Europa e Esg

Sostenibilità, Germania e altri 16 in ritardo sulla direttiva

Nei giorni scorsi la Commissione europea ha richiamato 17 Paesi, fra cui la Germania, per non aver recepito entro il termine del 6 luglio la direttiva sulla reportisitica di sostenibilità, Csrd. Ci sono 60 giorni per rispondere, altrimenti sarà aperta una procedura di infrazione. Un ritardo che potrebbe essere figlio del nuovo clima politico più freddo sul Green Deal

di Giampaolo Cerri

Sorpresa: la sostenibilità non entusiasma l’Europa. O meglio, la recente direttiva sulla reportistica di sostenibilità, più conosciuta come Csrd, piace poco a 17 dei 27 Paesi europei, che non l’hanno ancora recepita.

Il 26 settembre scorso la Commissione ha infatti indirizzato un ruvido richiamo a Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Finlandia «per non aver notificato le loro misure nazionali di recepimento della Direttiva 2022/2464 entro il termine prefissato del 6 luglio scorso».

L’Italia ha invece fatto il suo compito nei tempi dovuti, malgrado il Governo di Giorgia Meloni e il ministero dell’Economia e delle Finanze di Giancarlo Giorgetti fossero stati più volte “sospettati” dagli attivisti di voler frenare su questo provvedimento ma soprattutto sulla direttiva sulla Cs3d, o della “Diligenza dovuta”. 

Contano i nuovi assetti politici?

Non è chiaro come debba essere interpretato questo esteso rallentamento. Certamente, non ha aiutato il diffondersi dell’idea che Ursula Von Der Layen, fra i vari pedaggi che dovrà pagare dopo la sua rielezione ai partiti di centrodestra della coalizione, Popolari e Liberali, ci sarà anche una frenata sul Green Deal.

L’intervista a Stella Gubelli, Altis Advisory

Spicca che nella lista dei non adempienti, anzi i non compliant si potrebbe dire, usando proprio una terminologia da Csrd, ci sia la Germania. Una sorpresa relativa se si pensa all’atteggiamento tedesco per l’altra grande direttiva sulla sostenibilità, quella appunto sulla diligenza dovuta che obbliga le aziende europee al controllo della filiera e alla rimozione di violazioni dei diritti civili e ambientali nella catena di fornitura. L’impuntatura dei liberali, molto sensibili al grido di dolore della Confindustria tedesca, aveva portato un paio di mancati appuntamenti con l’approvazione, in uno dei quali anche Italia e Francia avevano dichiarato l’astensione (leggi)

Due mesi per evitare la procedura di infrazione

Forse la lettera di richiamo ai 17 ritardatari, che hanno due mesi per fornire spiegazioni, basterà, basterà e probabilmente non sarà necessario aprire procedure di infrazione. Certo, questo ritardo fa capire come la direttiva sui bilanci di sostenibilità, ancorché ad applicazione differita fra 2025 e 2029 – si comincia con le imprese con 500 dipendenti e 50 milioni di fatturato – crei tensioni nei sistemi imprenditoriali dei vari Paesi, con conseguente riverbero sulla politica.

Nella foto di apertura de LaPresse, lo stabilimento Volskwagen a Walfsburg, in Germania.

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