che poteva sottrarre credibilità a questo interessante I diari della motocicletta. Optando invece per un racconto dal profilo discreto, Salles è riuscito nel suo road movie a mettere in scena la trasformazione del giovane Ernesto che assieme ad Alberto viaggia a bordo di una vecchia motocicletta (siamo nel 1952): parte borghese studente di medicina e si ritrova, migliaia di chilometri dopo, rivoluzionario per vocazione. Certo non mancano nel film momenti che sarei tentato di definire simbolici (la bella scena della traversata notturna del fiume per raggiungere i lebbrosi relegati sull?altra sponda e festeggiare con loro il suo compleanno, per esempio), ma il registro prevalente è quello quotidiano, ?normale?: la vita raramente gioca d?anticipo mostrando il senso delle sue mosse; per lo più spinge noi inconsapevoli a fare dei passi il cui senso appare soltanto a posteriori. E non ci sono eccezioni nemmeno per gli uomini leggendari, suggerisce l?autore di Central do Brasil, al quale evidentemente è chiarissimo quel che Paul Verlaine andava dicendo e cioè che gli idoli, a toccarli, lasciano sulle dita la polvere d?oro. Così del ventitreenne Fuser (come lo chiama Alberto) vediamo fragilità, insicurezze e dubbi. Lo osserviamo muoversi malamente su una pista da ballo e inciampare nei sentieri dell?amore. L?ascoltiamo dire ingenuità forse non prevedibili (“nel mondo c?è tanta ingiustizia”, conclude alla fine) e proprio per questo lo apprezziamo (assieme a una sceneggiatura curata e convincente). Ciò che probabilmente apprezziamo meno è una regia tutto sommato un po? piatta, che lascia ampio spazio ai meravigliosi panorami, che si concentra sui due amici in viaggio, cogliendo aspetti anche inusuali e curiosi, ma mi pare riserbi poche sorprese: i raccordi di montaggio sono da manuale, l?alternanza dei piani e dei campi è rigorosa. Fanno eccezione alcuni efficaci inserti in bianco e nero: i ritratti delle persone incontrate durante il cammino. Uomini e donne che vivono esistenze difficili e il cui sguardo interroga tutti noi sul valore dell?utopia e il desiderio di progettare un mondo diverso.

Maurizio Regosa


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