Non profit

Se apri al sociale migliori il business

Il caso Novartis: l'azienda ricorda il proprio compleanno con il Community Day. Ogni 24 aprile, per un giorno, i dipendenti fanno volontariato invece di andare in ufficio

di Carlotta Jesi

Andare allo stadio di San Siro non è mai stato un problema per Giovanni. Seguiva il percorso classico: metropolitana rossa fino a piazzale Lotto, poi autobus. Ma il 24 aprile, all’improvviso, questa strada non ha funzionato più. Giovanni ha provato a percorrerla calandosi nei panni di un disabile in carrozzella, e l’ha trovata sbarrata: ascensori guasti in metrò, marciapiedi senza scivoli, autobus off limits per i portatori di handicap. Un’esperienza di ordinaria inaccessibilità urbana vissuta insieme ai ragazzi disabili dell’Associazione tempo libero handicappati (Atlha) di Milano, dove Giovanni O., 29 anni, e 24 colleghi del Gruppo Novartis hanno scelto di passare il Community Day di quest’anno. Una giornata dedicata al volontariato e alla solidarietà, che ricorre il 24 aprile, giorno in cui, nel 1996, gli azionisti approvarono la fusione di Ciba e Sandoz, da cui è nata Novartis. Un’azienda che oggi ha un fatturato globale di 29 miliardi di franchi svizzeri. Per il 2001, proclamato dalle Nazioni Unite anno internazionale del volontariato, il management dell’azienda ha rivolto un invito particolare a tutti i collaboratori: trascorrere una “giornata speciale” facendo volontariato. Scopo dell’iniziativa, spiega Giacomo Di Nepi, amministratore delegato di Novartis Farma Italia, «impegnarci personalmente e in modo concreto a portare avanti ciò che, istituzionalmente, facciamo come business: lavorare per migliorare la qualità della vita». Un invito a vivere la solidarietà in prima persona che, in Italia, è stato ampiamente accolto dai collaboratori dell’azienda. Volontari per un giorno, e molti per la prima volta in vita loro, che il 24 aprile hanno lasciato in ufficio cravatte, computer e ruoli aziendali definiti per una giornata di lavoro molto speciale. Destinazione per i collaboratori della sede: la società civile, nella fattispecie il centro diurno Perusini per malati di Alzheimer, la comunità per tossicodipendenti Exodus, l’Associazione per il tempo libero degli handicappati Atlha e il villaggio Sos di Morosolo (Varese), che accoglie minori in difficoltà. Obiettivo, dare una mano nelle attività più diverse, dalla preparazione del pranzo, al giardinaggio, all’animazione. Istruzioni per farlo, nessuna, solo tirare fuori l’iniziativa personale. Tempo a disposizione: dalle 9.00 alle 16.00. Ovvero la più classica delle giornate lavorative. Sette ore di lavoro che Novartis ha destinato a queste iniziative, ma non solo: ha deciso di donare anche il corrispettivo economico della giornata lavorativa, circa 40 milioni, alle associazioni coinvolte nel Community Day, per la realizzazione di un progetto. Dimostrando che, oltre al business, una multinazionale può esportare anche modelli di solidarietà globale. I numeri parlano chiaro: mentre Giovanni e Giacomo Di Nepi controllavano l’accessibilità di mezzi pubblici e musei milanesi per preparare una caccia al tesoro a portata di disabile coi responsabili dell’Athla, in altri 43 Paesi del mondo oltre 14 mila colleghi partecipavano ad analoghe iniziative. Un dispiegamento di capitale sociale che avrebbe fatto felice Gerard Schroeder. Una settimana fa, infatti, in un editoriale pubblicato su Repubblica, il cancelliere tedesco aveva invitato le aziende sostenere l’impegno sociale e civile dei loro dipendenti perché facendo volontariato imparino ad essere più versatili, proattivi e creativi. Consigliando, allo stesso tempo, di non sottovalutare mai la società civile divenuta una variabile economica. Che ne pensa Novartis Italia? Di Nepi, impegnatissimo a tracciare su una mappa percorsi accessibili insieme a un ragazzo dell’Atlha, risponde deciso: «È una realtà di cui tenere conto. Un’azienda che non si confronta con le associazioni di cittadini, e non opera con sensibilità nel suo contorno sociale, è destinata a fallire nel lungo periodo».


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