Volontariato

I suoi libri

Ha inventato un genere sconosciuto: il pamphlet rivoluzionario da ridere.

di Luca Doninelli

Di Michael Moore ho letto due libri: il celebre Stupid White Men (Mondadori, pagg. 305, 14 euro) e la miscellanea Ma come hai ridotto questo Paese? (Mondadori, pagg. 265, 15 euro). I libri sono del 2003, anno in cui Moore dichiara di essere dimagrito parecchio. Il trionfo a Cannes del 2004 dimostra che l?uomo è riingrassato. Ci somigliamo per genetica. La lotta con la bilancia per gente come noi non avrà mai termine. I libri di Moore appartengono a un genere letterario a noi sconosciuto: il pamphlet rivoluzionario-umoristico. L?origine lontana sta nella vecchia, gloriosa controcultura americana pop degli anni 60 e 70, che pullulava di contenuti tra il trasgressivo e il sovversivo. Ricordo il mitico prontuario Do it! (Fallo!), con tanto di istruzioni per la rivoluzione permanente del tipo “Entrate in una banca! Chiedete del cesso! Vi diranno: non ne abbiamo. Rispondete: ma io devo farla. Minacciate di farla sul pavimento. Fatela sul pavimento! eccetera eccetera”. Pur dichiaratamente filo-Partito democratico, Michael Moore raccoglie, nel contesto attuale, l?eredità di quella sfida sociale. I suoi libri, specialmente Stupid White Men, sono manuali di istruzioni per la democrazia contro una dirigenza insediatasi, è ciò che pensa Moore, attraverso un vero e proprio colpo di Stato e non tramite libere elezioni, che avevano sancito la vittoria di Al Gore. Da vero americano, Moore sa che la democrazia non è una formula né una teoria politica, ma una pratica da imparare quotidianamente. Annuncia che, per i prossimi film, assumerà solo uomini di colore: non perché i bianchi abbiano lavorato male, ma perché, se i bianchi lavorano bene, è per il continuo privilegio accordato loro nelle assunzioni. Tutto questo, Moore lo dice senza mai rinunciare all?allegria. Leggendo i suoi libri si ride. Ridere è, di tutte le prassi rivoluzionarie, la più importante. La presidenza Bush è triste e sempre arrabbiata. Ma in una tirannide si capisce. Guai, invece, alle rivoluzioni tristi.


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