Gahzi Yawar, scelto oggi dal consiglio di governo provvisorio iracheno e accettato dalla coaliziona a guida americana come nuovo presidente dell’Iraq, il primo dopo la caduta di Saddam Hussein, e’ a capo degli Shammar, una delle piu’ grandi tribu’ del paese, ed e’ anche un accorto uomo d’affari. Quarantasei anni, viso rotondo, un sorriso sempre pronto sulle labbra, vestito con una lunga djellaba bianca e una kefiah stretta al capo con due anelli di tessuto nero, si pone come una ‘sintesi’ tra la cultura orientale e quella occidentale. Dopo aver studiato ingegneria all’universita’ George washington nella capitale federale americana, si stabilisce in Arabia saudita dove crea con successo un’impresa. Ma la caduta di Saddam Hussein modifica i suoi piani e il corso della sua vita. ”Ero negli ‘affari’ delle telecomunicazioni in Arabia saudita. Ho lasciato tutto alle spalle, la mia famiglia, mia moglie, i miei quattro figli, i miei affari”, dichiarava ai giornalisti un anno fa. La tribu’ degli Shammar, che conta tre milioni di persone, sia sunnite che sciite, si estende in forma sinuosa dai confini della Siria al nord all’Arabia saudita al sud passando per l’Iraq e il Kuwait. Quando l’Iraq invase il Kuwait, lo zio di Yawar e capo storico della tribu’ sheick Mohsen Yawar, scelse l’esilio a Londra per sottolineare la sua disapprovazione. Nella primavera 2003, quando gli angloamericani rovesciarono il regime di Saddam Hussein, lo zio dell’attuale presidente iracheno ritorno’ nel suo ‘feudo’ a Mossul (nord). Chiede al nipote di rientrare dall’Arabia saudita, cosa che quest’ultimo fa, venendo nominato subito membro del Consiglio di governo ‘in quota’ sunnita. Perfettamente anglofono, desideroso di assimilare da ogni cultura – qualunque cultura – ”il meglio”, Ghazi Yawar e’ un feroce sostenitore dell’integrita’ dell’Iraq, pur essendo favorevole a una larga autonomia per i curdi. ”Sono di religione sunnita, nato a Mossul. La mia famiglia ha sempre intrattenuto eccellenti rapporti con i curdi e, quando ero bambino, mia madre mi portava a visitare sia i santuari sciiti di Najaf e Kerbala (citta’ sante sciite, ndr) sia le moschee sunnite di Baghdad sia la chiesa della vergine Maria”, spiega Yawar. Uomo pragmatico, e’ capace di prendere decisioni. Lo scorso aprile, durante la feroce battaglia di Falluja, citta’ sunnita fortemente ostile alle forze di occupazione, ha fatto di tutto per fermare lo spargimento di sangue, e ha voluto partecipare ai negoziati per fermare i combattimenti. Ha espresso giudizi duri sul consiglio di governo di cui ha fatto parte. ”Abbiamo fallito”, ha dichiarato il mese scorso a un giornalista americano. ”Stiamo qui seduti mentre il paese e’ in fiamme. Dissertiamo di procedure. Assomigliamo ai Bizantini a Costantinopoli, che discutevano del sesso degli angeli mentre il nemico era alle porte della citta’ ”. Dopo l’assassinio di Ezzedin Salim, il 17 maggio, e’ succeduto a quest’ultimo alla presidenza di turno del consiglio di governo provvisorio che dovrebbe sciogliersi il 30 giugno, dopo il passaggio dei poteri da parte della coalizione a guida americana. Adesso dovra’ confrontarsi con il ruolo di presidente, e con i limiti che le forze di occupazione sembrano comunque voler porre al futuro governo iracheno, che invece rivendica una piena sovranita’.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.