Famiglia

Centomila Marie in cerca di famiglia

Negli istituti della capitale rumena migliaia di adolescenti malati di aids aspettano dei genitori. Spesso invano (di Elisabetta Ponzone).

di Redazione

Maria ha quindici anni, come Mirko, Alina e Joana. Ma ne dimostra otto. Scarpe rotte e vestiti sporchi. Come lei sono in quaranta. Sono i bambini del Vidra, l?orfanotrofio statale alla periferia di Bucarest che per entrare nell?Unione europea dovrà chiudere, così come tutti gli altri in Romania, per far spazio a chissà quali altre, orribili, nuove strutture. La manina di Maria, fredda e sporca, scivola veloce nella mia. Accarezza, stringe, tocca. Per il solo attimo della visita sono sua. Mi ha scelto, come nessuno ha scelto lei. Maria è qui semplicemente perché colpevole di aver subito, una dozzina di anni fa, una trasfusione di sangue infetto. Non controllato. Ora è sieropositiva, i suoi genitori non sanno neppure che esiste. Le famiglie dei suoi compagni, invece, sono troppo povere per prendersi cura dei figli della vergogna. Terapia senza affetto Una vergogna chiamata Aids. La stessa sorte è capitata ad altre 100mila Marie della Romania. Tutte abbandonate in questi fatiscenti istituti che non si vorrebbe mai aver visto. Lo Stato, quando li certifica come malati, dà loro la terapia, gli antiretrovirali. E quasi nulla di più. “Non ne parla nessuno, ma la conoscono tutti questa storia”, afferma Simona Carobene, 37 anni di cui quasi tre trascorsi come cooperante tra le piaghe dell?abbandono sociale rumeno per Avsi, e ora responsabile per la stessa associazione dei progetti per l?Est Europa. “Il fenomeno della sieropositività infantile qui si è scoperto negli anni 90. Oggi ci sono 6.700 minori malati. Quasi tutti adolescenti”. Con la caduta del regime comunista sembra sia caduto anche un pezzetto di omertà. Prima ero lo Stato che badava a tutti: fate figli, non preoccupatevi, diceva la propaganda. La ?nazione? se ne occuperà. Ora che la patria traballa, anche il servizio sanitario vacilla. Lo stipendio medio mensile di una famiglia rumena si aggira attorno ai 100 euro. Anche se le imprese straniere stanno delocalizzando, la disoccupazione aumenta. Lo Stato passa un sussidio per ogni bimbo con l?Hiv, ma è di 30 euro. Come riuscire a badare a un malato grave con quella somma? Come nasconderlo agli occhi curiosi e ignoranti che, nel terzo millennio, hanno ancora paura di stringere una mano a una persona colpita dall?Aids? Fantasie? Basta volare fin qui, a un?ora e mezza di volo da Milano per capire che, forse, le parole non sono nulla in confronto alla realtà. Avsi lavora in Romania da dieci anni e realizza progetti per bambini sieropositivi finanziati da privati, ministero degli Affari esteri italiano, Unione Europea e Unicef. “I nostri assistenti sociali vengono qui al Vidra e in altri istituti e ospedali pediatrici. Come altre ong, facciamo terapia, giochiamo, studiamo e controlliamo la loro salute”, continua Simona Carobene. “Noi però soprattutto cerchiamo famiglie rumene disposte a prendersi con loro questi bambini sieropositivi. Ad adottarli. Un bambino non può vivere in un istituto, benché ristrutturato. Un bambino ha sempre e comunque bisogno di amore, di una famiglia, di qualcuno che lo faccia sentire vivo, importante. . Scuola ?vietata? Si chiamano Famiglie per l?accoglienza quelle che lavorano con Avsi, e hanno già accolto, o meglio adottato, una ventina di bambini. “Non è semplice. Devi trovare un papà e una mamma disposti a condividere la quotidianità familiare per tutta la vita”, sottolinea Claudia Terragni, prima educatrice per Avsi in Uganda e ora responsabile dei progetti in Romania. “Il problema della sieropositività infantile è ancora grande. Difficile trovare anche solo una scuola che non li cacci. E così non riescono neppure a studiare”. Molti hanno già 14 anni, ma non sanno leggere e scrivere. Le famiglie degli altri bambini non vogliono avere in classe un ragazzino con l?Aids. È come se avesse la peste, per loro. Un lavoro molto importante per Avsi è proprio sensibilizzare la società. Gli insegnanti, gli alunni e i genitori. “Li informiamo attraverso corsi, incontri e quintali di formulari”, racconta Claudia Terragni, “su che cos?è l?Aids e cosa significa condividere lo stesso banco di scuola con una persona sieropositiva”. “Un altro strumento che ci permette di aiutare i più bisognosi è il sostegno a distanza”, racconta Dania Tondini, che nella ong è la responsabile di questo progetto. “In Romania abbiamo più di 1.800 bambini adottati a distanza da famiglie italiane. Sembra quasi una sciocchezza, ma molto spesso è l?inizio per combattere il dramma dell?abbandono all?interno di una famiglia povera”. Chissà se anche la piccola Maria avrà mai una sua famiglia. Per ora la sua casa è il corridoio del Vidra. Spaventosamente vuoto e decrepito. La sua camera è un accrocchio di lettini accostati alle pareti dall?intonaco arrotolato. Le pareti non hanno un foglio, un disegno, un quadro. Gli armadi non esistono. Del resto Maria non ha altri vestiti se non quelli vecchi e usati che indossa. Libri, giochi e quaderni esistono solo nei nostri ricordi. Le finestre sono nude. Al Vidra, con me, c?era anche Daniela, un?amica italiana. Dopo due giorni è rientrata in Italia, dai suoi bambini. Mi ha scritto un?email: “Non potrò mai dimenticare certi occhi che chiedevano solo un po? d?attenzione. Non potrò mai dimenticare gli occhi di chi ha saputo rispondere con tanto amore alla loro miseria”. Non potrò mai cancellare questo messaggio. Non potrò mai dimenticare la piccola Maria.

Elisabetta Ponzone

Grazie all?Avsi

I bambini si vengono a trovare nelle tre case di accoglienza (Emilia, Edimar e Joi) dell?Avsi, nelle quali trovano una nuova famiglia disposta a condividere con loro la vita di tutti i giorni. Le tre case di accoglienza accolgono bambini provenienti da Vidra. In ognuna di esse, c?è una famiglia vera, con una mamma e un papà e dei fratelli.

AVSI


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