Scuole di cittadinanza

Ius Scholae, perché i ragazzi dicono sì

Emanuele Bernabei ha 18 anni, è italiano e vive a Roma. «Io penso che lo Ius Scholae sia una proposta molto sensata, utile e intelligente perché un ragazzo che completa un percorso di studi sufficientemente lungo è a tutti gli effetti cittadino italiano». La scuola italiana, anche rispetto ad altri Paesi, «è davvero una "scuola di cittadinanza"»

di Ilaria Dioguardi

«Qual è il senso di non dar loro la cittadinanza, dopo che hanno completato un percorso di studi di dieci anni?». Ha le idee chiare sullo Ius Scholae Emanuele Bernabei, 18 anni, quando parla dei suoi compagni con background migratorio che non sono cittadini italiani ma vivono nel nostro Paese da tanti anni se non da sempre. Emanuele vive a Roma e frequenta il liceo classico. Fa parte della Consulta delle ragazze e dei ragazzi, un gruppo di giovani che consiglia l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) sulle questioni che riguardano i minorenni.

Emanuele, nella tua scuola si parla di questo tema della cittadinanza o di Ius Scholae?

A scuola questi temi vengono spesso fuori perché nella mia classe ci sono anche dei ragazzi che sono cittadini di altri Paesi, anche non europei. Non si sentono a disagio, ma c’è sempre un po’ la differenza tra chi è cittadino italiano e chi non lo è. Ad esempio, quando si deve partire per una gita all’estero, loro hanno bisogno del visto (anche se poi i viaggi di istruzione sono quasi sempre in Paesi con cui si fanno accordi che riescono a facilitare le cose). Il tema della cittadinanza esce fuori quando si parla di voto e, in generale, di argomenti che riguardano la vita civile del Paese.

Questi tuoi compagni di classe sono in Italia da tanti anni?

Sì, hanno un background migratorio, ma alcuni sono in Italia da sempre, sono nati qui.

Emanuele Bernabei

Quando si parla di voto, cosa si dice nella tua classe?

Quando si parla dell’eventuale estensione del voto ai ragazzi dai 16 anni, viene fuori il discorso che, oltre a pensare a chi ha tra i 16 e i 18 anni, bisogna pensare che ci sono tanti ragazzi che vivono qua, studiano qua, vogliono rimanere qua eppure non possono votare perché non sono nati da genitori italiani.

La scuola, per la tua esperienza, aiuta a costruire i cittadini di oggi e di domani?

La scuola, in tutto e per tutto, sia per le materie che si studiano, sia per il modo in cui sono affrontate, sia per l’organizzazione, è il primo esempio di società con cui si viene a contatto. Negli anni degli studi di formano le prime amicizie, si impara a relazionarsi con gli altri, anche relativamente agli usi di un Paese. Ho avuto anche un’esperienza all’estero e lì ho capito ancora di più quanto la scuola aiuti a inserirsi nella vita sociale. Dalle superiori in poi, la scuola è anche una palestra di vita. C’è un ruolo civile, di rappresentanza attiva perché ci sono rappresentanti di classe, di istituto, della consulta provinciale. Se si vuole avere un ruolo attivo lo si può avere imparando cosa vuol dire eleggere i propri rappresentanti, si fa campagna elettorale. La scuola è in proporzioni più piccole un esempio di società, di Paese.

Per quanto riguarda la scuola come “scuola di cittadinanza”, pensi che la scuola italiana assolve a questo compito, anche in confronto a quella di altri Paesi?

Sono stato un anno in Irlanda, poi ho fatto delle esperienze all’estero con la Consulta per progetti europei. Ho notato che nella scuola dove ero io, in Irlanda, c’era meno partecipazione diretta di quella che c’è nella mia scuola in Italia.

Perché nella tua scuola la partecipazione diretta è molto sentita?


Si presta molta attenzione all’elezione dei rappresentanti di istituto, si fanno molte riunioni tra rappresentanti di classe, le assemblee di istituto previste si fanno quasi tutte. Quando c’è un problema se ne discute, anche i professori generalmente sono molto disponibili a parlare, a confrontarsi. Quando c’è dialogo si è invogliati alla partecipazione.

Io penso che lo Ius Scholae sia una proposta molto sensata, utile e intelligente perché un ragazzo che completa un percorso di studi sufficientemente lungo è a tutti gli effetti cittadino italiano

Emanuele Bernabei

Cosa pensi dello Ius Scholae?

Io penso che lo Ius Scholae sia una proposta molto sensata, utile e intelligente perché un ragazzo che completa un percorso di studi sufficientemente lungo è a tutti gli effetti cittadino italiano. Sarebbe una cosa giusta, comunque tanti ragazzi che hanno un background migratorio e vivono in Italia non sono mai stati nel Paese di provenienza, non parlano neanche la lingua di quel Paese. Qual è il senso di non dar loro la cittadinanza, dopo che hanno completato un percorso di studi di 10 anni?

Nella foto che appare in quest’articolo, sei in Parlamento e leggi una lettera scritta dalla Consulta al Presidente della Repubblica.

Sì, è stato emozionante. Ho dato voce ai minorenni nel corso della presentazione della Relazione annuale al Parlamento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, con una lettera scritta da noi per il Presidente della Repubblica. Abbiamo sottolineato molto il fatto che noi ragazzi abbiamo il diritto a partecipare e ad essere ascoltati. La politica non fa molta attenzione ai temi vicini alle giovani generazioni, abbiamo chiesto che si ascoltino le nostre parole e si dia un seguito alle nostre richieste.

Noi ragazzi abbiamo il diritto a partecipare e ad essere ascoltati. La politica non fa molta attenzione ai temi vicini alle giovani generazioni, abbiamo chiesto che si ascoltino le nostre parole e si dia un seguito alle nostre richieste.

Perché hai iniziato a far parte della Consulta?

Ho iniziato attraverso la scuola. La Consulta e l’istituto che frequento, il Benedetto da Norcia di Centocelle, collaborano da molti anni. Quando la Consulta ha avuto bisogno di coinvolgere nuove persone, si è rivolta alle scuole con cui già collaborava. Sono stato incuriosito e ho deciso di farne parte, tre anni fa.

Cosa fai nella Consulta?

Cerco di partecipare sempre a tutte le riunioni e anche alle attività che si fanno in parallelo, per esempio, quando andiamo come rappresentanza ad eventi e una volta all’anno in Parlamento. E poi partecipo alle sedute ordinarie della Consulta, alla scrittura delle raccomandazioni, do il mio contributo per l’incontro all’estero con i ragazzi europei.

Questo articolo fa parte della serie “Scuole di cittadinanza”. Per aderire al Manifesto del Terzo settore e della società civile per lo Ius Scholae, clicca qui.

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Foto della Consulta delle ragazze e dei ragazzi e dell’intervistato

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