Famiglia

Guatemala. La solidarietà ha fatto scuole

Per uscire dalla povertà conta di più l’alfabetizzazione che il denaro.

di Stefano Arduini

Guatemala, maggio

Un Paese povero solitamente è anche un Paese violento. Non sfugge alla regola il Guatemala, che nel rapporto Onu 2003 sullo sviluppo umano occupa la 119esima posizione su 175. Una violenza che oggi però non è più frutto di una guerra civile terribile (oltre 200mila vittime, fra morti e desaparecidos, un milione di rifugiati, 100mila vedove e 400 villaggi spazzati via) e interminabile (durata dal 1960 al 1996), ma è quella del sottosviluppo, dell?ignoranza e dell?impotenza. Sono i primi giorni di maggio. È appena iniziata la stagione delle piogge che qui, nella regione di Quetzaltenango (Xela per gli indios maya), seconda città del Guatemala a quattro ore di macchina direzione nord-ovest dalla capitale, chiamano pomposamente inverno, a dispetto di temperature che non scendono mai sotto i 15 gradi. Per la piccola Alma Rebecca Pacay è un giorno importante, quello della visita medica; è Marta Irene Merida, la mamma, a fare gli onori di casa. Fuori la pioggia torrenziale mista al fango rende difficili le manovre del pick-up dell?ong Intervita che trasporta la dottoressa Ana Silvia Lopéz. Solo qualche ora prima si trovava nel piccolo villaggio di Guativil a dirigere le operazioni di una delle cinque Unità sanitarie mobili di Intervita (un camion fornito della strumentazione odontoiatrica di primo intervento che i cooperanti hanno trasformato in una piccola clinica su ruote capace di raggiungere le comunità più isolate): “In un giorno riusciamo a visitare circa 60 bambini, oggi abbiamo estratto anche 15 denti”. Fra i compiti di ogni équipe sanitaria di Intervita, composta da due medici, tre infermieri, un odontoiatra e un autista, oltre alla cura c?è anche la prevenzione. Sempre la Lopez spiega che il suo team si occupa di 60 scuole primarie (le nostre elementari) “dove insegniamo ai bambini come lavarsi i denti e forniamo loro il fluoro e il test della placca”. Poi ci sono i casi più gravi. Come quello di Alma, una dei 28.311 minori sostenuti da 27.617 famiglie italiane nel Paese centromericano. Intervita ha già individuato altri 2.326 bambini bisognosi del supporto garantito dagli 80 centesimi di euro al giorno, il costo di un?adozione a distanza. La giovane paziente ha 15 anni, ma nemmeno la dolcezza del suo viso indigeno riesce a celare la sua malattia. “Insufficienza renale cronica”, è la diagnosi della dottoressa Lopez. Alma Rebecca è pallida, molto più bassa e più magra dei bambini della sua età e l?unica speranza per salvarla è un trapianto di reni. Mamma Marta piange. Sarà lei a donare il rene alla figlia. Ma la dottoressa le ha appena comunicato che non è ancora il momento, che la ?lista de espera? (la lista d?attesa) è lunga. Ci vorrà ancora del tempo. Mamma piange, papà beve Peccato, ci sperava davvero. Prima si fa l?operazione, maggiori sono le speranze di salvare ?la sua piccola?. Marta ha altri quattro figli e un marito disoccupato schiavo del rum e della birra, che fatica persino ad accorgersi della visita della dottoressa. Lui barcolla. Della mamma, invece, colpisce la straordinaria caparbietà con cui rimane attaccata alla vita della figlia. A queste latitudini, dove la mortalità infantile sotto i cinque anni è del 49%, la perdita di un figlio è vissuta come un incidente di percorso in una vita spesso troppo dura. Marta invece è perfino andata nella capitale a cercar lavoro come domestica. “Farei di tutto pur di regalare un giorno di vita in più a mia figlia”, dice. Ma il prezzo delle cure, circa mille quetzales al mese (un euro al cambio ufficiale vale 9,87 quetzales), hanno reso la sua fatica vana. Fino alla comparsa della dottoressa Lopez e di Intervita. “In Guatemala”, spiega la Lopez, “lo Stato assicura solo l?assistenza primaria, che però si riduce a un semplice check up medico che costa circa 50 quetzales, non pochi per famiglie che ne guadagnano 30 al mese”. Spesso le condizioni sanitarie sono aggravate dalla mancanza di educazione. Juan José Canteli, medico di formazione, è il direttore generale aggiunto di Intervita Guatemala. La sua associazione, presente nel Paese dal 1996 attraverso 13 Terras (Territori di azione solidale), fornisce assistenza a 1.800 comunità, in 58 municipi di 7 dipartimenti nelle zone indigene nella parte occidentale del Paese. La parola magica è “desarollo endogeno”, ovvero sviluppo endogeno. “Il nostro è un approccio integrale allo sviluppo sociale ed economico nazionale”, spiega Canteli, “non avrebbe senso occuparsi solo di sanità. Certo ci sono le emergenze, ma per far decollare questo Paese occorre che si lavori anche sull?educazione scolastica e alimentare, sulla produzione, sulla formazione degli insegnanti e sulla costruzione di infrastrutture”. “La povertà”, aggiunge Luis Nuño, coordinatore di Intervita per l?area Guatemala, “non è mera mancanza di denaro, è mancanza di educazione”. Proprio per questo l?ong, oltre a gestire direttamente due scuole private, ognuna frequentata da 450 alunni, lavora anche in 1.700 scuole pubbliche primarie sempre nelle vicinanze di Quetzaltenango. Mai però versando direttamente denaro, ma investendo in materiale scolastico, in infrastrutture e nella formazione degli insegnanti. Emblematico il caso della scuola di Tres Fuentes, nel cuore dell?altopiano, a 35 chilometri da Quetzaltenango. Qui non c?è acqua potabile e risulta difficile chiamare servizi igienici una putrida e traballante latrina a cielo aperto appoggiata proprio dietro a una delle tre aule costruite con il solito miscuglio di fango, letame e paglia. Sviluppo endogeno Ma questi edifici, così inospitali agli occhi occidentali, rappresentano un mezzo miracolo. Questa è una delle tante zone dominate dalla monocultura del mais che a stento riesce a sfamare 60 famiglie; evidentemente la formazione scolastica non può essere in cima ai pensieri dei campesiños (e lo è ancor meno nell?agenda dello Stato). Ma è bastata una scintilla perché in pochi mesi questi agricoltori analfabeti si costruissero una scuola per i loro bambini. Intervita anche in questo caso non è intervenuta con denaro, ma fornendo il materiale didattico e formando i giovani insegnanti. “Desarollo endogeno”, ripete Nuño, mentre raggiungiamo la casa di don Tomas Kaval Baten. Diciassette anni fa perse la vista. “Non avevo il denaro necessario alle cure e gli amici me lo dicevano: vai in città”, racconta. Il suo futuro era nella capitale, sbattuto in un angolo della strada a chiedere l?elemosina. E invece oggi gestisce, insieme alla moglie, un allevamento di 200 galline che dà da mangiare anche ai suoi quattro figli. “Tutto è nato da una donazione di Intervita”, racconta fiero don Tomas. La stessa soddisfazione che si legge nei volti degli abitanti della comunità di Buena Vista, nei pressi di Huican, dove 106 famiglie tra quattro mesi disporranno di un sistema di potabilizzazione dell?acqua piovana. Almeno qui nelle giornate di tormenta sarà più difficile vedere bambini affannarsi nel congiungere al cielo le mani a mo? di scodella per raccogliere qualche sorso di pioggia.

Info: Il Nord adotta, il Sud vive

Il Nord raccoglie fondi e il Sud si sviluppa. Questa in sintesi la filosofia di Intervita, ong nata in Spagna nel 1996 e che dal 1999 ha aperto una sezione anche in Italia. Colonna del sistema sono i cosiddetti Piani operativi annuali (Poa), veri e propri programmi di bilancio che fissano gli obiettivi di fund raising per le sedi del Nord del mondo (Spagna, Italia, Francia, Giappone e Stati Uniti). Fondi che andranno a finanziare i progetti pensati e gestiti direttamente dai poli del Sud: Perù, Bolivia, El Salvador, Guatemala, Mali, India e Bangladesh. Il carburante che alimenta il sistema sono le adozioni a distanza. “I nostri sostenitori”, spiega Marco Di Mauro, direttore generale di Intervita Italia, “si impegnano a versare 80 centesimi di euro al giorno da impiegare per provvedere all?alimentazione, all?assistenza sanitaria e all?istruzione dei bambini; in cambio i ?padrini? ricevono foto e dati personali dell?adottato e, due volte all?anno, i suoi disegni. Inoltre è possibile scrivere ai bambini e conoscerli personalmente”. Intervita si impegna a non destinare oltre il 20% delle donazioni alle spese di gestione. I sostenitori italiani hanno sicuramente un rapporto privilegiato col Guatemala: nel 2003, su 12,5 milioni di euro raccolti nel nostro Paese, 4,5 sono finiti nella repubblica centroamericana contribuendo al sostentamento quotidiano di 322mila bambini in età scolare.

Info: Info: numero verde 848.883388 INTERVITA Onlus


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