Ddl sicurezza
Il reato di resistenza passiva? Cambierà il volto del carcere
Il testo del Ddl sicurezza, già approvato dalla Camera, ha iniziato ora il suo iter in Senato. Fuori, intanto, si susseguono le mobilitazioni contro il decreto. «Questa misura è un vulnus allo stato di diritto», dice Susanna Marietti (Antigone). «Con il nuovo reato di rivolta penitenziaria, che si configura anche in caso di resistenza passiva a un ordine, le persone in carcere non rivendicheranno più i loro diritti»
Sono iniziate in Senato le audizioni del Ddl 1236, il cosiddetto Decreto sicurezza. Dopo l’approvazione alla Camera dello scorso 18 settembre, ora la parola passa a palazzo Madama. Proseguono le mobilitazioni contro molte misure previste. «Noi avevamo lanciato l’allarme già nei mesi scorsi, appena avevamo visto il testo depositato. Ma era passato in sordina, nessuno ci aveva troppo ascoltato. Ora che è cominciato l’iter in Senato, finalmente c’è un allarme», dice Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone.
Cosa pensa della misura del decreto che, se passasse in Senato, renderebbe facoltativo (e non più obbligatorio) il rinvio della pena per donne incinte e madri con bambini entro un anno di età?
È una misura simbolica, odiosa, parliamo di poche decine di persone. Tra l’altro, le donne in carcere che ho visto incinte, tendenzialmente sono in misura cautelare. Mentre prima c’era un rinvio della pena obbligatorio, adesso sarà il giudice a decidere caso per caso. Ovviamente si pensa ad un’etnia particolare. Si sta pensando alle donne rom, quindi è odioso per questo: il fatto che le borseggiatrici che fanno i figli apposta per non andare in carcere io l’ho vista solo nei film. Si dice che queste donne vogliono evitare la pena, ma non la evitano, la rimandano. Basta farsi un conto su quanto dura la gravidanza. Se una donna fa un furto il primo giorno che resta incinta, rimanda la pena di un anno e nove mesi (la gravidanza e poi finché il figlio non ha un anno), ma poi la sconta se ha una sentenza passata in giudicato. È una pura norma di cattiveria.
Per quanto riguarda le madri con i bambini entro l’anno di età?
La nostra legge, fin dal 1975, permette ai bambini di stare in carcere fino ai tre anni con la mamma. È una legge che, tutto sommato, io non mi sento di giudicare male perché credo che ci siano dei casi in cui quello è il male minore, piuttosto che lasciare il bambino fuori da solo, affidato ai servizi. Quello che bisogna fare è usare poco questa norma, per i casi in cui davvero non si possa fare altrimenti, e usarla per meno tempo possibile. Se un bambino sta due mesi con la mamma in carcere significa che la sera torna a dormire lì, ma di giorno va al nido e fa altre attività. Oggi in Italia abbiamo 20 bambini in carcere con le madri. Se ce li teniamo poco e con delle accortezze, io credo sia meglio piuttosto che l’obbligo di separazione forzata, come ho cominciato a sentir ventilare. E poi l’amministrazione penitenziaria dovrebbe assumere una figura apposta: un babysitter, un educatore. Perché ci devono pensare i volontari?
Ci sono alternative al carcere, per le donne incinte e le madri con bambini entro un anno di età?
L’alternativa più seria è rappresentata dalle case famiglia protette. La legge 62 del 2011 lasciava la facoltà di finanziarle agli enti locali, che ovviamente non ci hanno pensato. Ce ne sono due in Italia, una a Roma (la Casa di Leda) e una a Milano (Ciao). Poi ci si provò con la legge Siani (l’iter si interruppe per la caduta del governo, ndr). Non si tratta di cambiare le norme di principio, si tratta di metterci i soldi, che è tutta un’altra storia.
Il decreto introduce anche il reato di resistenza passiva in carcere. Cosa ne pensa?
Mentre quella che rende facoltativo il rinvio della pena per donne incinte e madri con bambini entro un anno di età è una norma di principio, che però non avrà grandi effetti e sarà per piccoli numeri, la misura del decreto sulle rivolte cambierà il volto del carcere. Il nuovo reato di rivolta penitenziaria si configura anche in caso di resistenza passiva a un ordine (Chi «partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti, commessi in tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da uno a cinque anni», ndr). Quindi, se una persona non fa nulla, ad esempio non mangia nonostante l’ordine di mangiare, è resistenza passiva.
Perché questa misura cambierà il volto del carcere?
Significa che le persone in carcere non chiederanno più, non rivendicheranno più i loro diritti. In carcere non si hanno molti modi per essere ascoltati. Purtroppo, a volte si è costretti a usare il proprio corpo: ci si taglia, si fa lo sciopero della fame.
Le rivolte, i disordini nelle carceri, che si sono moltiplicati negli ultimi tempi, sono la dimostrazione del grande bisogno di essere ascoltati.
Essere ascoltati in carcere per le persone è la cosa più importante, giustamente, come lo è per qualsiasi essere umano. Dopo tutte le proteste che abbiamo avuto negli ultimi mesi negli istituti penitenziari, non c’è nessuno che sia andato in carcere a parlare con loro, a chiedere loro cosa stessero chiedendo. Adesso tutto questo sarà punito con cumuli di carcere.
Su 38 articoli del decreto, almeno 20 aumentano pene e aggiungono nuovi illeciti e delitti.
Sì, questa è una gestione che vediamo fin dal primo Consiglio dei Ministri: la prima volta che questo governo si è riunito ha introdotto un nuovo reato, quello di rave party. L’Italia è stata governata, con questa maggioranza, al ritmo di un decreto legge al mese, nei quali ci sono stati l’introduzione di nuovi reati e l’aumento delle pene per quelli vecchi. Con l’attuale governo i problemi sociali non si affrontano tramite politiche di tipo sociale integrato, quindi intendo anche politiche economiche e del lavoro, ma attraverso politiche penali.
Sono molte le mobilitazioni contro il Ddl sicurezza, che ultimamente si stanno susseguendo da Nord a Sud.
Sì, per fortuna. Sono un po’ tardive, noi avevamo lanciato l’allarme già nei mesi scorsi, appena avevamo visto il testo depositato. Ma era passato in sordina, nessuno ci aveva troppo ascoltato o se n’era accorto. Adesso che è stato votato dalla Camera, e che è cominciato l’iter in Senato, finalmente c’è un allarme. Era ora che facessimo sentire in tanti la nostra voce, è veramente importante. Questo decreto è un vulnus allo stato di diritto.
Foto di apertura di jraffin da Pixabay. Foto ufficio stampa Antigone.
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